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lunedì 19 marzo 2007

CHI ISPIRÒ IL MOVIMENTO PER L'INDIPENDENZA DELLA SICILIA?

MOVIMENTO PER L'INDIPENDENZA DELLA SICILIA
fondato nel 1943


- CUMUNICATU STAMPA -


CHI ISPIRÒ IL MOVIMENTO PER L'INDIPENDENZA DELLA SICILIA?


Leggiamo, nella pur ottima "Le guide di DOVE - SICILIA" edita dalla RCS Quotidiani e diffusa alcuni giorni addietro unitamente al Corriere della Sera, la seguente frase:


«Nello stesso anno (1943, ndr) nasce il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia, probabilmente ispirato dal bandito Salvatore Giuliano»,


cosa che ha non poco lasciato perplesso chiunque del M.I.S. oggi faccia parte.


Infatti, è cosa ben nota che il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia (già attivo dal 1942 come Comitato per l'Indipendenza della Sicilia) fu inizialmente voluto ed organizzato da una quarantina di professionisti siciliani, già in precedenza (ed in clandestinità, sotto il fascismo) evidenziatisi per l'attivismo indipendentista, fra i quali figuravano una decina di ex deputati. Sin dal primo momento, fra questi si distinse ed impose come leader ed ideologo Andrea Finocchiaro Aprile, già Sottosegretario alla Guerra e al Tesoro nei governi di Francesco Saverio Nitti.


Al "manifesto" del MIS del 23 luglio 1943 farà seguito una battaglia politica sostenuta da centinaia di migliaia di iscritti e che esiterà nel "patteggiamento" di quello Statuto Speciale d'Autonomia che lo stesso Finocchiaro Aprile, in occasione dalla campagna elettorale per l'Assemblea Costituente di cui sarà membro assieme ad altri tre dirigenti del MIS, non tarderà a definire "insufficiente" preconizzando la "malafede" che lo Stato Italiano effettivamente non tardò di dimostrare nel non applicare lo Statuto stesso.


La lotta in quegli anni non fu priva di violenze. Infatti, alla dura repressione del governo Parri, il Movimento volle, per emanazione della Lega Giovanile Separatista e della Guardia alla Bandiera, rispondere con l'EVIS, l'Esercito Volontario per l'Indipendenza della Sicilia guidato, con lo pseudonimo di Mario Turri, dal professore universitario Antonio Canepa, già attivo in Toscana nelle formazioni partigiane.


Dopo la morte di Canepa, occorsa in seguito ad un agguato, teso il 17 giugno 1945 dai Carabinieri, in cui caddero anche i giovani studenti Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice (seguiti pochi giorni dopo dal giovane Francesco Ilardi, perito in uno scontro a fuoco con dei banditi, e nei mesi successivi da Raffaele Di Liberto, Pasquale Macaione ed altri giovani indipendentisti di cui non ci è giunto il nome), l'EVIS, per tramite del nuovo comandante "Secondo Turri" (il commerciante Concetto Gallo, successivamente anch'egli eletto alla Costituente e al prima legislatura dell'Assemblea Regionale Siciliana) l'EVIS aprì le porte, condizionatamente alla cessazione di ogni attività delinquenziale, ad alcune "bande", tra le quali quella dei "niscemesi" e quella, già assurta ad un'aura quasi mitica, guidata da Salvatore Giuliano, che diventò, per breve tempo, quindi "colonnello" dell'EVIS.
Bisogna notare che lo stesso Giuliano, un elettricista datosi alla macchia dopo aver ucciso un carabiniere per autodifesa, aveva già dimostrato confusi sentimenti "separatisti", ma con una connotazione filostatunitense vicina a quella del "Fronte Democratico d'Ordine" che verrà espulso, con i suoi pochi militanti, proprio per il proposito annessionistico di fare della Sicilia la "49ª stella degli U.S.A.", dal primo congresso del MIS a Taormina, durante il quale si consumò la "strage di via Maqueda" a Palermo, la "bloody sunday" siciliana con l'esercito italiano (Divisione Sabauda) che sparò su un corteo disarmato di gente che chiedeva pane e libertà, mietendo ventuno vittime e decine di feriti.
Inoltre, va sottolineato come l'EVIS rispettava le norme emanate dalla 2ª Conferenza Internazionale della Pace dell'Aja, tenutasi nel 1907, configurandosi quindi come entità legittimamente belligerante. Anche per questa ragione gli evisti, compresi quei "banditi" che ne fecero per qualche tempo parte (ma limitatamente alle attività svolte in seno all'EVIS) godranno dell'amnistia politica voluta da Guardasigilli Togliatti.
Infine, bisognerebbe riflettere sulla realtà tanto dei "briganti" (che, per l'appunto, "brigavano" contro lo Stato), quanto dei loro omologhi del secolo successivo, i "banditi" ("messi al bando"). Essi, infatti, erano per lo più renitenti alla leva e contrabbandieri al mercato nero. E questo tanto per i primi, nella fase immediatamente successiva all'annessione della Sicilia al Regno sabaudo che vide l'introduzione della coscrizione obbligatoria (sempre invisa ai Siciliani, come sancisce il detto "megghiu porcu ca surdatu"), quanto per i secondi nell'immediato dopoguerra, in fuga dalle cartoline precetto del Regno d'Italia di stanza a Brindisi. Insomma, giovani vittime della fame e dell'oppressione che si diedero alla macchia, peraltro esponendo le proprie famiglie a vessazioni di indicibile crudeltà da parte delle autorità e malvisti anche dal potere mafioso, sempre attento a garantire la "pax" necessaria ai propri loschi traffici.


Tornando a Giuliano, oggi si assiste ad una strana mitizzazione ed accaparramento del defunto bandito-gentiluomo (era provatamente avvezzo ai gesti di generosità, a volte plateali, verso quanti erano in difficoltà), fatto diventare finanche fascista in occasione della trasmissione "Enigma" andata in onda su RaiTre la sera del 15 marzo scorso. Ciò però, nonostante la diffidenza di Giuliano nei confronti dei comunisti, non spiega il perché sostenne la "scissione a sinistra" dal MIS del "Movimento Indipendentista Siciliano Repubblicano Democratico" guidato dal già Segretario del MIS Antonino Varvaro, successivamente deputato comunista per più legislature. Salvo al voler credere il comunista Varvaro come una "pedina italiana" (e "nera") finalizzata al boicottaggio elettorale di quel MIS che non era e non voleva essere un "partito", ma per l'appunto un movimento di liberazione nazionale (quale è tutt'oggi, pur misurandosi come ribadito nel 2006 con le regole del gioco democratico che passano anche per le elezioni).


Ma, di solito, prevale l'identificazione "indipendentismo=Giuliano", come dimostra l'infelice asserzione del segretario siciliano dei Ds, Tonino Russo, che in risposta alla squallida e stereotipata sceneggiata messa in atto su Teleacras dal Presidente Cuffaro, ha affermato: «Indossa la coppola, parla in dialetto e rispolvera la chimera indipendentista del bandito Salvatore Giuliano».
Peccato che la "coppola" sia il pratico e comodo berretto delle civiltà euromediterranee (di cui la Sicilia e i Siciliani sono il centro geografico e culturale), il "dialetto" la millenaria Lingua Siciliana riconosciuta come tale dalle principali istituzioni politiche ed accademiche (Unesco, Ethnologue) eccetto lo Stato Italiano e la Regione Siciliana, e che la "chimera indipendentista" era ed è quella sacrosanta rivendicazione del Popolo Siciliano, basata sull'inalienabile diritto di autodeterminazione dei popoli, che riporterà la Nazione Siciliana a farsi Stato, dopo esserlo stata già per oltre sette secoli.
Dovrebbe saperlo bene Russo quanto era partecipato e vivo l'indipendentismo, tanto da spingere il suo predecessore dell'epoca, Giuseppe Montalbano (referente del PCI per la Sicilia) ad appellarsi al maresciallo sovietico Andrej Vishinskij per scongiurare la nascita della Sicilia Indipendente, "spiata" di cui lo stesso Montalbano avrà a pentirsi amaramente tre decenni dopo dalle pagine di un libello che diede alle stampe negli ultimi anni della sua vita.


Dispiace quindi vedere che anche l'autorevole "Corriere della Sera" sia inciampato nel classico stereotipo che finisce con l'identificare gli indipendentisti con dei poco di buono, magari mafiosi, o al massimo per uno sparuto gruppuscolo di idealisti confusi e male in arnese. Giuliano fu sì un indipendentista (e giovane vittima dello Stato Italiano), ma come centinaia di migliaia di altri indipendentisti.


L'indipendentismo non fu un'iniziativa di fuorilegge, banditi o mafiosi, ma era, ed è (come testimonia l'entusiasmo crescente che si sta coagulando attorno al rinato MIS) la costruzione di una uova classe dirigente siciliana nel solco di quella decolonizzazione della Sicilia che porterà all'indipendenza. Esso era ed è ispirato dall'individualità ed orgoglio nazionale dei Siciliani vilipesi, mortificati, ridotti alla fame ed al silenzio anche e soprattutto ad opera di quello strumento di oppressione colonialista che è la mafia. Contro questa oppressione italiana agiamo oggi con metodi convintamente democratici e nonviolenti.


Ci permettiamo quindi, infine, di suggerire una "correzione" da ospitare sulle pagine del quotidiano milanese e nelle prossime edizioni della guida (che, tra l'altro, potrebbe anche far propria quella spiegazione del termine "trinakria" che pubblicizzeremo prossimamente).


La dicitura esatta potrebbe allora essere:


«Nel 1943 nasce il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia, guidato dall'ex Sottosegretario Andrea Finocchiaro Aprile»,


del quale una frase chiude ogni nostro documento, e che nel suo testamento politico, declamato a voce, pochi mesi prima di spegnersi, ad un gruppo di indipendentisti che gli rese visita in occasione del suo compleanno, affermò: «Ci hanno calunniato nel modo più atroce: hanno fatto di me l'amico più intimo di Giuliano, che io non ho mai conosciuto; hanno detto che Lucky Luciano era il Capo del movimento separatista... io non seppi mai l'esistenza di Lucky Luciano, e così via.
La verità! La verità è questa; che in Italia il Movimento non fu capito, o almeno non lo si volle capire. Lo si capì invece all'estero.
Churchill dichiarava un giorno nei corridoi di Westminster che il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia era la cosa più seria che si era verificata nel bacino del Mediterraneo durante la guerra».


Catania, 19 marzu 2007


A cura dell'Ufficio Stampa, Comunicazione e Propaganda del M.I.S.



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«Noi vogliamo difendere e diffondere un’idea della cui santità e giustizia siamo profondamente convinti e che fatalmente ed ineluttabilmente trionferà».


Andrea Finocchiaro Aprile, 1944



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