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martedì 3 luglio 2007

Camilleri: "Montalbano? Un serial killer che fa fuori tutti gli altri personaggi"

Camilleri e i ricordi in bianco e nero "Quando la Rai agganciò Eduardo..."

Lo scrittore inaugura le Master Class del Roma Fiction Festival
e racconta come si faceva la tv negli anni Sessanta, con i grandi del tempo

"Con la concorrenza delle private, la Rai ha perso la sua funzione"
"Montalbano? Un serial killer che fa fuori tutti gli altri personaggi"
di ALESSANDRA VITALI


 Camilleri e i ricordi in bianco e nero ROMA - "Io sono come i magistrati, se non vedo le carte non parlo, e i giornali li leggo la sera, per non sentire i tg". Glissa così, Andrea Camilleri, la richiesta di commentare quel che ha detto Umberto Eco a proposito della fiction italiana. Cioè che è "vuota, ripetitiva" e non in grado di diventare "mito". Ottantadue anni e uno spirito che vallo a cercare in un quarantenne, Camilleri è protagonista della prima Master Class, una delle lezioni previste nell'ambito del Roma Fiction Festival, rassegna di anteprime, retrospettive, incontri con i protagonisti del genere al momento più amato dal pubblico, in corso a Roma (e con l'inevitabile "sbarco" anche su Second Life) fino a sabato 9 luglio.

Doveva essere una lezione su letteratura e fiction ma si traduce in una carrellata di ricordi sulle esperienze di un intellettuale che comincia a pubblicare racconti e poesie alla metà degli anni Quaranta, entra in Rai per concorso alla metà degli anni Cinquanta (ma non viene assunto subito "perché ero di famiglia comunista"), per vent'anni insegna all'Accademia d'arte drammatica, da trent'anni è uno dei maggiori protagonisti della narrativa italiana, per citare solo alcune delle sue esperienze.

Davanti a un pubblico di pochi addetti ai lavori, molti studenti e appassionati ("E' proprio come lo fa Fiorello", commenta una signora che, evidentemente, fino a oggi aveva conosciuto lo scrittore solo per interposta imitazione dello showman), Camilleri snocciola aneddoti in bianco e nero. Di quando insegnava al Centro sperimentale di cinematografia, ad esempio, con quell'allievo timido "che recitava di spalle, mi diceva che all'Actor's Studio insegnano a recitare di schiena, io gli dissi 'ma non è che ti vergogni? Forse dovresti provare con la regia'. Era Marco Bellocchio. Sì, ho anche questa responsabilità".

Poi, è la volta della tv vera e propria, e di un capitolo spesso evocato e rimpianto: il teatro sul piccolo schermo, con una delle esperienze più memorabili della Rai. "Negli anni Sessanta c'era una forte ostilità degli intellettuali nei confronti della tv. Ettore Bernabei (direttore generale dal 1961 al 1974, ndr) riuscì ad agganciare Eduardo. A me - racconta Camilleri - la Rai affidò la produzione in studio delle sue commedie". Di Eduardo ne ricorda parecchie, dalla pasta al ragù "ammataffata", quindi immangiabile, sul set di Sabato, domenica e lunedì, al disappunto del maestro di fronte a chi non conosceva la differenza fra due diversi fuochi d'artificio, "l'Italia è in mano ai preti e ai piemontesi che non distinguono una fontana da un furgarone".

Sono gli anni delle grandi trasposizioni, dal Tenente Sheridan al Commissario Maigret, sue le riduzioni di entrambi, "è lì che ho imparato il mestiere di scrivere gialli". E ricorda che Gino Cervi "non aprì mai un copione, ma non per cialtroneria, era il suo metodo, leggeva il gobbo. Quelle pause, la bella recitazione - spiega - quando riempiva la pipa con lentezza... E' perché leggeva i fogli del suggeritore, mica altro".

Il teatro in tv sparisce, di fatto, dagli anni Settanta, invano Camilleri cerca di tenerlo vivo "dopo un periodo di gloria in cui chiamavamo gente come Ronconi o Squarzina a dirigere gli adattamenti". Il problema "è stato quand'è nata la concorrenza e la Rai ha deciso di abdicare alle sue funzioni. Invece di mantenere le sue peculiarità è andata dietro alle tv private. Certo, fra Ibsen e il varietà, il pubblico preferisce il varietà, ma non per questo Ibsen doveva sparire del tutto".

Di tanto passato non poteva mancare quello recente, che gli ha dato la grande popolarità. "Mai pensato - spiega - che Montalbano potesse andare in tv, ma nemmeno che potesse diventare un personaggio seriale". Si dedicò al giallo "perché ero uno scrittore disordinato e quello è l'unico genere che ha bisogno di una griglia". Scrisse La forma dell'acqua, poi Il cane di terracotta "per definire bene il personaggio" e poi disse basta. "Ma Elvira Sellerio (l'editore, ndr) me ne chiese ancora, mi disse 'non solo Montalbano vende a strafottere ma si porta dietro altri lavori tuoi, come Il birraio di Preston'. Ecco l'infame ricatto che mi ha costretto ad andare avanti".

Se le perplessità iniziali su Luca Zingaretti protagonista, più volte raccontate ("non mi piaceva la testa calva, il mio ha baffi e tanti capelli") sono state superate di fronte al prodotto televisivo, non così è andata per il personaggio-Montalbano, un ostacolo, pare di capire, alla creatività dell'autore: "E' diventato ossessivo, un personaggio seriale è il serial killer degli altri: se non ci stai attento, te li fa fuori tutti".


Origine: Repubblica

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