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venerdì 21 settembre 2007

On. Della Vedova (FI): "Più concorrenza e meno tasse"

Oggi la grande finanza ha il monopolio in diversi settori della vita civile
e dell'economia: ci troviamo in un sistema dove quegli stessi attori (visto
anche l'art. 105 di Maastricht) hanno subordinato i tre poteri di
Montesquieu alla logica del denaro e del guadagno. Le sembra un sistema a
"misura di cittadino"?

Penso che lo sia più di tutti gli altri, almeno nei confronti di quelli
proposti dai detrattori del trattato o della BCE; si possono sicuramente
migliorare le politiche ma, a mio avviso, ci troviamo comunque di fronte ad
un buon punto di partenza.

Il premier Prodi, come tutti sanno, ha forti legami con la Goldman Sachs,
così come lo stesso Draghi: questa comunanza di interessi in che modo può
influenzare la politica di questi personaggi?

Non credo alle lobbies "demo-pluto-giudaico-massoniche": ci sono senza
dubbio cordate di potere con legami di interessi ed appartenenza che legano
i vari componenti, fra cui cordate di ex della Goldman Sachs. Queste realtà
possono non piacermi ma un personaggio come Draghi lo giudico dalle scelte
come Governatore non per altro. Riguardo Prodi, il suo problema è quello di
essere premier e capo di una coalizione vecchia ideologicamente e incapace
di governare davvero brutta. Il suo operato riguardo Rovati o la Telecom
Italia è criticabile, ma questo a prescindere da un'eventuale manovra a
favore della Goldman Sachs.

Un parere personale sull'influenza nella politica di smantellamento dello
Stato nazionale (partecipazioni statali, assistenza sociale) dovuta
all'incontro che ebbe luogo nel 1992 sul panfilo "Britannia" fra personaggi
come Draghi, Andreatta, Soros, Barucci, il governatore della Banca
d'Inghilterra, rappresentanti delle maggiori banche d'affari ed altri
importanti esponenti del mondo finanziario al largo di Civitavecchia.

Io sento di avere un forte spirito di appartenenza per l'Italia, paese che
amo ed in cui sono cresciuto: non mi sento però nazionalista e, di per sé,
l'integrazione europea non costituisce un male per gli europei. Non credo,
in questo senso, a disegni di smantellamento dei singoli stati: un'Europa
unita rappresenta un argine allo scontro tra nazionalismi, che ha prodotto
ben poco di positivo. L'integrazione tra popoli, economie e nazioni è una
grande conquista nata da radici popolari e non certamente bancarie. È chiaro
che i mercati spingano verso i propri interessi ma la loro presenza non
prova l'esistenza di un costante danno a discapito dei cittadini.

Il costo dei carburanti è una delle voci di spesa che maggiormente influisce
sui costi delle famiglie: come è possibile che, ad esempio, in un
distributore Agip di Foligno il costo della benzina SP sia di 1,225€ mentre
in uno stesso di Roma arrivi anche agli 1,33€? Come mai gli italiani
continuano ancora a pagare su ogni litro di carburante il contributo per la
guerra d'Etiopia, la diga del Vajont ed altro ancora, dato che togliendo
tutte queste tassazioni, dicono i consumatori, si potrebbe calare il prezzo
del carburante di almeno 15-20 centesimi?

È necessario intervenire sul fisco nell'ambito del calo delle tasse, che
carica eccessivamente i carburanti, senza nemmeno "l'alibi" della tassa
sull'inquinamento. Prima di tutto lo Stato deve diminuire le tasse, poi
bisogna parlare dell'aumento della concorrenza.

Cosa ne pensa della riforma della scuola introdotta dal Ministro Fioroni?

Fioroni ha sbagliato obiettivo ed effettuato una manovra demagogica: la
situazione scolastica in Italia non è tale a causa della riforma della
Moratti. È necessaria in primo luogo una pluralità di soggetti nel mondo
della formazione che possa fornire un maggiore ventaglio di scelte per le
famiglie – a parità di condizioni – e maggior concorrenza, al fine di
costringere la scuola pubblica a recuperare in efficienza e qualità. La
scuola pubblica deve tornare ad essere un agente attivo, ma gran parte del
problema riguarda chi decide la destinazione delle risorse per la scuola: le
famiglie o i sindacati? Io penso debbano essere le prime.

La disoccupazione giovanile non accenna a diminuire e la mole di lavori
temporanei a cui si devono adeguare i giovani, spesso anche molto ben
preparati, non gli consente di effettuare un'adeguata pianificazione per il
loro futuro. Cosa si dovrebbe fare in tal senso e quali sono stati,
ultimamente, i provvedimenti che hanno portato al peggioramento di questa
situazione negli ultimi anni?

La sinistra ha fatto una grande montatura per quel che riguarda la legge
Biagi sul precariato. Il mercato del lavoro va certamente semplificato,
iniziando a riscrivere prima di tutto le regole sul contratto a tempo
indeterminato. La tanto criticata flessibilità è, in molti casi, uno
strumento di avvio al lavoro, dato che il contratto a tempo indeterminato è
troppo oneroso per le aziende in termini economici e burocratici (a partire
dall'art 18). In questo senso, le leggi Treu e Biagi hanno migliorato il
quadro giuridico per contrastare il lavoro nero.

Il problema della casa raggiunge proporzioni molto gravi in particolar modo
nelle grandi città e questo comporta forti ripercussioni su qualsiasi
politica familiare, sulle nascite, sui matrimoni e su altro ancora. Come si
può risolvere questa vera e propria emergenza?

Il nostro Paese è caratterizzato da una diffusa proprietà immobiliare, che
poi può condurre a paradossi: famiglie con un elevato patrimonio che
stentano a sbarcare il lunario. Abbiamo un mercato degli affitti distorto,
causato dall'eredità dell'equo canone, che ha distrutto gli affitti. A
risolvere il problema non saranno certo interventi pubblici come l'edilizia
popolare con piani miliardari: a mio avviso è necessario defiscalizzare gli
affitti per i proprietari e gli inquilini per favorire contratti lunghi ed
affitti ridotti. Si potrebbe poi favorire un'edilizia esclusivamente in
vista degli affitti; tutto questo per ricreare il mercato degli affitti.
Dove ci sono emergenze, solitamente solo nelle grandi città, è inutile
bloccare gli sfratti o gli affitti, si tratterebbe solo di interventi
tampone. Bisogna poi quantificare l'emergenza abitativa e vedere altresì
quante case sono in disuso. Non va poi tralasciato il fatto che ci troviamo
di fronte a fenomeni di urbanizzazione imponenti, difficilmente
controllabili o regolabili. Vanno incentivati con interventi fiscali i
redditi basi ma, vedendo anche gli altri modelli europei, non dobbiamo
dimenticare che in Italia la politica per la casa è stata la cenerentola
della spesa sociale, assorbita in granm parte dalle pensioni; anche lì
andrebbero riviste tante cose.


Jacopo Barbarito
Intervista pubblicata sul quotidiano "Rinascita" dle 20/7/07
www.rinascita.info
http://paroladipolitico.myblog.it/

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