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martedì 16 ottobre 2007

SISSA: NEUROSCIENZE, AFTER-EFFECTS E LA PUBBLICITÀ FUNZIONA MEGLIO


AFTER-EFFECTS, E LA PUBBLICITÀ FUNZIONA MEGLIO
 
                  Individuata l'area del cervello correlata alla percezione del mondo influenzata dall'esperienza recente


Perché per esaltare le qualità di un prodotto, spesso i pubblicitari lo presentano in contrasto con altri dalle qualità più scadenti? Questione di after-effects, come spiegano Alessandro Treves e colleghi in un recente articolo pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas).
I ricercatori hanno studiato le reazioni di alcuni soggetti di fronte a espressioni facciali ambigue per capire come la nostra percezione del mondo sia influenzata dall'esperienza recente. 
 
«I pubblicitari lo sanno benissimo da anni – commenta Treves, docente di basi neurali della cognizione alla Sissa di Trieste - che mostrando un oggetto dopo averne mostrato un altro deteriorato, o sporco, o vecchio, questo appare inevitabilmente più bello . Così come per esaltare le bellezze di una donna sia efficace mostrare prima, anche a livello subliminale, un soggetto meno attraente. Insomma, il meccanismo degli after-effects contribuisce a spiegare le capacità manipolatorie proprie delle tecniche pubblicitarie, proprio perchè noi interpretiamo i nuovi stimoli in base all'esperienza precedente». 
 
Gli after-effetcs infatti sono gli effetti dell'esperienza recente sulla percezione di uno stimolo. 
I ricercatori, che lavorano a Londra, Seattle e Trieste, hanno studiato le reazioni di 12 soggetti di fronte a espressioni facciali volutamente ambigue, che si prestavano di volta in volta a essere diversamente interpretate a seconda di come lo stesso volto era apparso prima. «Un sorriso solo accennato – chiarisce il neuroscienziato – può essere meglio interpretato come piena soddisfazione dopo aver visto in precedenza un volto un po' corrucciato. Perchè noi tendiamo a interpretare un'espressione ambigua come l'opposto di ciò che abbiamo appena visto. E lo stesso meccanismo può essere generalizzato ad altri tipi di stimoli». 
 
Il team di ricerca ha analizzato l'attività cerebrale dei soggetti con la magnetoencelografia: una tecnica per misurare la distribuzione sulla calotta cranica, con elettrodi superficiali, di piccoli campi magnetici generati dall'attività dei neuroni. Una tecnica di imaging complementare alla risonanza magnetica funzionale. 
 
«Con sorpresa – dichiara Treves - abbiamo individuato l'area del cervello dove l'attività del neurone è correlata con la percezione dipendente dall'esperienza ».
«In genere – continua - la prima percezione dei volti avviene nel giro fusiforme, sulla superficie ventrale del lobo temporale. Invece, inaspettatamente, abbiamo individuato che  gli effetti  »
 dipendenti dall'esperienza recente si riscontrano nel solco temporale superiore , in una zona di analisi successiva». I ricercatori hanno anche verificato che gli after-effects non si riscontrano prima di 300 millisecondi dalla presentazione dello stimolo ambiguo, un tempo lungo nell'arco del quale l'analisi dello stimolo in larga misura è già stata compiuta. «L'effetto di ciò che abbiamo visto prima, cioè, si riscontra solo dopo questo arco temporale: è un dato controintuitivo, molto interessante. Vuol dire che gli after-effects non sono un filtro automatico che applichiamo all'esperienza, ai nuovi stimoli». Perchè prima si analizzano gli stimoli indipendentemente dalle percezioni precedenti e solo dopo, in questi 300 millisecondi, l'esperienza pregressa influenza la percezione di cosa stiamo vedendo. Nel solco temporale superiore cioè il segnale visivo viene elaborato successivamente alla prima analisi. 
 
Gli after-effects possono essere assimilati alla categoria generale cui appartengono anche i pregiudizi. «Quindi - commenta Treves - gli stessi pregiudizi non sono istintivi, provocati cioè da una reazione puramente fisiologica. Quei 300 millisecondi di ritardo ci consentono di bloccarli così come di non farci "ingannare" dalle belle immagini pubblicitarie». 
In studi successivi i ricercatori vogliono chiarire se il ritardo nell'attivazione dell'effetto dell'esperienza precedente sia dovuto al fatto che tale influenza risulta mediata della corteccia frontale, che elabora e rispedisce i dati alla corteccia temporale, oppure possa essere dovuto a meccanismi locali della corteccia temporale, che ha bisogno che l'input sensoriale sia indebolito per far sì che si attivi l'influenza dell'esperienza precedente. 
                                                                                                                       
-- 
Simona Regina

Ufficio Comunicazione
SISSA
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