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sabato 5 gennaio 2008

Antipolitica e Politica g-locale



      

ANTIPOLITICA
E POLITICA G-LOCALE


Molto  spesso da noi, in Alta Irpinia, ma anche altrove, la politica non risolve  affatto i problemi della gente, anzi talvolta nemmeno se li  pone. Quelli che sono i bisogni concreti dell'ambiente, della salute  dei cittadini, della qualità della vita, il diritto al lavoro e alla casa  per i giovani, il diritto all'istruzione pubblica e all'educazione delle nuove  generazioni, le istanze relative alla cittadinanza, tutto ciò è in pratica  dimenticato o trascurato dalla pubblica amministrazione, è ignorato dagli enti  locali. Come accade rispetto a tante questioni particolari, a tante cosiddette  "emergenze permanenti" come il problema, ormai decennale, dello smaltimento  dei rifiuti.  

Come  d'altronde accade in numerose altre circostanze. Come accade nel caso di un  fiume, l'Ofanto, che in passato è stato testimone di  vicende storiche memorabili, come alcune battaglie epocali (si pensi alle  terribili guerre sannitiche o alle guerre puniche, nella fattispecie allo  scontro tra l'esercito romano e la spedizione cartaginese in Italia, guidata dal grande condottiero  Annibale), e che ora è ridotto ad una vera e propria cloaca, una discarica  a cielo aperto. Così  come avviene da anni rispetto ad una cava, quella che sta  letteralmente divorando una montagna ai cui piedi sorge un'intera  contrada rurale. Il  padrone della cava si reputa forse il "padrone" del territorio, del paese,  dell'intera cittadinanza? Come è possibile che siano  tenuti in ostaggio la politica, i diritti delle persone, la democrazia  locale? Di quali protezioni politiche gode? Quali influenze è in grado di esercitare in virtù del servilismo mostrato  dalle istituzioni locali, in virtù quindi dell'eccessiva sensibilità, del  trasporto e della passione che taluni "politicanti" serbano verso  il potere seduttivo e il fascino, subdolo e  perverso, del dio denaro?

Questo  "fatalismo", così diffuso tra la gente, è il peggior nemico della gente stessa,  nella misura in cui induce a pensare che nulla possa cambiare e che tutto sia  già deciso da una sorta di destino superiore, da una forza trascendente,  contro cui i miserabili e gli umili sarebbero  assolutamente impotenti, ma così non è. In  tema di "fatalismo" e di apatia politica, non si può  non citare un famoso scritto giovanile di Antonio Gramsci, intitolato "Odio gli indifferenti", in cui il  grande comunista sardo scriveva che vivere vuol dire  "Essere partigiani.  Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è  abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita.  Perciò odio gli indifferenti. L'indifferenza è il peso  morto della storia (...) Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti".  Sempre  in materia di assenteismo e di non partecipazione alla  vita politica, rammento un bellissimo pezzo di Bertold  Brecht, che diceva: "Il peggior analfabeta è  l'analfabeta politico". Non c'è nulla di più vero e di più saggio. Brecht sostiene che l'analfabeta politico "non sa che  il costo della vita, il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina,  dell'affitto, delle scarpe e delle medicine dipendono dalle decisioni politiche.  L'analfabeta politico è talmente asino che si  inorgoglisce, petto in fuori, nel dire che odia la politica. Non sa,  l'imbecille, che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il minore  abbandonato, il rapinatore e il peggiore di tutti i banditi, che è il politico disonesto, leccapiedi delle imprese nazionali e  multinazionali.". Ed io aggiungo: "e delle imprese locali"...  

Dunque,  la politica dovrebbe basarsi non solo su ragioni sociali e materiali, ma anche  su istanze etiche e spirituali, addirittura estetiche, nel senso che l'impegno politico potrebbe essere  animato da uno spirito ludico e disincantato, da una sincera passione ideale e  da un profondo elemento di piacere e speranza assieme, da un motivo di ricerca  della felicità che appaghi un bisogno interiore di autorealizzazione della persona umana. In tal senso la  politica dovrebbe essere l'espressione della volontà e della libera creatività  dell'animo umano, che si realizza nel confronto interpersonale, nella pacifica  convivenza sociale e nella dialettica democratica. Inoltre, la politica dovrebbe  essere soprattutto un mezzo di aggregazione e di  partecipazione sociale, uno strumento concreto, diretto e corale per concorrere  e intervenire sui processi decisionali che interessano l'intera collettività; è  una modalità di socializzazione tra gli individui, la più elevata e raffinata  forma di socialità umana. Del resto, l'etimo greco antico del termine, da  "Polis" (ossia: città), esprime il senso della più nobile e sublime tra le  attività proprie dell'uomo, indica la suprema manifestazione delle potenzialità  e delle prerogative attitudinali dell'essere umano in quanto essere sociale.  Tale somma capacità dell'uomo si estrinseca nella  politica in quanto organizzazione dell'autogoverno della Città.  Oggi,  purtroppo, l'antico valore della politica s'è perso del tutto, soprattutto dopo  l'avvento e l'ascesa predominante dell'economia di mercato e dello Stato capitalistico-borghese, avvolto nell'involucro protettivo di  una falsa e ingannevole "democrazia", puramente formale e rappresentativa  (ormai in fase decadente), un'ordinamento giuridico-statale che rappresenta un modo per frodare  la gente con il consenso della gente stessa. Quell'originario senso della politica si è ormai  deteriorato, tralignando nella più ignobile e squallida  "professione", ovvero nell'esercizio del potere fine a se stesso, un potere  riservato a pochi "addetti ai lavori", ossia ai professionisti e carrieristi  della politica. Quella che era considerata un tempo una  nobile arte ed un'occupazione elevata dell'uomo, la Politica con la "P"  maiuscola, si è totalmente svuotata di senso ed oggi è concepita e praticata  quale mezzo per appropriarsi e impadronirsi della città e delle sue risorse,  umane, materiali e territoriali, ossia una carriera da intraprendere se si vuole  mettere le proprie luride mani sui beni e sulle ricchezze del bilancio economico  del Comune che, come tale, dovrebbe appartenere a tutti, dovrebbe essere un  patrimonio collettivo, quindi gestito direttamente dalla comunità dei cittadini.  

Tale  visione e tale pratica del potere decisionale, in quanto appannaggio esclusivo  di una ristretta cerchia di potenti e privilegiati, ossia i padroni del Palazzo, devono essere respinte e  contrastate con forza, perché quel soggetto sociale organizzato in gruppo o  partito politico, convenzionalmente chiamato "ceto politico dirigente", non  appena ha conquistato il privilegio derivante dal potere esclusivo sulla Città,  si disinteressa altamente del bene comune, per occuparsi semplicemente dei  propri loschi affari di casta, di corporazione o di élite, oppure di singoli individui. Questo stato di  corruzione della politica, che non è più un'esperienza di  autogoverno della comunità dei cittadini, ma un interesse privato ed  egoistico di una minoranza sempre più circoscritta, è la causa principale che ha  generato un sentimento di crescente indifferenza e disaffezione dei cittadini  verso le vicende della politica, ovvero del governo della polis, in quanto  rappresentativo degli interessi di pochi affaristi e trafficoni, nella misura in  cui tale vicende sono recepite come estranee e distanti dagli interessi  collettivi. Questo  crescente distacco della "società civile" dal Palazzo del potere scaturisce  dalla progressiva affermazione di un quadro politico retto su un assetto di  condizioni economiche di iniquità, diseguaglianza e di espropriazione, derivanti da rapporti  sociali gerarchico-verticistici di supremazia e  soggezione, di comando ed obbedienza, per cui i Cittadini dell'antica Polis  greca, del Comune autonomo nel Medioevo, della Comune nella prima Rivoluzione  francese, della Comune parigina del 1871, sono stati ridotti e costretti ad uno  stato di sudditanza, provvisti solo di diritti formali e fittizi, privi di  qualunque potere sostanziale di autodeterminazione e autogestione politica.  Pertanto, oggi è più che mai necessario riscoprire il valore originario della  Politica, presente in modo effettivo nell'esperienza dell'antica democrazia  ateniese, nella vicenda dei Comuni italiani del 1200, della Comune operaia di  Parigi del 1871.  

Occorre  rilanciare l'idea dell'autogestione popolare e  dell'autogoverno della comunità dei cittadini, guardando con interesse e con  piacere alla viva esperienza dei Municipi autonomi zapatisti e  sperimentando nella realtà delle piccole comunità locali l'idea della politica  come rifiuto e critica radicali del potere scisso dalla collettività, ossia come  partecipazione diretta di aree sempre più vaste della popolazione ai processi  decisionali, a cominciare dai canali di controllo e gestione delle spese  economiche del bilancio comunale. La  grandiosa utopia della democrazia diretta a livello locale, oggi è non solo  possibile ma necessaria, di fronte al nuovo, prepotente fenomeno di natura  autoritaria e antidemocratica, determinato dall'avvento di un nuovo colonialismo  che ha segnato la crisi e il declino della sovranità democratica, seppure solo  formale, degli Stati nazionali, soppiantati dal potere smisurato di organismi economici sovranazionali che dirigono e controllano le dinamiche  dell'economia di mercato e dei suoi assetti più propriamente bancari e  finanziari, che si sono rapidamente affermati su scala mondiale. Questo fenomeno  di globocolonizzazione neocapitalista ha determinato  un pauroso incremento e un'ascesa inarrestabile del potere dei  gruppi capitalistico-finanziari più forti, in  particolare delle multinazionali, con danni e costi inimmaginabili e  irreparabili per i diritti civili e sindacali, le libertà democratiche, i  redditi dei lavoratori del sistema produttivo, di quello industriale prima di  tutto, la cui condizione si fa sempre più precaria, vulnerabile e facilmente  ricattabile.  

Per  tali ed altre ragioni, oggi è più che mai necessario: "PENSARE  GLOBALMENTE E AGIRE LOCALMENTE".

Lucio Garofalo <garofaloluc@tiscali.it >

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