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giovedì 10 gennaio 2008

Le lampade a incandescenza mandano in cortocircuito il Corriere della Sera



 
Le lampade a incandescenza mandano in cortocircuito il Corriere della Sera

Le vecchie lampadine energivore saranno vietate nel 2011, ma c´è chi lancia l´allarme contro quelle a risparmio energetico perché in alcuni casi contengono mercurio.
Come se i climatizzatori non contenessero il freon, i computer il cadmio e lo stesso mercurio, la penna biro l´inchiostro...
di Lucia Venturi

Le campagne per sostituire le lampadine a incandescenza (di cui sarà vietata l´importazione, la distribuzione e la vendita dal 1°gennaio 2011), con quelle a luminescenza, sono ormai all'ordine del giorno: addirittura vi sono società che le regalano assieme ai riduttori di flusso per le rubinetterie domestiche. E' infatti l'azione più semplice che si può chiedere ad un cittadino per dare un contributo alla lotta ai cambiamenti climatici. Il sistema della fluorescenza permette di trasformare in luce ben il 20% dell´elettricità utilizzata a fronte del 4% che si ottiene con una analoga a incandescenza e dura in media 8.000 ore contro le 1.000 delle lampade a incandescenza o le 2.000 delle alogene.
Del resto la sostituzione di una sola lampadina a incandescenza da 100 watt in ognuna delle 21 milioni di famiglie italiane, ci ricorda oggi il Corriere della sera, sarebbe in grado di ridurre in un anno quasi un milione di tonnellate di anidride carbonica.

Ma dalle stesse pagine del quotidiano milanese viene riportato l'allarme lanciato dall'agenzia per l'ambiente britannica, sulla loro sicurezza per la salute. Minaccia di cui sarebbe responsabile il mercurio sottoforma di vapore presente come gas all'interno del tubo di vetro, che si incendia grazie alle scariche elettriche provocate dal passaggio di elettricità tra due elettrodi posti alle estremità della lampada. Quello che non dice l'articolo è il fatto che intanto non tutte le lampade a fluorescenza funzionano a vapori di mercurio, ma ve ne sono anche a vapori di sodio, e che le attuali lampade fluorescenti sono del così detto modello a trifosfori, in grado di ridurre la presenza del mercurio nella lampada e di garantire una maggiore luminosità.

L'autore dell'articolo riporta poi le raccomandazioni della stessa agenzia sul fatto di dare maggiori informazioni all'utente così da metterlo in grado di smaltire correttamente le lampade una volta che non funzionano più. Cosa che sarebbe un bene se venisse fatto per ogni oggetto che ci capita tra le mani. Quello che colpisce è invece l'attenzione così accesa per oggetti che hanno una notevole importanza per i comportamenti individuali inseriti in un contesto più ampio quali possono essere appunto le lampade a fluorescenza, mentre non si pone la stessa enfasi riguardo ad oggetti divenuti ormai di uso comune (e in fasce di età assai più variegate) quali i monitor dei computer o dei giochi elettronici: anch'essi assai pericolosi per le sostanze che contengono e in quantità di certo superiori a quelle di una lampadina (sono entrambi Raee e come tali una volta da buttare devono essere portati nelle isole ecologiche attrezzate a raccogliere i rifiuti da aparecchiature elettriche ed elettroniche).

Tanto che nel commento di Paolo Di Stefano a questo articolo (sempre sul Corriere della sera) ci si pone addirittura l'interrogativo: «vuoi vedere che tutti i comportamenti che pensavamo sani, corretti, ecologici finiranno alla fine per ritorcersi contro di noi?». Che è la maniera certamente meno costruttiva di affrontare un problema, soprattutto poi se lo si fa dalle pagine di un quotidiano fra i più letti nel nostro paese.

Non v'è alcun dubbio che ogni tecnologia innovativa porti con sé anche un rovescio della medaglia, del resto lo abbiamo detto più volte da queste pagine che l'impatto zero non esiste. Quello cui bisogna tendere è semmai il minor impatto considerato in un computo più ampio, come è il caso appunto delle lampade a fluorescenza. Per questo è importante ragionare in termini di contabilità ambientale e per questo non è corretto non tenere conto del contesto dato. Si finisce altrimenti per fare l'errore di considerare le cose solo attraverso un dato e il suo opposto: bianco o nero. Come chi contrappone in questi giorni come soluzione al problema dei rifiuti a Napoli la raccolta differenziata all'incenerimento. Entrambi strumenti da utilizzare all'interno di un ciclo di gestione dei rifiuti. Ma che non potranno funzionare certo, né l'uno né l'altro, per sedare la rivolta in corso in questi giorni. Perché il contesto dato, a Napoli, richiede di rimuovere al più presto i rifiuti abbandonati e incendiati per strada, rifiuti che non provengono da raccolte differenziate (purtroppo) e che non hanno un inceneritore pronto ad accoglierle (purtroppo) in tutta la Campania. Ma che una collocazione che non sia quella attuale la devono pur trovare, fossero pure i piazzali dell'esercito. Mentre al contempo si dovrebbe pianificare da subito un sistema basato sulla raccolta differenziata in grado, per lo meno, di togliere via la parte umida del rifiuto, da destinare a quegli impianti di compostaggio che attendono da troppo tempo l'autorizzazione ad essere costruiti.

da: http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=11361


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