«L'Unione euromediterranea, un buon progetto con tante incognite»
L'ex sottosegretario agli Esteri Ranieri appoggia l'iniziativa di Sarkozy,
senza dimenticare il peso dei conflitti in corso e il rischio di duplicare le istituzioni Ue
Roma, 9 luglio 2008. Il fallimento del processo di Barcellona è davanti agli occhi di tutti, la proposta di Nicolas Sarkozy «ha consentito di riflettere sugli errori commessi in questi anni, sulle difficoltà incontrate e rimettere al centro della discussione nell'Unione e nei Paesi della riva sud del Mediterraneo il tema delle relazioni euro-mediterranee». Già sottosegretario agli Esteri nel governo Prodi e attualmente presidente dell'Associazione Trecentosessanta, fondata insieme con Enrico Letta, Umberto Ranieri è stato tra i protagonisti della firma della dichiarazione di Roma del dicembre 2007 con cui Italia, Spagna e Francia affermavano il comune intento di sostenere la proposta del presidente francese di dare vita ad una «Unione per il Mediterraneo» (Upm). E a pochi giorni dall'inaugurazione dell'Upm a Parigi, fissata per sabato 12 luglio a Parigi, traccia davanti ai microfoni di SherpaTv un giudizio complessivamente positivo dell'iniziativa promossa dall'inquilino dell'Eliseo. Ma non nasconde alcune preoccupazioni: dal peso che possono avere i conflitti in corso come quello tra Israele e Palestina o tra Marocco e Algeria alla reale coesione dell'Ue, dal rischio di sovrapposizioni tra le varie strutture di Bruxelles a quello di ritrovarsi tra qualche anno senza aver realizzato le buone intenzioni di oggi.
Ranieri considera «una correzione di tiro importante» quella che i 27 hanno di fatto imposto a Sarkozy, spingendolo a coinvolgere tutta l'Ue e non solo i Paesi del sud nel progetto dell'Upm perché «non riesco a immaginare una politica verso il Mediterraneo in cui non si sentano coinvolti Paesi come la Germania». Che il progetto abbia buone possibilità di riuscita, secondo Ranieri, lo si intuisce dalla struttura e dal metodo di lavoro che il presidente francese ha immaginato.
Alle altre incognite, Ranieri associa anche la mancata realizzazione «di una politica di superamento delle politiche doganali e di dazi dei Paesi della riva sud» che ancora oggi sono molto divisi tra loro. E affinché l'Unione non si riduca a essere una riedizione fallimentare del cosiddetto Processo di Barcellona, indica la linea pragmatica di Sarkozy: individuare progetti specifici, agire e monitorare gli sviluppi.
Tra i settori di intervento, Ranieri evoca la costruzione «di un vero sistema di collegamenti euro-mediterranei», realizzare infrastrutture, «potenziare le relazioni culturali nel rapporto tra grandi città anche a livello universitario».
Infine, il grande capitolo dell'immigrazione: «Scongiurare che si continui con un flusso di migrazione caotico e molto spesso doloroso, ma organizzare un flusso di immigrazione in funzione di reali esigenze occupazionali nei Paesi dell'Europa e pensare anche alla formazione in funzione di questa immigrazione non caotica e disperata». Detto questo, conclude Ranieri « la base di tutto è che alcuni risultati si raggiungano. Se tra quattro anni i risultati non saranno venuti fuori significherà che abbiamo fallito».
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