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giovedì 21 gennaio 2010

SISSA: IL DNA VIRALE ricerca su PNAS. QUANDO I NODI VENGONO AL PETTINE E IL VIRUS RIESCE A ESSERE INFETTIVO...

VIRUS E DNA: QUANDO I NODI VENGONO AL PETTINE 

Ricercatori della Sissa spiegano su PNAS come i virus riescano a iniettare il proprio Dna,

e a essere così  infettivi, nonostante la presenza di numerosi nodi distribuiti lungo

l'intero filamento del DNA  

Hanno fatto luce sull'organizzazione spaziale del DNA nei capsidi virali 

Trieste (21 gennaio 2010) - Come mai la presenza di nodi nel DNA virale non ne impedisce il rilascio negli organismi batterici attaccati dal virus? Sulla rivista americana PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), un gruppo di ricerca internazionale coordinato da Cristian Micheletti, biofisico della Sissa di Trieste, fa luce su una questione finora irrisolta relativa all'orgnizzazione spaziale del DNA virale e presenta risultati che possono aprire la strada a futuri sviluppi in campo biomedico.

«Districare i nodi che si formano lungo il filamento del DNA è essenziale perché il virus possa essere infettivo – spiega Micheletti –. Il DNA virale impacchettato nel capside deve infatti passare attraverso uno stretto canale, la "coda" del virus, prima di raggiungere la cellula ospite e infettarla».  

Il team di ricerca - tra cui gli italiani Enzo Orlandini (Università di Padova), Davide Marenduzzo (Edimburgo), Luca Tubiana e Cristian Micheletti (Sissa), oltre a ricercatori di Losanna e della Florida State University - ha chiarito come i nodi presenti nel DNA impacchettato siano distribuiti su una grande porzione del filamento e ha verificato che il DNA può agevolmente uscire dal capside senza rimanere bloccato dal canale, perché tali nodi si sciolgono naturalmente. «Proprio per questo – commenta Micheletti - riuscendo a intervenire sul filamento del DNA al fine di generare nodi molto complessi, non in grado cioè di sciogliersi naturalmente, si potrebbe impedire al virus di rilasciare il proprio DNA nella cellula ospite, rendendolo così non infettivo». 

Il DNA di tutti gli organismi è soggetto a un immenso confinamento spaziale, detto impacchettamento. Si consideri, per esempio, che il nucleo di ogni cellula umana, dal diametro di circa un centesimo di millimetro, racchiude filamenti di DNA che distesi raggiungerebbero due metri di lunghezza. Molti degli aspetti che riguardano come il DNA sia impacchettato sono ancora ignoti, in quanto avvengono su scale spaziali inaccessibili all'indagine sperimentale diretta. Questo è vero non solo per il caso complesso del DNA umano, ma anche per quello dei batteri e dei virus.

«Il DNA virale, lungo solo qualche milionesimo di metro, è infatti confinato in una minuscola capsula, detta capside, che ha diametro cento volte più piccolo. Su questa piccolissima scala spaziale – chiarisce Micheletti – il sottile filamento di DNA (spesso pochi miliardesimi di metro) è molto poco flessibile. E compattandosi, si annoda. Proprio come accade a una corda inserita nello spazio ridotto di una tasca». 

Micheletti e colleghi hanno dimostrato, grazie alle simulazioni al computer, che questi nodi non costituiscono un ostacolo al rilascio da parte del virus del proprio DNA perché, contrariamente a quanto si riteneva finora, non si tratta di nodi "stretti" ma di nodi distribuiti lungo l'intero filamento e si sciolgono naturalmente durante il rilascio.  

Questa ricerca contribuisce a comprendere le modalità di impacchettamento del DNA virale:   

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i pezzetti di DNA all'interno del capside tendono a formare delle pile di piani, con ciascun piano leggermente ruotato rispetto al precedente. «I segmenti di DNA, cioé, messi a stretto contatto non sono indifferenti al reciproco orientamento spaziale, ma tendono a disporsi in modo quasi parallelo, formando un piccolo, ben preciso angolo» spiega Micheletti. L'aggiunta di questo ingrediente ha modificato radicalmente i risultati delle simulazioni di impacchettamento. Infatti, i ricercatori hanno ottenuto configurazioni con il corretto grado di distribuzione del filamento, come osservato con potenti tecniche sperimentali di cryo-electron microscopy, e con la corretta proporzione delle varie tipologie di nodi.   

Il fenomeno, spiegabile a partire da dettagli atomici del DNA, ha un analogo nell'esperienza comune: due viti, ovvero due oggetti con scanalature elicoidali similmente al DNA, possono essere messe in strettissimo contatto solo per una loro ben precisa orientazione (che prevede la formazione di un piccolo angolo tra i loro assi).   
 

DNA–DNA interactions in bacteriophage capsids are responsible for the observed DNA knotting

Di Davide Marenduzzo, Enzo Orlandini, Andrzej Stasiak, De Witt Sumners, Luca Tubiana, and Cristian Micheletti

www.pnas.org / cgi / doi / 10.1073 / pnas.0907524106 

Ulteriore materiale: video

http://www.pnas.org/content/suppl/2009/12/14/0907524106.DCSupplemental/SM1.mov

http://www.pnas.org/content/suppl/2009/12/14/0907524106.DCSupplemental/SM2.mov 

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