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mercoledì 17 febbraio 2010

A che punto è la crisi? Non si vede ancora l'alba.

 

A CHE PUNTO È LA NOTTE?

di Raffaele Pirozzi e Giuseppe Biasco


"Sono arrivati i nuovi dati sul debito pubblico, sulle entrate dello Stato e sulle tendenze del Prodotto Interno Lordo. Da Febbraio ad Aprile il debito pubblico ha avuto un incremento di 33 miliardi di euro. Passando da 1708 a 1741 Mld di euro, registrando un incremento percentuale del 1,84%. Se questa tendenza si conferma nel corso di questo anno, senza ulteriore aggravamento, il debito registrerà una crescita del 5,22%, che tradotto in cifra significherà che l'aumento sarà di 94 miliardi di euro. In questo modo la somma totale del nostro debito pubblico supererà la fatidica quota di 1800 miliardi. Purtroppo a questo incremento corrisponde una diminuzione delle entrate pari a circa 4 miliardi e mezzo di euro, che sta facendo scendere velocemente il nostro prodotto interno lordo al di sotto dei 1700 miliardi di euro. Se non si registreranno ulteriori tracolli, il nostro paese uscirà dai parametri di Maastricht, in riferimento al rapporto tra P.I.L. e debito pubblico, per una quota pari al 5,8%."


Questo scrivevamo dieci mesi fa, analizzando i dati forniti dall'Istat. Purtroppo, le nostre pessimistiche previsioni, sono state confermate, con qualche decimale in meno, ma lo stesso non possiamo stare allegri. Nel suo intervento alla riunione dell'associazione dei banchieri, che si è tenuta a Napoli, il Governatore della Banca d'Italia, ha fornito una lettura reale della situazione economica e sociale del nostro paese, al termine di questo anno di crisi. Mario Draghi è un tecnico serio e competente, non sempre apprezzato dal Ministro Tremonti, per il suo vizio di dire la verità, per questo motivo il Governo italiano non lo appoggia nella nomina alla Banca Centrale Europea, dove farebbe una bella figura ed un buon lavoro. Draghi, incurante di ogni sollecitazione politica, ha continuato nel suo impegno di responsabile della istituzione monetaria italiana e nella riunione ha provveduto a fornire una interpretazione corretta e puntuale della attuale e grave condizione in cui versa l'economia italiana. Nello scorso anno il nostro PIL è diminuito del 4,9%, un risultato pesante, da non sottovalutare, ne tanto meno ignorare, perché si accompagna con l'aumento del debito pubblico ed una disoccupazione in aumento, di ben 600.000 unità , che porta il tasso di disoccupazione in Italia a sfiorare il 12%. Nei nostri articoli economici avevamo previsto un debito pubblico di ben 1823 miliardi di euro,ci siamo sbagliati di poco, perché il dato fornito dal Ministero, si attesta attorno ai 1810 miliardi di euro, un risultato frutto di spericolati movimenti di Bilancio, che scarica 23 miliardi di spese a carico della Cassa Depositi e Prestiti. Anche il dato della disoccupazione deve essere letto con maggiore attenzione, Infatti, la disoccupazione è cresciuta al Nord solo del 5,8%, al Centro del 6,3%, per cui il maggiore aumento percentuale della nuova disoccupazione si è verificato al Sud, un aumento tanto grande da far passare il tasso di disoccupazione dal 8% al 12%. Ma non solo, la cifra dei 600.000 nuovi disoccupati riguarda i lavoratori che avevano rapporti di lavoro definiti e regolari, mentre non si tiene il conto dei precari che non si sono visti confermare i propri contratti. Sfuggono al calcolo anche i lavoratori con partita IVA e quelli del lavoro mai dichiarato, quello "sommerso", un fenomeno mai sconfitto in Italia.

Se si tiene conto di questo fenomeno, l'area dei nuovi disoccupati è stimata in due milioni di unità.

Questa enorme quantità di persone si va ad aggiungere ai disoccupati precedenti formando il nuovo livello di disoccupazione italiano. La disoccupazione è ritornata ad essere un pericolo, oltre che un problema endemico della società italiana. La mancanza di lavoro è uno dei primi problemi di devianza. Incentiva problemi sociali molto complessi, che hanno bisogno di anni per poter rientrare.

Quando avvertivamo, che eravamo nel pieno di una recessione economica, dal Governo ci arrivavano segnali tranquillizzanti: "L'Italia sta rispondendo meglio degli altri paesi alla crisi!", questo è il ritornello che siamo costretti a sentire da mesi, ripetuto come una giaculatoria da tutti i politici del P.d,L. Un disperato tentativo di nascondere una verità, tanto evidente, da non potersi negare. Si susseguono lotte disperate, continue chiusure di aziende con la conseguenza di perdite di posti di lavoro, tutto si svolge sotto gli occhi del paese, che si vede costretto a registrare lo sfascio di un sindacato diviso in maniera irreversibile, senza strategie e senza capacità di indirizzare il movimento di lotta verso obiettivi condivisi. Il Governo gestisce le crisi in modo diverso per ogni azienda, seguendo la politica del giorno dopo giorno senza una strategia unitaria, senza una idea precisa della crisi e del modo in cui poterne uscire; Questo consente alle grandi multinazionali di fare quello che vogliono continuando a chiudere aziende nel nostro paese.

A partire dalla Presidente della Confindustria, Marcegaglia, anche gli imprenditori italiani cercano di investire in altri paesi, portando via produzioni e lavoro, abbandonando al proprio destino le nostre piccole e medie aziende e i lavoratori italiani. L'immagine che ne deriva è quella di un paese diviso, senza una strategia per il futuro, in cui ognuno cerca di difendere quel poco che ha, nel disperato tentativo di non farsi travolgere dalla crisi. Un paese in cui la risposta alla crisi sembra essere la corruzione, che coinvolge imprenditori senza scrupoli, politici corrotti, professionisti disposti a qualsiasi illegalità. Non è un bel momento questo per il nostro paese. Quello che ci colpisce molto in questi giorni sono le mille facce dei lavoratori in lotta che ci vengono proposte dalla televisione, sono facce tristi di persone perbene, che avevano creduto nel messaggio virtuale, di un mondo dorato fatto di un consumismo senza fine. Insieme alla perdita del posto di lavoro, molti stanno perdendo una illusione. Non corrisponde alla realtà, quella vita falsa e senza princìpi che viene rappresentata in televisione. Purtroppo, quello che si avverte di più in questa crisi è la solitudine in cui siamo costretti. Ognuno resta solo con le sue difficoltà, con le sue malinconie, con le sue disperazioni. Non è solo una crisi economica quella che viviamo, è anche una crisi sociale e culturale. Per il momento sembra che il nostro paese ne stia uscendo ancora più diviso, senza la voglia di sognare un futuro diverso, una felicità accessibile. E' ancora lunga la strada per uscire da questa grave crisi, è il momento in cui non deve mancare il coraggio di guardare dentro il cambiamento della società, senza paura. E' il tempo dell'attesa questo, della pazienza che non è rassegnazione, ma ricerca continua della verità, per individuare tutti insieme una strada nuova e diversa, sempre migliore.

"A che punto è la notte?" Chiedeva Amleto al soldato di guardia alle mura del castello e la risposta che giungeva era gelida: "Non è ancora l'alba mio signore!"

 
 
Raffaele Pirozzi direttore giornaleonline"www.notiziesindacali.com"

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