Il centro antico di Napoli sul quale incombe il ritiro del riconoscimento di Patrimonio dell'Umanità, assegnato dall'Unesco nel 1985, vanta all'incirca 450 chiese storiche con opere d'arte di inestimabile valore e cappelle gentilizie, anch'esse ricche di stemmi e insegne della vecchia aristocrazia. Secondo un recente censimento del prof. Marcello Mottola, specialista in diagnostica e restauro dei beni culturali, non meno di trecento di questi edifici sono chiusi e, se non si corre ai ripari, cadranno a pezzi e completamente depredati dei residui tesori.
A sottrarsi a questo triste destino,
In seguito al terremoto del 1980 per i notevoli danni riportati, la chiesetta fu chiusa e abbandonata, l'ingresso ricoperto da sterpaglie e rifiuti. Solo nei giorni scorsi a cura di don Giuseppe Tufo dell'Ufficio Congreghe Sacerdotali, istituzione voluta dal cardinale Crescenzio Sepe, l'edificio di culto è stato riaperto alle visite culturali e al godimento dei fedeli.
Alla cerimonia di riapertura della chiesa, mons. Gennaro Matino ha celebrato messa con il concorso di Padre Giuseppe Tufo, mons Raffaele Ponte, don Luigi de Maio. A conclusione dell'omelia mons. Matino ha ricordato la poesia di Salvatore di Giacomo "Lassamme 'fa a Dio", in cui il Padreterno in compagnia di San Pietro scende sulla terra fermandosi proprio a Piazza Dante.
La badia che prima si chiamava Santa Maria della Provvidenza ed è affrescata in un celebre quadro di Micco Spadaro che descrive la peste del 1656 al largo Mercatello, antico nome dell'attuale Piazza Dante, in seguito fu donata dal cardinale Pignatelli alla Congrega dei 72 sacerdoti che si riunivano nelle chiese di Sant'Arcangelo agli Armieri, poi presso la parrocchia di san Gennaro all'Olmo dove curavano la sepoltura dei cristiani. Prima l'inumazione avveniva in una fossa comune.
L'interno della chiesa di modeste dimensioni è a croce greca con cupoletta ellittica sul transetto absidato in stile rococò e la parte inferiore in stile barocco. Sull'altare maggiore il quadro di San Michele Arcangelo opera di Giuseppe Marullo che scaccia Lucifero dal Paradiso, trasferito all'epoca dalla parrocchia di San Gennaro all'Olmo.
L'altare maggiore e i due laterali sono del Vaccaro e costati la bella cifra di 7mila ducati, vale a dire un duecento milioni di euro di oggi; la balaustra impreziosita da petali di madreperla e lapislazzuli lucidata con pasta di marmo e la splendida fontana-lavabo con un rilievo di San Michele nella sagrestia di carattere rococò sono di Nicola Tagliacozzi Canale della scuola napoletana di intarsio. Sempre nella sagrestia armadi settecenteschi, un magnifico altare della stessa epoca e una grande tela di autore ignoto e due inginocchiatoi con i dipinti della Natività e dell'Epifania eseguiti dalla monaca, Nunzia Tancredi; l'armonium, in perfette condizioni, del 1800 di costruzione canadese con tecnica francese. In alto il coro. Sugli altarini laterali, a destra l'urna con i resti di San Lucio martire, protettore dei mandriani, trovandosi il luogo di culto a poca distanza del largo Mercatello, centro di commercio con i principali magazzini di derrate alimentari; a sinistra Sant'Irene protettrice dai fulmini e Sant'Emidio protettore dai terremoti. A terra la tomba del beato Nunzio Supplizio, le cui spoglie sono state dislocate nella dirimpettaia San Domenico Soriano, una delle quattro chiese esistenti nell'antico Foro Carolino.
Posta all'esterno della chiesa un'edicola votiva con l'immagine della madonna di Pompei, ricoperta da erbacce e i vetri danneggiati, in attesa di restauro.
Mario Carillo - Il Roma Napoli - 18/1/2011
Nessun commento:
Posta un commento