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lunedì 20 febbraio 2012

Nuova speranza contro il rischio di ictus: prima occlusione percutanea a Forlì

Prima occlusione percutanea dell’auricola sinistra a Forlì. Nuova speranza contro il rischio d’ictus per chi soffre di fibrillazione atriale e non può assumere farmaci anticoagulanti. La complessa procedura è praticata, in Italia, da pochi centri altamente qualificati. Chi soffre di fibrillazione atriale e non può assumere farmaci anticoagulanti può trovare ora, a Forlì, una valida arma contro il pericolo d’incorrere in embolie cerebrali e, quindi, ictus ischemici. L’U.O. di Cardiologia dell’ospedale “Morgagni-Pierantoni”, diretta dal dott. Marcello Galvani, ha iniziato a effettuare, infatti, l’occlusione percutanea dell’auricola sinistra, tecnica assai complessa ma particolarmente efficace per eliminare o ridurre significativamente il rischio di ictus. L’equipe formata dal dott. Alberto Bandini, dal dott. Paolo Golia, e dalla dott.ssa Donatella Ferrini, nei giorni scorsi, ha effettuato, nella nuova sala di elettrofisiologia dell’ospedale, la prima procedura autonoma di questo tipo, perfettamente riuscita. Il dispositivo impiegato nell’intervento è stato utilizzato, sino ad oggi, in Italia, in non più di una cinquantina di casi, e solo in centri altamente qualificati.«Nei pazienti con fibrillazione atriale, in presenza di alcuni fattori di rischio quali ipertensione arteriosa, diabete, insufficienza cardiaca, o età avanzata – illustra il dott. Alberto Bandini, responsabile della struttura di elettrofisiologia dell’U.O. di Cardiologia – è facile si formino, all’interno del cuore, dei coaguli di sangue che, in caso di fuoriuscita, possono provocare embolie a distanza, come l’ictus cerebrale». Di solito, per evitare che ciò accada, si ricorre alla somministrazione di anticoagulanti orali (Coumadin o Sintrom), che ostacolano, appunto, la creazione di coaguli del cuore e, dunque, prevengono le embolie. «Chi ha già avuto emorragie importanti o può andarvi incontro, però, non può assumerli, in quanto il principale effetto collaterale di questi farmaci è proprio quello di favorire le emorragie – spiega il dott. Bandini –. L’alternativa, allora, è ricorre alla chiusura dell’auricola sinistra, ovvero la parte del cuore, situata nell’atrio sinistro, dove si forma il 90% dei coaguli fonte di successive embolie». La procedura, che si esegue in anestesia generale e sotto controllo eco transesofageo, è, come tutte le tecniche effettuate per via transacatetere, assai complessa e delicata. «Con la puntura di una vena dell’inguine, s’introduce nell’atrio destro, attraverso il sistema venoso, una piccola struttura in metallo, ricoperta di materiale plastico; quindi, mediante puntura transettale, cioè praticando un piccolo foro a livello del setto interatriale, tale dispositivo viene prima trasferito nell’atrio sinistro e, infine, posizionato nell’auricola sinistra e rilasciato – illustra il dott. Bandini –. La difficoltà risiede nel rischio di complicanze connesse alla puntura transattale, da noi, comunque, già da tempo praticata vista l’esperienza nell’ablazione transcatetere, e nell’estrema fragilità della sede in cui la sonda va posizionata». A parte le prime 6 settimane dall’impianto, dopo non vi è più necessità di terapia anticoagulante, in quanto la sonda viene ricoperta dal normale tessuto che riveste l’interno del cuore. «La chiusura dell’auricola sinistra è risultata efficace quanto la terapia anticoagulante – dichiara il dott. Bandini –. Nel nostro caso, un aiuto fondamentale è venuto dalle nuove tecnologie acquisite nell’ambito del potenziamento della sala di elettrofisiologia: prima di procedere, infatti, abbiamo eseguito, grazie al sistema Carto 3, un’angioTac toracica, di grande aiuto per studiare l’anatomia dell’atrio sinistro e dell’auricola su cui siamo poi intervenuti».La specializzazione in questa complessa tecnica accresce ulteriormente il campo di attività dell’U.O. di Cardiologia dell’Ausl di Forlì, che vede così rafforzato il proprio ruolo di centro di riferimento provinciale.

Tiziana Rambelli

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