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venerdì 2 marzo 2012

Il Centro per l'autismo di Parma e le nuove ricerche sull'autismo presentate dal prof.Pierfrancesco Ferrari

Il Centro per l'autismo dell'Ausl di Parma e il Programma per i
pazienti autistici del Servizio sanitario della Regione Emilia-Romagna



Diagnosi, terapia, riabilitazione, ma anche ricerca, formazione per operatori e famigliari. Sono le attività del Centro per l’autismo dell’Azienda Usl di Parma,parte del programma per la diagnosi e la cura dei disturbi autistici del Servizio sanitario regionale dell’Emilia-Romagna, una delle poche reti assistenziali nazionali dove la cura si integra con la ricerca scientifica sulla malattia, con i
servizi sociali comunali, con il mondo della scuola, con le associazioni di volontariato. Realizzato in una ex scuola elementare alle porte della città, garantisce ai bambini con problemi dello spettro autistico la necessaria assistenza sanitaria, sociale ed educativa: per ciascuna fascia d'età vi sono spazi di lavoro individuale e di gruppo (strutturati e non), e laboratori. E’ disponibile una cucina e una stanza relax fornita di letto per promuovere abilità domestiche e di autonomia personale. Sono disponibili specchi unidirezionali e un sistema di video registrazione con telecamera. L’obiettivo è di effettuare diagnosi il più precoci possibili, fornire ai bimbi e ai familiari le competenze riabilitative necessarie per il raggiungimento della massima autonomia nella vita personale e sociale.
Vi opera una equipe multidisciplinare costituita da operatoridell’Azienda USL e dai ricercatori del Dipartimento di Neuroscienzedell’Università di Parma. Il gruppo di professionisti, accanto all’attività clinica, svolge un importante lavoro di ricerca-azionesullo sviluppo sociale e comunicativo dei bambini con disturbi dello
spettro autistico (DSA).
Un bilancio del primo anno di attività del Centro per l’autismo di
Parma, che attualmente segue circa 40 bambini, è stato presentato al convegno internazionale “La nascita della mente sociale: prospettive neuropsicologiche e cliniche”, che si è tenuto il 24 febbraio a
Parma, organizzato dall’Azienda Usl e dal Dipartimento di
neuroscienze dell’Ateneo della città ducale.

Del convegno e dello stato della ricerca sul rapporto tra neuroscienze ed autismo, parla il prof.Pier Francesco Ferrari, del Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale dell’Università di Parma, che appartiene al team di ricercatori del prof. Giacomo Rizzolatti :


1) In che modo, anche prendendo spunto dai lavori del convegno appena conclusosi, possiamo dire che le neuroscienze sono in grado di facilitare la diagnosi delle persone con disturbi di autismo?

Le neuroscienze ci aiutano a comprendere alcuni funzionamenti dei
processi mentali e cognitivi nel corso dello sviluppo, sia in
situazioni normali che patologiche. Quindi, attraverso una migliore
comprensione dei meccanismi neurali, ci è possibile individuare in
maniera più specifica e mirata i segni precoci di possibili anomalie
nello sviluppo e psicopatologie, come l'autismo. Questo consente di
progettare, quando ancora il disturbo non si è pienamente espresso,
degli interventi sempre più precoci.

2) Qual'è lo stato dell'arte della ricerca sull'autismo?

Negli ultimi anni le ricerche sull'autismo sono aumentate e di
conseguenza anche la nostra conoscenza sulle cause e sull'emergenza di
questo disturbo. Trattandosi di un disturbo pervasivo dello sviluppo
con forme diverse, è possibile oggi inquadrare meglio il problema da
un punto di vista clinico differenziando anche in modo piu' specifico
il tipo di autismo. Molti studi si stanno concentrando sulle forme
autistiche ad alto funzionamento e alcuni studi prospettici sembrano
evidenziare che i primi segni siano riscontrabili ad un anno di vita.
Poichè tali sintomi sono riscontrabili solo dopo un'attenta analisi
neuropsicologica, possono sfuggire anche alle persone più vicine al
bambino, come i genitori o gli insegnanti. Da un punto di vista
neurologico esistono evidenze che alcune strutture cerebrali e
circuiti non si sviluppano correttamente. Tra questi l'amidgala, la
corteccia temporale e il sistema dei neuroni specchio. I neuroni
specchio in particolare sono stati al centro del tema di questo
convegno. La loro centralità nel mediare alcuni comportamenti sociali
ed empatici ci suggerisce che nell'autismo potrebbero invece non
funzionare correttamente. Altri studi mettono in evidenza che anche la
connettività corticale tra diverse strutture potrebbe essere
compromessa nell'autismo. Da un punto di vista genetico risulta
inoltre evidente che diversi geni sono coinvolti in alcune forme di
autismo e sembra che siano implicati alcuni fattori trascrizionali che
probabilmente causano delle disregolazioni nelle funzionai neuronali e
nello sviluppo di alcune strutture cerebrali.

3) Se le interazioni che l’individuo ha con gli altri influenzano direttamente lo sviluppo dei sistemi neuronali sui quali si basa la nascita psicologica dell’individuo, come è possibile, secondo il vostro parere di ricercatori, intervenire in questo sistema di relazioni per curare i disturbi autistici?
Il cervello sociale emerge perchè esistono dei circuiti neurali
dedicati dalla nascita (e probabilmente anche prima durante il periodo
prenatale) che permettono al neonato di rispondere adeguatamente ad
una serie di stimoli di natura puramente sociale. Nel corso dello
sviluppo il cervello sociale 'si aspetta' di interagire con un certo
ambiente (la madre) con cui entra in un intimo rapporto di scambio
intersoggettivo. Alcuni aspetti di questo scambio sono particolarmente
importanti nel permettere un corretto funzionamento da un punto di
vista relazionale e affettivo. Per vari motivi, puo' succedere che il
cervello non sia in grado di cogliere alcuni degli aspetti del proprio
ambiente sociale ed elabora delle strategie alternative che permettono
all'individuo di adattarsi in maniera funzionale. Queste strategie
potrebbero essere diverse da quelle che noi solitamente utilizziamo e
che ci permettono di empatizzare con gli altri, condividere le loro
emozioni in maniera diretta e mettersi nei panni dell'altro.
Gli studi sullo sviluppo del cervello e sull'intersoggettività
sembrano suggerire che in aggiunta alle terapie classiche di tipo
cognitivo-comportamentale si potrebbero sviluppare ed integrare altri
interventi che promuovono la sfera della socialità, la condivisione e
gli scambi intersoggettivi.

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