La libera interpretazione. Il tratto visionario e religioso di questa rivoluzione che si ispira alla Riforma e a Lutero (semplificando, l’analogia è con la rinuncia alla mediazione interpretativa dei testi. Dunque la rinuncia ad ogni Ordine dell’interpretazione: pubblicitari, politici professionali, giornalisti) nasce con le tecnologie web che non solo favoriscono l’interazione, ma consentono ora ai navigatori di assumere un ruolo attivo nei processi di comunicazione e di costruzione della conoscenza. Ognuno “può dire la sua” su qualsivoglia argomento, avendo anche la possibilità di diventare un concreto punto di riferimento per gli altri utenti. E guardando al fenomeno dalla prospettiva della comunicazione di impresa ora l’utente/consumatore ha tra le mani il potere di giudicare sull’efficienza di un’azienda e spiegare le sue ragioni ad una quantità indefinita di individui, che a loro volta si formeranno una personale immagine mentale sull’azienda in questione. Un’ opportunità. Ma anche un rischio.
E il valore della “reputazione” produce effetti diversi e misurabili per le aziende che investono in questa rivoluzione del mercato. I clienti comprano di più, la forza contrattuale verso fornitori o partner aumenta. Ancora: si realizza una maggiore facilità di accesso a mercati esteri e, se quotata, l’azienda capace di una buona strategia di comunicazione della reputazione, registrerà una minor volatilità del titolo e prestazioni migliori. Senza dimenticare poi che la reputazione si misura ogni giorno nella capacità di mantenere la “faccia” davanti a una crisi. La “resilience” (capacità di resistenza agli urti) delle grandi aziende è particolarmente messa alla prova e rappresenta il lato combattente della web reputation.
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