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lunedì 10 novembre 2014

Sicilia Indipendente, “Un sogno che guarda la Catalogna”



Le consultazioni svoltesi in Catalogna sebbene non di valenza costituzionale, ripropongono in maniera forte la voglia di una espressione democratica dei popoli, presenti anche in paesi evoluti come la Spagna. Un voto ,naturalmente simbolico, ma di notevole effetto mediatico per tutti i movimenti indipendentisti che nel tempo e nella storia hanno volto i loro pensieri verso un’autonomia negata o un’indipendenza più volte finita nel sangue come successo alla Sicilia del 1946. Il dato delle urne Catalano ha visto un netto 80,72 per cento dei Si, su due milioni di elettori. La forma democratica che la Catalogna ha scelto è comunque di esempio per altri regionalismi Europei a valenza Indipendentista.  Le dichiarazioni di  Artur Mas, presidente della catalogna  sono chiare : «Ci siamo guadagnati sul campo il diritto a un referendum definitivo», la risposta di Madrid è stata netta collocando il referendum sul piano della propaganda politica. Ma allora esiste il diritto di autodeterminazione dei popoli universalmente sancito dall’ONU o No ?. La modulazione del diritto internazionale purtroppo e molto vaga e certamente molto derivata dalle realtà loco regionali dagli interessi statali. La Catalogna comunque rappresenta una speculare rivendicazione storica molto simile alla Sicilia Regione Isola di valenza normativa autonomista all’interno dello Stato Italiano . Una storia quella della Sicilia che si è aperta da decenni e nella precisione storica dal 1860, data in cui la Sicilia fù annessa all'Italia. Molto sangue nei tempi futuri che ricadono nell’anno 1946 fu versato in tal senso con i moti dell'Evis (Esercito Volontario per l'indipendenza della Sicilia). Nacque così lo statuto di autonomia un evento pattizio tra la Sicilia in rivolta ed il Regno d'Italia,era il 15 maggio 1946. Un evento seguito dall'annessione dello Statuto alla costituente Italia con legge costituzionale del 26 febbraio 1948 n° 2. I Siciliani indipendenti crederono mestamente di aver raggiunto una certa autonomia dallo stato centrale. Ben 43 articoli modulati e scritti per meglio operare. Nessuno aveva fatto i conti con gli ascari ,eletti dal popolo siciliano che proprio a Roma sotto l’egidia di interessi personali  avrebbero favorito l'inizio della demolizione dello statuto. Lo stato italiano non ha mai digerito l'autonomia siciliana e lo ha dimostrato rendendolo privo di potere di norma, tra gli articoli, ne elenchiamo alcuni: L'art.lo 38 che presupponeva di ridare ai siciliani tutto il denaro che in fatto e in diritto era stato sottratto dal 1860 al 1943 con i torti finanziari, sociali ed economici inflitti all'Isola dall'Italia durante i primi 83 anni di dominazione colonialista , i soldi sarebbero stati seppure gradualmente e sotto una voce "umanitaria", l'Art. 14 che presupponeva una legislazione esclusiva in ben 27 materie elencate nello stesso articolo(vedi statuto) è stato distrutto da tutta una serie di norme unitarie nazionali, l'art. 15 che presupponeva in maniera lungimirante l'abolizione delle provincie fu dichiarato incostituzionale quando la legge regionale del 24 febbraio 1951 fu dichiarata illegittima, Gli art.li 21 e 22 sono stati solo una beffa nessun governo,infatti li ha mai presi in considerazione il varo della legge per l'istituzione dell'ENEL ne rappresenta l'esempio.(Cfr. ARS, Resoconti Parlamentari V legislatura, CCVII Seduta, 22 febbraio 1965, pagg. 394-395), l'art. 31 non ha mai visto la nascita di un corpo di Polizia Regionale o un chiaro potere del presidente della regione in merito, le prefetture non sarebbero mai esistite in Sicilia. l'art. 40 dedicato all'incameramento di valuta pregiata non è stato mai applicato. Una storia sancita dalla norma e negata ai Siciliani  attraverso il mancato sviluppo dell'Isola in termini di industria, collegamenti ferroviari, strade ,agricoltura , pesca, turismo,moneta autonoma ed altro. Molti dettagli storici che non hanno mai portato ad una soluzione democratica simile alla Catalogna che ha avuto la forza di portare le parole all’interno di un percorso di realtà popolare. 

                                                                                                 Di Maurizio Cirignotta

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