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lunedì 29 febbraio 2016

Pellet, più chiarezza per evitare il caos

A rischio il mercato nazionale del pellet, numero uno in Europa, con tre milioni di tonnellate di consumo annuo. 

Blocchi e sequestri in Italia per un difetto di interpretazione della normativa Ue. 

A Progetto Fuoco di Verona gli operatori di settore chiedono di dare chiarezza alle regole per evitare il caos


Parte da Verona la richiesta forte di attenersi alla normativa europea sul pellet, che chiarisce come non sia necessario indicare sul packaging il luogo di origine della materia prima legno per evitare discriminazioni  nei confronti di altri Paesi. 

La necessità urgente infatti è chiarire una volta per tutte che la qualità del prodotto non dipende dal paese di origine del legno e del pellet, ma dalla materia prima e dal processo utilizzato per la sua trasformazione da parte del produttore che ne diventa il garante assoluto. 

Il rischio? Che salti tutto il mercato unico europeo di questo settore: un mercato da 18,8 milioni di tonnellate di cui 3 milioni consumate solo nel nostro paese, al 90% nelle case degli italiani. C'è il rischio di creare danni economici a centinaia di imprese di produzione e commercio, danni che ricadrebbero in tempo reale sui livelli occupazionali del comparto.

Dei rischi e delle possibili soluzioni si è parlato a Progetto Fuoco, la mostra internazionale annuale di Verona dedicata a impianti, attrezzature e combustibili per calore ed energia dal legno. All'incontro fra esperti presso lo stand dell'austriaca Schuster, specialista del pellet, il presidente di European Pellet Council (EPC), Christian Rakos, ha ribadito che distributori e consumatori devono seguire tre criteri fondamentali: la presenza del marchio del produttore, la presenza di un marchio tecnico di certificazione volontaria, come EN Plus, e ovviamente il colore del prodotto: più chiaro è, più si avvicina al massimo standard di qualità, per ciò che attiene i residui da combustione e la pulizia dell'impianto.

La legge comunitaria
"In un mercato unico e all'alba del terzo millennio non ci si può più permettere di giudicare la qualità dal paese di origine del prodotto – ha ribadito Fabio Brusa, esperto in diritto commerciale e doganale – la normativa dell'Ue è molto chiara a tal proposito, non impone di indicare la provenienza e non lascia spazio a interpretazioni. Tutto ciò che avviene all'interno dei nostri confini comunitari è commercio, non è importazione." Eppure spesso capita che sulla base dell'interpretazione di normative nazionali avvengano blocchi di consegne e sequestri o si contestino diciture sul packaging dei prodotti, che non indicano il paese di origine del prodotto. "Invece la disciplina comunitaria specifica chiaramente che commerciante e produttore coincidono nelle diciture di legge, ovvero è il soggetto che appone il marchio – indipendentemente che si tratti di produttore o commerciante – che assume la responsabilità del prodotto nei confronti del proprio cliente e quindi del consumatore e che non è obbligatorio riportare il paese di origine di materie prime o prodotti."

Soluzioni
Annalisa Paniz di AIE, l'Associazione Italiana per le Energie Agroforestali, ha confermato la necessità di educare grande distribuzione, famiglie, commercianti ma anche forze dell'ordine, non solo alla normativa vigente in UE, ma anche a riconoscere la marcatura di qualità EN Plus, che parla di prestazioni del prodotto.  

"Riuniamo i produttori di 37 paesi, certifichiamo 5 milioni di tonnellate di prodotto in 5 continenti: se la qualità dipendesse dall'origine vorrebbe dire che esistono per lo meno 37 qualità di pellet differenti……?"  Parte quindi da Verona la proposta degli operatori del settore di premere affinché la normativa Ue vigente sia conosciuta da tutti, rispettata, chiara, spiegata agli operatori del settore ma anche alle famiglie e ai consumatori con un linguaggio semplice e chiaro, anche sul packaging.



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