È la nostra finestra sul mondo, ci fa divertire, parlare e giocare, ci indica la strada. Può mandarci in ansia quando ha poca energia o regalarci un senso di libertà quando non c’è. Ma soprattutto, come nessun altro, sa farci arrabbiare.
Tra truffe, costi alti e servizi non richiesti, ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, se l’è presa con il proprio cellulare e, ancor più, con il proprio operatore telefonico, lamentando condizioni a volte poco chiare o sconvenienti.
La novità dell’ultimo anno - causa di proteste e malcontenti da parte di numerosi utenti - è stata ribattezzata “tredicesima”. E il nome non è di fantasia, perché ciò che le compagnie telefoniche hanno deciso di regalare ai propri abbonati è stata, propriamente, una tredicesima mensilità. La differenza - denunciano consumatori e associazioni - è che a intascarla sono loro, erogatori del servizio, e non i clienti.
Fino a non molto tempo fa, tutti gli operatori offrivano piani tariffari dalla durata mensile. Wind per prima, a marzo del 2015, ha però trasformato il mese in quattro settimane. Ventotto giorni. Come se, per intenderci, fosse febbraio tutto l’anno. Risultato? Non più 12 rinnovi mensili ogni anno, ma 13 quadri-settimanali, con un aumento del costo complessivo pari a circa l’8 per cento. Dopo Wind, hanno fatto lo stesso anche Vodafone e Tim.
Oltre 160mila persone hanno sottoscritto un appello lanciato da una cittadina, Grazia Molino, per chiedere ai tre operatori di fare un passo indietro, senza però ottenere risposta. Questo nonostante le numerose sollecitazioni, i tanti bombing sui social e le accese proteste delle associazioni dei consumatori.
In questo panorama, oltre all’aumento dei costi, i cittadini denunciano anche un altro disagio: la mancanza di concorrenza. Tra tutti gli operatori telefonici, soltanto Tre Italia ha conservato la scadenza mensile: le sue tariffe, però, prevedono soglie settimanali di utilizzo.
A far arrabbiare, però, non è la sola tredicesima.
Accanto a questa ci sono i cosiddetti servizi premium, spesso sottoscritti inconsapevolmente, «semplicemente sfiorando un banner pubblicitario». A gennaio del 2015, Vodafone, Wind, Tim e H3G sono state sanzionate dall’Antitrust per aver adottato questa pratica commerciale attraverso “omissioni informative ingannevoli e condotte aggressive”. Dopo il provvedimento, però, le cose non sono cambiate, motivo per cui, a ottobre dello stesso anno, i quattro operatori telefonici sono stati nuovamente sanzionati.
Anche la trasformazione dei servizi gratuiti di reperibilità (“Lo sai” e “Chiamaora” di Tim, “Chiamami” e “Recall” di Vodafone) in servizi a pagamento non ha lasciato indifferenti i consumatori. Primo fra tutti Massimo Saccomando, che ha lanciato una petizione sottoscritta da oltre 54mila persone. Anche in questo caso l’Antitrust è intervenuta con sanzioni pecuniarie.
Di fronte a tutto questo - allo strapotere dei grandi operatori lamentato da migliaia di utenti - c’è chi, come Walter Liberatori, chiede l’istituzione per legge di un fondo di garanzia per le vittime delle truffe telefoniche o chi, come Gianluca Racano, immagina che ciascuna compagnia di telefonia mobile si doti, lungo tutto il territorio nazionale, di uffici per le relazioni con i clienti.
La battaglia, insomma, è molto dura. Solido e fermo, però, è anche l'impegno di tantissimi cittadini - quasi 300mila, oltre a Grazia, Massimo, Walter e Gianluca - decisi a combattere contro le ingiustizie che danneggiano i consumatori.
Più che multe l'antitrust potrebbe, in caso di "abusi" del gestore telefonico, sospendergli la licenza di telefonia ed obbligare a risarcire tutti gli utenti con una cifra minimo di 100€...La cosa forse avrebbe un impatto maggiore rispetto alle multe (probabilmente hanno convenienza a pagarle perché gli rende di più il loro "operato"). Anche perché le multe se le intasca l'antitrust ma gli utenti rimangono a bocca asciutta...
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