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lunedì 28 novembre 2005

Il mito del corpo perfetto

Mercoledì 16 novembre 2005 è stata inaugurata, a Roma, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, la seconda edizione del Master “Donna, cultura e società”, organizzato dall’Istituto di Studi Superiori sulla Donna.

L’incontro è stato aperto dal saluto introduttivo della direttrice del Master, Cristina Zucconi Galli Fonseca, Presidente dell’Istituto di Studi Superiori sulla Donna, che ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa, per riscoprire l’attualità dei valori femminili nel mondo di oggi.

Nella prima giornata sono intervenute Vincenza Mele, Ricercatrice dell’Istituto di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sul tema “La cura di sé: valutazioni etiche”, e Carolina Carriero, Docente Invitata presso la Pontificia Università Lateranense, che ha parlato dell’identità femminile dal punto di vista antropologico.

“La nostra cultura – ha spiegato Vincenza Mele – è permeata da miti che sostanziano il culto del corpo: il mito di una perfetta forma fisica, attraverso le immagini medianiche di corpi patinati e di uomini e donne ‘eternamente’ giovani e prestanti, e il mito dell’onnipotenza della medicina, secondo il quale ogni desiderio di benessere estetico-sociale deve essere accolto e realizzato.
La cura maniacale del corpo nasconde un vuoto di significato: il corpo si ritiene sostanzialmente ‘indegno’ di considerazione se non ‘a condizione’ di presentarsi in un ‘certo modo’ dal punto di vista dell’aspetto fisico.
Questo vuoto di senso, che paradossalmente si rende evidente nel tessuto culturale e sociale con una sorta di fissazione edonistica sul corpo, colpisce più il soggetto femminile di quello maschile, perché la donna ha un rapporto privilegiato con il ‘corpo’ ed è in qualche modo tenuta a rivolgere un’attenzione privilegiata ad esso.
Spetta, quindi, in modo del tutto speciale alla donna recuperare il significato del corpo, come espressione della cura di sé”.

Secondo Vincenza Mele “prendersi cura del proprio corpo, per ogni donna, non deve significare omologarsi a modelli che spesso appaiono surreali, quanto piuttosto cercare una forma di bellezza e salute che sia unicamente sua, speciale, irripetibile e non omologabile. Prendersi cura di sé non vuol dire rimuovere la consapevolezza della fragilità o dell’inevitabile deterioramento fisico del corpo, ricorrendo ad esempio al lifiting per cancellare i segni dell’età, ma, come dice Hillman, avere il coraggio di rimanere fedeli alla faccia dell’età, dove la psiche coerente diventa un’immagine”.

Carolina Carriero, Docente Invitata presso la Pontificia Università Lateranense, ha spiegato nel suo intervento al Master “Donna, cultura e società” dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum che “l'identità femminile, in prospettiva antropologica, è stata studiata a partire dal paradigma euristico della corporeità nella duplice valenza di apprezzamento del limite e di prospettiva escatologica. La riflessione femminile sull'esperienza della maternità, nel mondo greco come in quello cristiano, ha infatti ribaltato il disprezzo orfico del corpo in un ri-conoscimento del suo valore entro la gratitudine per la nascita. La corporeità del logos inaugura pertanto un pensiero che si dà pensiero per la vita, contro la crisi della filosofia contemporanea”.

Le iscrizioni al Master sono aperte fino al 30 novembre.

Per informazioni:
è possibile inviare una email: issdonna@upra.org.

Il Master Donna, Cultura e Società è stato organizzato sia dall'Università Europea di Roma, che dall'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, per cui sono previsti diversi requisiti di ammissione:

Per ogni altra informazione:

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