Ad un anno dal ritorno al Padre, voglio ricordare con semplicità
il servo di Dio Giovanni Paolo II,
con la certezza che egli ci assiste e ci benedice tutti,
sforzandoci di attualizzare la sua eredità:
"NON ABBIATE PAURA, SPALANCATE LE PORTE A CRISTO".
fra Leonardo Civitavecchia
così ho scritto il 4 Aprile 2005
Al “mio Papa” …al “mio Papà”…per dire Grazie!
Nel silenzio e nel raccoglimento vorrei continuare a ricordare il “mio Papa” Giovanni Paolo II. Non posso dimenticare quello che è stato per il mondo intero e mi auguro quello che dovrà essere per il proseguo di tutti noi: un’eredità che personalmente non potrò dimenticare.
Molte delle mie composizioni e in particolare il lavoro musicale “Nuovi con Te”, che propone in copertina la sua immagine accerchiato dai Giovani della GMG di Toronto, riprendono, per certi versi, il messaggio di tutto il suo pontificato. Ha detto in continuazione che essere cristiani significa diventare uomini veri, uomini nuovi con Cristo Gesù. Con la Croce di Gesù…con la nostra croce! E lo ha detto proprio a tutti, fino alla fine.
Molteplici i fatti che mi legano al “mio Papa” al “mio Papà”: il giorno dell’attentato, 13 Maggio 1981, mi trovavo in piazza San Pietro in gita con la parrocchia dopo aver ricevuto la prima comunione. Nel gennaio 2000, anno della mia Ordinazione Presbiterale e del Grande Giubileo dell’Incarnazione, esco con un Cd intitolato “…per dire Grazie!”, e a Maggio si reca dalla Vergine di Fatima per dire Grazie a Maria per la sua materna protezione.
Sempre nel 2000 a Marzo il grande viaggio del Papa in Terra Santa. Personalmente coi pellegrini mi reco a giugno nella Terra di Gesù, ad un mese dalla mia Ordinazione. E a Betlemme il grande dono: il frate sacrista come dono per la mia recente ordinazione mi fa indossare la casula che il Papa aveva indossato recandosi durante il suo pellegrinaggio al Santuario di Betlemme. Un dono-ricordo che non potrò dimenticare.
E l’ultimo episodio il 21 Aprile 2004, durante l’udienza Generale del Mercoledì. Ero sul Sagrato coi miei Genitori e quel giorno la grande gioia nel portare al Papa i miei lavori musicali.
Non trascorrono che pochi giorni e ricevo con gioia dalla Segreteria di Stato una lettera, dove affermava che il Sommo Pontefice era grato per il gesto, e mi esortava a tenere lo sguardo rivolto al Signore risorto, sorgente inesauribile di santità e di speranza, per contribuire alla costruzione della civiltà dell’amore e della pace. Mi impartiva la sua benedizione da estendere anche a quanti incontrerò nell’esercizio del Ministero.
In questo silenzio e con tanta nostalgia nel cuore chiedo a Lui che accompagni la vita di tutti noi con la Sua benedizione e ci aiuti a mettere in pratica il Vangelo che Lui ha vissuto e testimoniato con entusiasmo e con gioia fino alla fine. Grazie Grande Papa…Grande Papà.
Il Calvario di Giovanni Paolo II per riflettere e accettare il nostro calvario
Da una vita sportiva agli impedimenti fisici
Il Papa sportivo, che salì sul Santuario della Mentorella, a sud di Roma, a piedi, prima di entrare in Conclave, che andava a sciare appena poteva, che fino a non molto tempo fa compiva lunghe escursioni in montagna, spesso lasciando il Vaticano in gran segreto, è stato lentamente minato nel fisico prima da un tumore benigno, poi dal Parkinson e, infine, dai virus che hanno provocato il calvario degli ultimi mesi. Due ricoveri al Policlinico Gemelli in pochi giorni, con l'intervento di tracheotomia che gli ha tolto la possibilità definitiva di parlare, di far giungere il suo messaggio verbale. Ma è proprio in questa fase che il messaggio è giunto, invece, più forte, anche se più drammatico. È stato il messaggio di fede trasmesso dai suoi silenzi, dai suoi gesti, dalle furtive lacrime davanti alle televisioni di tutto il mondo, mentre i suoi messaggi venivano fatti leggere da altre voci. Il più toccante è stato quello del Venerdì Santo con la frase "il mio dolore perché si compia il disegno di Dio".
Mai il "calvario" è stato così palese negli ultimi anni di un Pontefice: Giovanni Paolo II ha voluto compiere fino in fondo la sua missione, rifiutando ogni possibilità di dimissione anticipata, impedendo ogni "balletto" attorno ai suoi impedimenti fisici. Egli è stato fino alle ultime ore Vicario di Cristo sulla terra: emozionando, commuovendo e toccando gli uomini dell'intero continente (dal sito di Rai International).
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