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sabato 1 luglio 2006

STATUTO SICILIANO? UN MEMENTO POSTREFERENDARIO AD USO ANCHE DEI NEOINSEDIATI ALL'ARS

MOVIMENTO PER L'INDIPENDENZA DELLA SICILIA
fondato nel 1943


- CUMUNICATU STAMPA -

STATUTO SICILIANO? UN MEMENTO POSTREFERENDARIO AD USO ANCHE DEI NEOINSEDIATI ALL'ARS

Il referendum confermativo costituzionale è stato, almeno per il momento, l'ultimo atto di una stagione elettorale ricca e confusa.

Nei fatti, una riforma costituzionale a dir poco perniciosa è stata scongiurata, anche con i voti indipendentisti del MIS che nell'occasione ha fatto il proprio ritorno diretto in campagna elettorale, ma il fatto va minuziosamente esaminato, anche alla luce delle dichiarazioni del dopo-voto.

Difatti le esternazioni trionfalistiche del centrosinistra non si sono fatte attendere, quasi il risultato fosse da leggere in senso prettamente politico. Mentre è evidente che ampie porzioni dell'elettorato di centrodestra hanno scelto il "no", e ciò nonostante l'ampia campagna tra il disinformativo ed il travisante. Certo, non possiamo (nonostante, come da noi indipendentisti ampiamente dimostrato, fosse una riforma di marca chiaramente bonapartista) che ammettere che parte del voto vincente fosse basata proprio sulla "paura secessione" che la presunta riforma "federalista" induceva in non pochi italiani.

Ma non in Sicilia: la mancanza di specifici interessi clientelari ha fatto sì che i sostenitori del "no" in quel 43,6% (oltre una ulteriore percentuale di non votanti) di votanti fossero voti liberi di assoluta protesta nei confronti del "Sistema Italia", che ha ridotto la Sicilia allo stremo.

I Siciliani, cui non interessano i bizantinismi costituzionali italici, chiedono dignità, vivibilità, libertà, e lo fanno consapevoli di avere una vera e propria Carta Costituzionale, lo Statuto Speciale, che garantisce loro ampia governabilità.

I Siciliani non credono in quanti sostengono la superfluità, o addirittura la dannosità, dell'Autonomia;
e sono sempre meno disposti a cogliere e seguire le campagne tricolori di italoassimilazionismo che soprattutto la sinistra ha proposto in tutti gli ultimi appuntamenti elettorali, dalle "politiche" al referendum passando per le "regionali".

Questo lo diciamo e sottolineiamo soprattutto a quanti oggi governano e "rappresentano" la Sicilia tanto a Palermo quanto a Roma: si parla di nuove riforme costituzionali in tempi brevi, ma bisogna tenere bene a mente una certa prassi, per il momento pressoché aliena al sistema politico italiano, sull'argomento.

Infatti, le modifiche costituzionali, salvo piccoli e circostanziati ammodernamenti che non stravolgano il senso della Carta, non possono essere fatti in forma di concertazione esclusiva fra i partiti rappresentati in parlamento o a colpi di maggioranza&referendum. È invece chiaro che, in assenza di una nuova, specifica, Assemblea Costituente, i partiti (che ai parlamenti di Palermo e Roma hanno avuto accesso superando o aggirando specifici sbarramenti percentuali) debbano aprire il dialogo con quelle forze politiche che scrissero la Costituzione Italiana. Fra quelle, c'era il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia.

Non si illudano la coalizioni esposte di poter eleggere ad interlocutore uno o più della miriade di movimenti "autonomisti" o "sicilianisti", spesso creati ad hoc, asserviti ad una delle coalizioni e privi di una reale partecipazione popolare: il MIS esiste, ed è sempre e comunque disponibile a fornire il proprio apporto pratico e di idee.

Ne tengano conto i deputati italiani, che verranno chiamati a votare una orribile riforma dello Statuto Speciale che, oltre a negare l'esistenza stessa del POPOLO SICILIANO, di fatto neutralizzerà le prerogative del Governo Siciliano e dell'Assemblea Regionale Siciliana; e ne tengano quindi conto i neodeputati della stessa ARS, ancora in tempo ad abrogare tale legge di proposta di riforma.

E ne tenga conto la "sinistra di governo", che nel vicino Regno di Spagna ha voluto e varato per la Catalunya uno Statuto che, seppur nella sua perfettibilità e nei suoi giri di parole, riconosce le potestà di autogoverno politico e economico della Nazione Catalana che come tale e riconosciuta.
Siano Prodi e soci un po' più "zapateristi", e invece di abrogare l'Autonomia Siciliana, la amplino, sempre tenendoci in conto come interlocutori (nel 1945/46 come oggi, giacché il MIS per conto della Sicilia e dei Siciliani fu il contrattore di quell'accordo di pace), quale gesto di lungimiranza e pacificazione dopo quasi un secolo e mezzo di dominazione coloniale, inganni ed assimilazionismo culturale.

Sarebbe un passo avanti per rendere migliore quella forzata convivenza che, prima o poi, finirà comunque con la dovuta e definitiva separazione tra Sicilia ed Italia.

Ma, se non questo, almeno provvedano a recuperare nella sua pienezza QUANTO C'È GIÀ: lo Statuto Speciale d'Autonomia, patto internazionale tra la Nazione Siciliana in armi (guidata dal MIS e dall'EVIS) e lo Stato Italiano, è un pezzo della Costituzione Italiana, mai realmente attuato, spesso disatteso, vilipeso, accantonato, mortificato da sentenze che rappresentano un vero crimine internazionale ai danni del Popolo Siciliano e della sua corte costituzionale, la "disattivata" Alta Corte.

In tal senso, alla sinistra basta far tesoro delle parole di un suo illustre e saggio esponente, Franco Giordano, segretario del PRC: «ci sono ancora parti della Costituzione da mettere in pratica».

Lo Statuto Speciale d'Autonomia, conquistato con il sangue dei martiri siciliani per l'indipendenza, è una di queste.

Catania, 1 giugnettu 2006

A cura dell'Ufficio Stampa, Comunicazione e Propaganda del M.I.S.


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