Questo è quanto si evince da un interessante studio sulla nuova scienza, a cui anche la rivista Focus ha prestato attenzione.
Nel 1980 uno dei primi rapporti sull'argomento fu Global 2000, documento sulla situazione planetaria voluto dall'allora Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, alla cui stesura contribuirono centinaia di esperti del WWF, dell’International Institute for Environment and Development, dell’Institute for World Order ed altre istituzioni di rilievo.
Tuttavia, provengono dalla IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell'ONU, i rapporti più importanti.
Dal primo rapporto del 1990 all'ultimo del 2001 la situazione climatica del pianeta è peggiorata e le colpe dell' uomo sono sempre più evidenti. Secondo gli studiosi del clima nel prossimo rapporto che uscirà nel 2007 saranno più marcate le responsabilità dell'uomo come causa principale del cambiamento climatico globale.
Gabriele Zanetto dell' Università Ca' Foscari di Venezia afferma: "Il problema maggiore è l'utilizzo delle risorse perchè l'uomo sfrutta ogni immensa quantità di energia fossile senza conoscere con precisione le conseguenze".
Una prima valutazione globale dello stato degli ecosistemi terrestri è sfociato nel Rapporto del Millenium ecosystem assessment nel 2005.
Il Millennium Ecosystem Assessment è la più ampia ed approfondita messa a punto delle conoscenze sinora acquisite sullo stato degli ecosistemi di tutto il mondo.
Il rapporto redatto, sostanzialmente avvalora le ipotesi dei profeti di sventura, nonostante risultino degli aspetti positivi nel risanamento dello strato di ozono, con la diminuzione nell'atmosfera dei Cfc (clorofluorocarburi - derivati soprattutto dalle fabbriche per produzione frigoriferi e propellenti), maggiori responsabili del macroinquinamento atmosferico; o l'aumento della superficie forestale nei paesi nordici. Ma al di la di queste buone notizie il resto desta preoccupazione.
Dal 1950 al 1980 l'uomo ha trasformato in terreno agricolo più superficie che nel periodo 1700 - 1850 e più di due terzi dei tre importanti ambienti terrestri, la foresta mediterranea, le praterie e le foreste temperate sono diventati coltivazioni.
La foresta pluviale è stata abbattuta di circa il 25% per essere adibito a terreno agricolo o al pascolo mentre il 40% ha interessato la foresta tropicale di conifere. Oltreciò, dal 10 al 30% delle specie di uccelli, mammiferi e anfibi sono minacciati di estinzione e un quarto delle zone di pesca marine è talmente sfruttato da essere sulla via del definitivo esaurimento.
Altro problema è l'approvvigionamento dell'acqua le cui conseguenze potrebbero dare adito a conflitti inevitabili anche se la produzione di cibo è più che raddoppiata dal 1960, andando però a scapito dei cosidetti servizi degli ecosistemi. Ovvero ciò che gli ecosistemi fanno per il loro e nostro vantaggio: la ripulitura dell'acqua (grazie ai filtri naturali costituiti dalle piante) e dell'aria (con la produzione di nuovo ossigeno), la stabilizzazione del suolo, la fornitura di legname e la creazione di un ambiente adatto agli animali selvatici... Secondo il rapporto, circa il 60% dei "servizi degli ecosistemi" sono degradati o utilizzati in modo non sostenibile.
Sono dati che vanno a confermare che il perdurare della situazione non avrà lunga vita, onde per cui, si cerca un nuovo approccio alla gestione del pianeta nella cosidetta "scienza della sostenibilità", da cui discende anche il concetto di sviluppo sostenibile, "soddisfare" cioè " i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i loro bisogni" recita il Rapporto redatto nel 1987 dal Primo ministro norvegese, signora Gro H. Bruntland, con altri studiosi per conto della Commissione mondiale Onu.
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