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domenica 31 dicembre 2006

Dopo un'esecuzione capitale...

Il senso della tolleranza.

Mi è stato chiesto di scrivere, la settimana scorsa, un articolo sulla tolleranza.
I miei tentativi di riflessione sull’argomento, le difficoltà tra le quali, viandante smarrito, mi aggiravo per individuare una strada, si sono scontrati ieri con la violenza della notizia dell’impiccagione di Saddam, decisa da una corte di giustizia.
Un silenzio profondo della mente è stata la conseguenza immediata, una disperata impossibilità a rispondere alle molteplici interrogazioni che questo episodio pone.
Spietatezza o follia? Giustizia o ingiustizia? Quali i confini che le separano? Affermazione di valori o spirito di vendetta? Tolleranza o tolleranza zero?
E le intuizioni e i ragionamenti sulla tolleranza, comunque faticosi, si sovrappongono, si mischiano tra loro una sorta di danza macabra all’interno della quale altri pensieri e altre nozioni si con-figurano e si im-pongono.
Da questa sarabanda infernale la scrittura deve riprendere su altre tracce, nello spazio esistente tra logico e illogico, luogo indicibile di elementi indecidibili: luogo che Derrida ha definito quello della "différance".
Tolleranza sopportazione superiorità libertà indifferenza bontà dovere etica legge giustizia castigo comprensione limite diversità estraneità follia, pensiero forte, pensiero debole. A ognuna di queste voci si lega un concetto, un sentimento una associazione che ben difficilmente si inquadrano entro i limiti di un discorso organico e organizzato sull’etica o sulla politica. E ai sostantivi si sovrappongono, in un ordine che non appartiene alla ragione, i nomi di chi nei secoli su questo problema si è interrogato e ha dato risposte.
Seneca Locke Voltaire Foucault, San Francesco Gesù Maometto Derrida Habermas, Popper Vattimo Eco Severino. E Giuliani, con la sua proposta di “tolleranza zero”.
Su questo potremmo iniziare a dibattere…

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