“Pazzo come Van Gogh” è il racconto di una fuga da un luogo, Lecce, ma anche l'allontanamento da un sistema, quello italiano. E' una storia che sputa sull'appartenenza perchè una società egoisticamente preordinata come quella italiana, specie nel meridione, non dà spazio per muoversi e realizzarsi, specie per meritocrazia. Da qui nasce il senso di precarietà e il disagio emotivo, sociale e intellettuale che spingono ad andare via e cercare altrove.
Wilem, il protagonista e l'Io narrante vive per l'appunto tutto questo. Lecce è una piccola cittadina di centomila abitanti in una puglia calda e assolata, accarezzata dallo Ionio e dall'Adriatico, e che rappresenta idealmente il luogo dell'immobilità dove la vita sta ferma come i marciapiedi, i giovani stazionano ai bar con la sigaretta in bocca, con la stessa espressione dei randagi che impestano il paese.
Wilem reagisce a tutto questo con un netto rifiuto. Sente di avere energia in corpo ma non sapere dove dirigerla e allora ne soffre. Prende allora la decisione di lasciare l'Italia e provare in Scandinavia, una realtà diammetralmente opposta da quella da cui proviene, popolata da un'umanità attaccata alla bottiglia, incapace di qualunque slancio emotivo se non spinto prima da qualche fresca sorsata di birra Ceres. Ma la quotidianità è fredda come il clima, e la solitudine è attaccata come una seconda pelle.
Qui fa la conoscenza con altri suoi 'simili', gente che ha lasciato la madreapatria per vari motivi e ora striscia ai margini della società scandinava che non condivide e allora reagisce consumandosi lentamente in saghe autodistruttive fatte di incontri (dis)umani, copule, dissennatezze varie in un campione umano in disfacimento e personaggi femminili ridotti a semplici oggetti di piacere in un’atmosfera discretamente pesante. Wilem avverte un senso di precarietà che gli fa intendere che tutte le cose della vita tendono verso il nulla.
Presto si stanca anche di questa situazione e parte per la Republica Ceca, dove all'inizio trova conforto nell'amore di una donna e un lavoro e tutto sembra andare per il meglio. Si presagisce un lieto fine, ma come per beffa del destino perde tutto. Lascio al lettore il piacere di scoprire come...
Ed ecco che diventa allora un viaggio a 360°, che ritorna al punto da cui Wilem era partito. Per certi versi il protagonista ricorda l'INETTO di Svevo, l'uomo vittima del destino e incapace di prendere decisioni. A differenza di quest'ultimo Wilem non mostra segni di vigliaccheria, anzi non rimane immobile davanti al fato, non subisce la cronologia degli eventi passivamente, reagisce e si gioca tutto per cambiare la sua sorte, una roulette russa dove invece di una rivoltella si usa un'automatica e il colpo alle tempie è sicuro.
Ci troviamo di fronte alla parabola della vita umana, alla grande beffa, la storia dell'uomo che lotta per realizzare qualcosa, e poi non va mai come si spera. Proprio così, ognuno di noi dà il meglio di sé e alla fine prende solo quello che viene.
Per quanto riguarda lo stile, troviamo una scrittura asciutta, cruda, incalzante, una scrittura che desse schiaffi, perchè anche la vita gli dà.
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