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lunedì 19 febbraio 2007

La fotografia come viaggio intrapsichico

Strumento di espressione artistica e mezzo di comunicazione, la fotografia ha completamente rivoluzionato il modo di conservare e archiviare la storia, al punto che oggi molti avvenimenti, così come molti personaggi, rimangono legati al ricordo comune di una singola immagine.

Attraverso la fotografia è stato possibile, per la prima volta, rivivere e ricordare il passato per mezzo di una riproduzione icastica, cioè fedele al vero, superando i limiti della parola scritta e della pittura.

Tale passato è diventato credibile come lo si fosse vissuto in prima persona e l’immagine fotografica si è tramutata, in questo modo, in una forma di memoria collettiva.
Lo scatto fotografico, infatti, ferma l’istante e lo immortala contrastando l’ineluttabilità del tempo.

I paesaggi, i campi, i tramonti sul mare si trasformano, agli occhi di chi li osserva, in serenità, malinconia, nostalgia, poesia, meditazione.
Perché la fotografia è anche questo!
Un’arte che induce una riflessione interiore, un viaggio intrapsichico nella sua immensa e intricata semplicità.

Sarebbe quindi riduttivo relegare quest’arte alla semplice tecnica fotografica.
Deve tuttalpiù considerarsi strumento evocativo dell’immaginario o del reale.

Il significato che si da ad una fotografia, infatti, è soggetto alle singole individualità, vale a dire a come ognuno vive quella determinata visione da cui possono scaturire dieci, cento, mille, infinite storie.

La fotografia, quindi, è pensiero pensante che raccoglie i sensi di chi scatta e coinvolge l’osservatore che può così godere e servirsi dell’evento reale, filtrato dall’occhio del fotografo che l’ha immortalato.

Ogni immagine, abbiamo visto, è una storia.
Ogni immagine è una visione sia del fotografo che dell’osservatore.
Un binomio indissolubile che rende grande ed alternativa l’arte fotografica.
Colui che scatta è interprete di una storia che seziona al fine di trovarne il particolare.
L’osservatore, quindi, afferra l’immagine, la guarda, la comprende e a sua volta la interpreta “ex novo”.

Anche quando dovesse allontanarsi dalla visione soggettiva del fotografo, lo spettatore è comunque autore di un’interpretazione altrettanto vera.

La fotografia assurge a linguaggio, narrante un racconto che è insieme memoria e storia di un’arte a lungo considerata minore.

E allora immagino un tavolo con decine di fotografie sparse.
Nessuna è più vecchia dell’altra.
Paesaggi anche lontani sono “hic et nunc”, qui ed ora, per me, per noi.
Pur essendo iscritte nel tempo esse non sono scalfite dal tempo.
E rappresentano un frammento di memoria contro la totale dimenticanza, testimonianza dell’unicità dell’attimo contro la perdita di ogni ricordo.

Espressione viva contro l’oblio.

Emanuela Riccardi

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