Per la prima volta si è parlato di Africa senza partire da un’emergenza. Se ne è discusso nel corso del convegno/dibatto "L’Africa in pista", promosso dal VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo e dall’Assessorato comunale alle Politiche Giovanili, ai rapporti con le Università e alla Sicurezza, con il patrocinio del Comune di Roma, che si è tenuto presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio alla presenza di relatori esperti del complesso mondo africano: Jean Léonard Touadi, giornalista e assessore capitolino, Lucio Caracciolo, Direttore della rivista LIMES, Luciano Scalettari, inviato del settimanale Famiglia Cristiana e Antonio Raimondi, Presidente del VIS .
L’incontro, i cui interventi hanno preso spunto dall’ultimo libro dell’assessore Touadi "L’Africa in pista" edito da SEI, ha toccato temi scottanti e attualissimi: dai grandi problemi strutturali africani, alla cooperazione internazionale, al rapporto del Continente con il resto del mondo e in particolare con l’Europa.
"Nel 1967 Paolo VI, nell’enciclica Populorum Progressio, poneva l’accento sul divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri. – ha dichiarato Antonio Raimondi - In quaranta anni questo divario si è quadruplicato e l’aspettativa di vita degli africani è diminuita sensibilmente. Questo ci fa riflettere su quanto sia stata fallimentare la cooperazione internazionale sino ad oggi. Perciò occorre ripensare alla cooperazione in chiave non più episodica ma sistematica e, abbandonando l’approccio di tipo colonialista, occorre ridare valore profondo a tutto il Continente africano, da cui l’Europa non può prescindere, per dare il via ad uno scambio reciproco. Ci dobbiamo rendere conto che l’Africa è davvero ‘in pista’ e deve partecipare a pieno titolo alla partita globale, perché senza di lei non andremmo lontano."
"E’ importante far capire ai giovani che l’Africa non è un mondo a parte: l’Africa siamo noi. – ha aggiunto l’assessore Touadi - L’Africa è il luogo dove le scimmie antropomorfe sono diventate homo sapiens; è il luogo arcaico dove si trovano le nostre origini primigenie: questo è il vero mal d’Africa che ognuno di noi si porta dentro. Se tutto questo è vero non si comprende perché questo mondo che ci appartiene non trovi spazio nell’agenda delle priorità planetarie."
Eppure in Africa sono tanti i nodi da sciogliere: "a partire dalla salute, emergenza che sta diventando una delle grandi promesse mancate. – ha sostenuto Luciano Scalettari – Non esiste ricerca per le malattie endemiche; i farmaci non si trovano o sono reperibili soltanto a costi esorbitanti. Altri problemi da risolvere sono legati al clima, all’ambiente, alla desertificazione che rende il territorio inabitabile, spingendo alla fuga intere popolazioni. Tuttavia ancora oggi non sono stati posti in essere interventi per arginare questo processo. E poi ancora il debito estero dell’Africa, alimentato dalla presenza della Cina che con grande capacità di penetrazione sul territorio africano, in cambio di energia e materie prime sta fornendo infrastrutture e finanziamenti. Apparentemente questo processo può essere letto come contributo, in realtà si tratta di fornitura di opere che non lasciano nulla. Quando l’appalto è portato a termine con l’impiego di manodopera cinese, non resta alcun tipo di valore aggiunto per le popolazioni africane se non l’opera finita: nessuna conoscenza aggiuntiva, nessun nuovo sapere, nessuna professionalità acquisita, né nuova occupazione."
Anche per Lucio Caracciolo "senza Africa non si va molto lontano. Noi siamo stati abituati a considerare gli Stati africani come il prodotto del colonialismo e decolonialismo europeo. In parte è così, ma in alcuni casi questi Stati stanno assumendo una loro consistenza geopolitica, si stanno riappropriando della loro identità. L’Africa è uno dei terreni geopolitici e umani più interessanti. E se noi, oggi, non consideriamo l’Africa come componente delle dinamiche geopolitiche mondiali allora non capiamo l’Africa, ma nemmeno il mondo".
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