
NEW YORK - Applausi a scena aperta, risate, ragazze che ballano al ritmo della musica, un'ovazione finale di quattro minuti (prima del bis). Nella città più multietnica del mondo non poteva andare meglio di così; per l'Orchestra di Piazza Vittorio, il gruppo musicale di immigranti "inventato" da Mario Tronco, la tappa di New York é stato un vero trionfo.
L'Orchestra é arrivata al seguito del film-documentario di Agostino Ferrente, selezionato per il Festival di Tribeca di Robert De Niro e l'accoppiata film-musica ha convinto anche i critici. "If in the mood for a feel-good film, your search stops here", ha scritto il New York Daily News, e il passaparola ha fatto il resto.
Sabato sera centinaia e centinaia di persone erano in fila su Spruce Street quasi fino a City Hall, sotto il ponte di Brooklyn, più di un'ora prima che venissero aperti i cancelli dell'auditorium-teatro della Pace University, il più grande locale del Lower East Side. Gente di ogni età e di ogni razza che ha aspettato pazientemente per la gioia dei tre ambulanti arabi che vendevano bottigliette d'acqua a un dollaro l'una.
Pochi minuti di presentazione, la rappresentante di Tribeca che definisce la serata "uno degli eventi più attesi" del festival, Tronco e Ferrente che improvvisano qualche frase in inglese, ricordano le difficoltà iniziali, l'orgoglio e la felicità per quello che hanno saputo costruire: "Quando abbiamo iniziato non avremmo mai pensato di arrivare fino a New York".
Poi, spente le luci, inizia il film. Le scene più divertenti vengono sottolineate da applausi, la colonna sonora invita ai battimani ritmati, il pubblico sembra appassionarsi a questa storia di immigrazione e musica in una Roma così diversa da quella delle cartoline e dei turisti. In platea (e galleria) il novanta per cento sono americani, ma visto che siamo a New York oltre all'inglese non mancano i commenti in spagnolo, in qualche dialetto indiano, in arabo.
Poi, spente le luci, inizia il film. Le scene più divertenti vengono sottolineate da applausi, la colonna sonora invita ai battimani ritmati, il pubblico sembra appassionarsi a questa storia di immigrazione e musica in una Roma così diversa da quella delle cartoline e dei turisti. In platea (e galleria) il novanta per cento sono americani, ma visto che siamo a New York oltre all'inglese non mancano i commenti in spagnolo, in qualche dialetto indiano, in arabo.
Il documentario finisce, le luci si riaccendono e sul palco arrivano i musicisti. Agostino Ferrente spiega che per qualcuno (gli indiani) il visto non é arrivato, che per altri (i cubani, i tunisini) ottenere l'ingresso negli Stati Uniti non é stato affatto semplice, ringrazia Tribeca (e la Regione Lazio) poi lascia spazio al concerto. Nuovi applausi a scena aperta per Mario Tronco quando presenta i musicisti. Qualcuno, grazie al film appena terminato, é già diventato un beniamino del pubblico: come la "voce" tunisina Houcine Hataa, quella di Carlos Piaz, l'ecuadoregno che canta "senza parole", come il senegalese "Kaw" Sissoko o la tromba cubana di Omar Lopez Valle il cui "Vagabondo Soy" chiude la serata. Tutte le canzoni vengo ritmate dal pubblico in un crescendo assordante, alla fine diversi minuti di applausi e un bis che - già passata la mezzanotte - chiude l'evento.
Agostino Ferrente sprizza gioia, confida con orgoglio di essere stato avvicinato da un rappresentante della Mgm che vuole portare "subito" il film (e i musicisti) a Los Angeles, proprio adesso che devono andare in tour in Argentina.
Mgm o no, la tappa americana é stata un successo. A New York è raro che spettacoli italiani abbiano un impatto tanto felice ma al Tribeca di quest'anno tutto sembra essere andato per il meglio ai rappresentanti del nostro paese; oltre all'Orchestra di Piazza Vittorio grande riconoscimento del pubblico newyorchese per il Napoleone di Virzí e per "Nuovomondo" di Crialese (anche per loro lunghe file e posti introvabili) e per quel divertente "mocumentary" che racconta la "vera leggenda" di Tony Vilar, cantante italiano famoso nell'Argentina degli Anni Cinquanta che oggi vende macchine usate nel Bronx.
Fonte: Repubblica.it
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