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sabato 11 agosto 2007

Travolta: 30 anni di "Febbre del sabato sera"

Trent'anni di Febbre, Travolta: "Io, il sogno della classe operaia"

Il 13 agosto a New York festa di compleanno per "Saturday Night Fever"
Icona degli anni Settanta. Ce ne parla il protagonista
di SILVIA BIZIO


 Trent'anni di Febbre, Travolta: LOS ANGELES - Trent'anni da La febbre del sabato sera. Il leggendario film di John Badham con John Travolta che uscì nel dicembre 1977 e segnò un'epoca, l'era della disco music e del riflusso, verrà festeggiato a New York il 13 agosto. All'Academy Theater, in una serata organizzata dall'Academy of Motion Picture Arts and Science, verrà proiettato il film sul quale, al termine saranno chiamati a intervenire alcuni attori e artefici del cast tecnico. Non ci saranno i superstiti Bee Gees, autori della storica colonna sonora, e non ci sarà John Travolta, indimenticabile nelle vesti dell'operaio Tony Manero re delle discoteche, attualmente nei cinema con Hairspray, un'altra commedia musicale in cui si muove con la leggerezza di un Fred Astaire, in barba ai suoi 53 anni e ai panni femminili che indossa. Lo abbiamo incontrato a Los Angeles.

John, come ricorda a 30 anni di distanza La febbre del sabato sera?
"Con l'affettuosa riconoscenza per avermi fatto conoscere all'intero pianeta. Ha creato e modellato la mia carriera. Ed era giusto che fosse così, perché io ho il musical nelle vene, anzi, nel Dna".

Più che il mestiere dell'attore?
"Certo. Già quando avevo quattro anni ballavo, cantavo e recitavo, ispirato soprattutto da mia madre, Helen, attrice part-time e insegnante di recitazione. A sei anni presi lezione di tip-tap dal fratello di Gene Kelly, Fred. A 12 debuttai in teatro. A 16 abbandonai la scuola per unirmi a una compagnia di teatro di repertorio. Debuttai a Broadway nel 1974 col musical Over Here! con le Sorelle Andrews".

La febbre del sabato sera divenne il simbolo di un'epoca.
"Finì per rappresentare l'identità degli anni '70, ed esercitò forti suggestioni in tutto il mondo. Quello era un decennio che non sapeva come definirsi: ci pensò il nostro film con la sua rabbia e la carica, anche sexy, del sogno della classe operaia. Di cui mi considero un degno frutto".

A quel film seguì Grease, il musical di maggior successo commerciale di tutti i tempi. Ha avuto paura a cimentarsi di nuovo in questo genere dopo 30 anni?
"Molti. Ci ho messo più di un anno prima di decidermi e dire sì a Hairspray. Ci tenevo a non rovinare la reputazione che mi ero costruito con Grease. Ma, come ho sempre detto, i migliori personaggi dei musical sono quelli femminili. Per questo ho rifiutato la parte andata poi a Richard Gere in Chicago. Ho fatto male, ma non sono uno che si rode nel pentimento".

Come affrontò l'improvvisa e clamorosa fama che le portò La febbre?
"Con immensa gioia. Sentivo che il pubblico mi amava. Ricordo che dopo quel film e Grease, ovunque mi chiedevano di ballare. A una festa in onore di Frank Sinatra, Sean Connery mi chiese di ballare con lui: e non puoi dire di no a James Bond. Anni dopo, nel 1985, la Principessa Diana mi chiese di ballare con lei nel corso di un gala alla Casa Bianca, al tempo di Reagan. La First Lady Nancy fece da trait-d'union. Venivo da un periodo nero nella mia carriera, ma il fatto di aver ballato con Diana, e lo scalpore che seguì, mi fece resuscitare. Qualcuno era di nuovo interessato a John Travolta".


Origine: Repubblica

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