Link a pagamento, pay for inclusion, contextual advertising. Per un’azienda che scelga i motori di ricerca come veicolo pubblicitario le soluzioni non mancano.
Negli ultimi anni i motori di ricerca hanno assunto sempre maggior importanza, non solo come veicolo di informazioni per gli utenti ma anche come strumento di promozione aziendale. Tra i colossi del Web è in corso una vera e propria sfida per conquistare questo mercato.
Primo servizio Internet al mondo per uso (e utilità), la visibilità nelle pagine dei vari motori è considerata, giustamente, dalle aziende la maggior chance di successo in Rete. Per questo la lotta per il predominio del mercato si fa sempre più serrata, con due attori, Google e Yahoo!, più impegnati degli altri. Le novità nell’ultimo anno non sono mancate.
Sul fronte aziendale, Yahoo! ha rafforzato il gruppo con l’acquisizione di Inktomi e Overture. Google ha scelto la strada della quotazione in borsa per incamerare nuove risorse da destinare alla crescita. MSN sta testando un nuovo motore proprietario. E le novità sul fronte dei servizi non mancano.
Pagare per esserci
Intanto, per quanto riguarda il paid inclusion bisogna registrare l’annuncio di AskJevees di voler dismettere il proprio servizio. Yahoo!, invece, lo mantiene. Con questa formula, in sostanza, le aziende possono avere la certezza di un’immediato inserimento nei risultati delle ricerche. Naturalmente, per fare questo devono pagare una somma fissa ad inserimento più una somma variabile per ogni visita effettivamente avvenuta (pay per click).Una soluzione controversa
Questa tipologia d’inserimento è soggetta a molte critiche da parte dei commentatori d’OltreOceano. Intanto, la commissione americana per il controllo del mercato si è già pronunciata diverse volte sulla necessità di mantenere chiaramente distinti i risultati reali delle ricerche dalle infiltrazioni pubblicitarie non segnalate. Inoltre, il servizio per le aziende rischia di trasformarsi in un boomerang. I costi sono notevoli e la componente del pay per click potrebbe essere addirittura controproducente: se l’azienda è posizionata in alto nel pagerank (anche se a dire il vero, per la posizione non si ha alcuna garanzia nel contratto) potrebbe ricivere molte visite “disinteressate”. Un costo senza grandi ritorni, dunque. Infine, se l’azienda deve comunque pagare per essere presente, senza effettive garanzie di posizionamento, allora perché non cercare piuttosto la strada (più certa in termini di visibilità) del link a pagamento?Tutti verso il contextual advertising
La formula vincente dell’ultimo anno, però, si è rivelata quella del contextual advertising, che si arricchisce continuamente di nuove proposte da parte di Google. Il servizio rientra nella tipologia del keyword advertising. Le aziende possono vedere comparire il loro link non sulla pagina della ricerca, ma direttamente sul sito affiliato al motore (non sono richiesti particolari requisiti) che l’utente va a visitare, ovviamente se vi è corrispondenza tra le parole chiave "comprate" e il testo presente nel sito. Il pagamento avviene sulla base del pay per click.Due diverse filosofie e alcune novità
Molte le tipologie di questo servizio. Alcune (di società minori per il mercato italiano) prevedono che, invece del link nella pagina, si apra direttamente una finestra sul desktop utente. Gli altri, che si limitano ai link nelle pagine del sito, sembrano però più efficaci, perché meno intrusive e perché non necessitano del preventivo assenso degli utenti. Tra i servizi più importanti bisogna sicuramente ricordare AdSense di Google e Content Match di Overture. Ora, da Google arrivano una serie di novità anche su questo versante. Intanto, la possibilità di visualizzare il proprio link anche attraverso banner grafici. Quindi, di abbinarlo a e-mail e newsletter oltre che a siti Internet, arrivando dunque direttamente nella casella della posta degli utenti.Link a pagamento
Tra le varie nuove tipologie emerse, resistono e sono ancora la più normale formula di promozione sui motori i link a pagamento. Le aziende, in base alle parole chiave prescelte, possono comparire nelle pagine dei risultati di qualsiasi ricerca, in uno spazio a loro appositamente destinato. Il sistema sembra funzionare perché garantisce alta visibilità, ha costi relativamente contenuti (solo pay per click), non è intrusiva. Anche se il contextual advertising è in forte ascesa, i link a pagamento sono ancora il principale strumento di marketing sui motori: gli esperti prevedono che nel giro di un anno il costo medio di pay per click (poco meno di 50 centesimi ora) possa raddoppiare. La pubblicità online è in continuo cambiamento, e la sua vivacità promette di generare interessanti volumi nei prossimi anni. Ma, volenti o nolenti, la fetta più grande passerà per i motori di ricerca.Verso un cambiamento di rotta?
In questi ultimi mesi, nei dibattiti sul marketing nei motori di ricerca si osservano sempre più spesso delle critiche verso il modello del pay per click. Il tentativo in atto è quello di spostarsi dal cost per click ad altre formule in cui si abbiano maggiori risultati.Tipicamente, le alternative sono il cost per action, il cost per lead e il cost per sale. Il primo prevede che il pagamento avvenga soltanto se oltre alla visita, l’utente compie anche un’altra azione (iscriversi a una newsletter, per esempio). Il secondo riguarda la raccolta dati degli utenti, e il prezzo viene pagato esclusivamente se il visitatore compila un questionario online. Infine, il terzo assicura il pagamento solo nel caso in cui avvenga un’effetiva vendita di bene o servizio. Semplificando un po’, il limite di queste proposte è subito evidente: si sposta il rischio d’impresa dal venditore a chi pubblica la pubblicità. È un po’ come se si pretendesse di pagare un giornale soltanto in base alle effettive telefonate ricevute dopo aver pubblicato un’inserzione. Insomma, si tratta di un modello difficilmente proponibile.
Un futuro da decifrare
Tutte le strade, però, sono percorrebili e – in questo momento – si stanno effettivamente percorrendo. Rappresentano la strategia giusta per un’impresa? Difficile dirlo. Sicuramente, il livello della pubblicità online, almeno in Italia, può crescere ancora di molto, e anche molto in fretta. Nuove opportunità sono all’orizzonte sia per le aziende che vogliono promuoversi sia per chi vuole ospitare pubblicità. I motori di ricerca sono centrali in questa sfida, e lo saranno sempre più in futuro. Resta poi da capire la cosa più importante: che cosa fanno veramente gli utenti/clienti.http://www.shinynews.it
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