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domenica 16 dicembre 2007

Il tradimento rosso

 POLITICA


IL TRADIMENTO "ROSSO"
 

Premetto che il sottoscritto è rimasto sostanzialmente fermo e coerente rispetto alle proprie posizioni, pur aggiornandosi costantemente e criticamente.

Casomai sono altri che si sono distaccati progressivamente dalle opzioni originarie. Mi riferisco ai fatti concreti, a parte le facili dichiarazioni di circostanza. A parte i principi e le parole d'ordine, sempre utili e convenienti in campagna elettorale o nelle manifestazioni di piazza, quando occorre mobilitare le masse e soprattutto ingannare la buona fede di centinaia di migliaia di militanti, studenti, donne, operai, pacifisti convinti, ecc. Vogliamo dunque parlare di fatti reali, visto che in politica contano prevalentemente questi, e non le chiacchiere? Vogliamo tentare di ridurre a sintesi e valutare con obiettività l'intera esperienza governativa del PRC? Il bilancio complessivo è positivo o negativo? Credo che non basti un articolo per sviluppare in modo esauriente un simile ragionamento politico. Comunque, voglio provarci ugualmente. Non vorrei risalire troppo indietro nel tempo, ma sarebbe opportuno un rapido accenno alla famosa opzione "non-violenta" del partito, voluta e caldeggiata da Fausto Bertinotti, da cui prese l'avvio un ambiguo percorso (tutt'altro che lineare!) che, dopo le scelte coraggiose del passato, dal 1998 al 2001, dalla caduta del primo governo Prodi al sostegno dato alle battaglie del movimento no global, attraverso ondeggiamenti, ripensamenti, danze e movimenti serpentini, è approdato alla risoluzione governista, sancita nell'ultimo congresso nazionale. Il PRC ha contribuito all'elaborazione di un programma elettorale approvato e sottoscritto da tutte le forze dell'Unione, esibito come un patto da siglare con gli elettori. L'accordo conteneva una serie di punti che provo a compendiare come segue:

AUTHORITY PER IL CONFLITTO DI INTERESSI - Il centrosinistra si proponeva di colmare una lacuna, adeguando l'ordinamento italiano a quello di altre grandi democrazie occidentali. E gli strumenti individuati erano:  la revisione del regime delle incompatibilità, l'istituzione di una apposita autorità garante, l'obbligo di conferire le attività patrimoniali a un blind trust.

LEGGE ANTITRUST - Tra le priorità dell'Italia, secondo l'Unione, c'era quella di una legge antitrust che disciplinasse orizzontalmente o verticalmente gli interessi nelle televisioni, telecomunicazioni, stampa, nuovi media e contribuisse a ricreare il mercato superando l'attuale duopolio.

COPPIE GAY E UNIONI DI FATTO (I famosi Pacs, poi Di. co.) - La bozza proponeva di riconoscere giuridicamente le unioni gay e le unioni di fatto in generale, quale forma di relazione capace di assicurare prerogative e facoltà e di garantire reciprocità nei diritti e nei doveri: era quanto prevedeva il programma dell'Unione.

SISTEMA ELETTORALE - C'era solo un breve accenno alla legge elettorale e non si parlava di ritorno al maggioritario, come più volte si era detto, ma solo di un sistema elettorale che consentisse una scelta chiara e consapevole, e assicurasse insieme la rappresentanza e la governabilità. Quindi, si assicurava che il centrosinistra non avrebbe proceduto a colpi di maggioranza. Infatti, si affermava: Non seguiremo l'esempio del centrodestra imponendo un 'nostro' sistema elettorale, ma lavoreremo per un sistema elettorale che assicuri tutti questi valori. Infine, il centrosinistra puntava a rendere omogenei i sistemi elettorali delle diverse Regioni.

IMMIGRAZIONE - In tema di immigrazione l'Unione chiedeva di abolire la legge Bossi-Fini sull'immigrazione, di concedere il diritto di voto alle elezioni amministrative, e il superamento dei Centri di Permanenza Temporanea (i famigerati CPT). Anche se si leggeva nel testo "occorre approntare strumenti efficaci per assicurare l'identificazione degli immigrati e il rimpatrio di quanti vengono  legittimamente espulsi. Inoltre, dobbiamo introdurre il diritto di voto alle elezioni amministrative - sottolineava l'accordo dell'Unione - dopo un congruo numero di anni di residenza, riformare la legge sulla cittadinanza, riducendo il tempo necessario per l'acquisizione e rendendo espliciti e ben definitivi i requisiti per la naturalizzazione. Il percorso legislativo che immaginiamo - proseguiva il testo della proposta elettorale - passa per l'abrogazione della legge Bossi-Fini, per una politica degli ingressi, per la regolamentazione organica del diritto di asilo, per il diritto di voto alle elezioni amministrative, per la modifica delle regole in tema di acquisizione della cittadinanza, per una legge a tutela della libertà religiosa e di culto."

DISTRETTO CULTURALE - Per la rinascita culturale dell'Italia l'Unione intendeva dar vita al "distretto culturale", lo strumento più proprio per realizzare interventi sistemici, uno strumento per tenere insieme tutti i soggetti che possono fare sistema sul territorio marcandone la fisionomia e la crescita: dal museo alla biblioteca, all'impresa artigiana, all'Università, all'editoria, alla multimedialità.

EUROPA - L'Unione sosteneva l'ingresso di "Romania e Bulgaria" nell'UE. Inoltre, si leggeva nel testo, "salutiamo con favore l'avvio dei negoziati per l'adesione della Turchia", a patto che Ankara compia le "necessarie riforme" in modo da "corrispondere ai criteri di Copenaghen".

RITIRO DALL'IRAQ - "Se vinceremo le elezioni - si affermava nella bozza del programma - , immediatamente proporremo al Parlamento italiano il rientro dei nostri soldati, definendone, anche in consultazione con le autorità irachene, le modalità affinchè le condizioni di sicurezza siano garantite."

Un altro punto estremamente importante concerneva:

 LA LEGGE 30 E IL PRECARIATO (A proposito di morti sul lavoro, vale la pena di ricordare che questi non dipendono solo dall'applicazione e dal rigore dei controlli ispettivi e dalle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro in base alla normativa prevista dalla 626, ma soprattutto dalle tipologie di contratto infami che favoriscono e inaspriscono l'orario e i turni di lavoro, la violazione delle regole, insomma le condizioni di sfruttamento e repressione dei lavoratori) - A riguardo il centrosinistra puntava a superare la legge 30 e le forme più precarizzanti introdotte dal centrodestra. Si diceva: se Romano Prodi vincerà le elezioni, aspettiamoci l'abolizione del lavoro a chiamata, dello staff leasing e del contratto d'inserimento così come previsto dalla "legge Maroni".  A pagina 162 del programma si poteva leggere: "per noi la forma normale di occupazione è il lavoro a tempo indeterminato, perché riteniamo che tutte le persone devono potersi costruirsi (sic!) una prospettiva di vita e di lavoro serena". "In tal senso - prosegue il testo del programma -, crediamo che il lavoro flessibile non possa costare meno di quello stabile e che tutte le tipologie contrattuali a termine debbano essere motivate sulla base di un oggettivo carattere temporaneo delle prestazioni richieste e che non debbano superare una soglia dell'occupazione complessiva dell'impresa". Di conseguenza l'Unione proponeva la "reintroduzione del credito di imposta a favore delle imprese che assumono a tempo indeterminato". Per quanto riguarda il lavoro a progetto (gli ex co. co. co.), Prodi lo voleva "sottoposto alle regole dei diritti definite dalla contrattazione collettiva" e puntava ad eliminarne "l'utilizzo distorto". Fondamentale, inoltre, l'armonizzazione dei contributi sociali. "In particolare - si leggeva -, occorre garantire una relazione tra versamenti e prestazioni e prevedere che l'innalzamento dei contributi non sia totalmente a carico di questi lavoratori. Ci impegniamo ad adottare iniziative di carattere legislativo per rendere certi i percorsi di stabilizzazione del lavoro e per monitorare la formazione professionale al fine di scongiurare abusi e distorsioni nell'attuazione degli istituti contrattuali".

E via discorrendo… Mi fermo qui per non appesantire troppo il ragionamento sulle proposte programmatiche dell'Unione. Penso che gli argomenti illustrati siano più che sufficienti a fornire un'immagine e un volto ben definito circa la portata e l'ispirazione "progressista e riformista" (almeno questa era l'intenzione teorica) degli impegni assunti dal governo nei confronti degli elettori attraverso il programma. Pertanto, mi/vi domando: quali di queste promesse sono state realizzate e quali invece sono state tradite e disattese? Consegno a voi la sentenza, che non è affatto ardua.

Venendo, dunque, alla verifica dei risultati concreti:

- sorvolo su taluni aspetti e momenti del governo Prodi che sono stati quantomeno discutibili, su alcune scelte che, alla prova dei fatti, si sono rivelate non solo fallimentari ma controproducenti quali, ad esempio, il provvedimento dell'indulto;

- sorvolo, per non annoiare troppo il lettore, sul tema, non secondario, delle pensioni e dell'accordo (infame) sul Welfare, che in realtà sancisce lo smantellamento del Welfare stesso, ossia dello Stato sociale, delle tutele e delle conquiste dei lavoratori;

- sorvolo su altre questioni tuttora irrisolte e controverse, che richiederebbero un adeguato spazio di riflessione politica; lascio perciò a voi la possibilità di giudicare serenamente i fatti, pensando anche alle dichiarazioni di Fausto Bertinotti, contenute nella ormai famosa intervista rilasciata a Massimo Giannini su Repubblica del 4 dicembre scorso: "Dobbiamo prenderne atto: questo centro sinistra ha fallito. La grande ambizione con la quale avevamo costruito l'Unione non si è realizzata...". "Un governo nuovo, riformatore, capace di rappresentare una drastica alternativa a Berlusconi, e di stabilire un rapporto profondo con la società e con i movimenti, a partire dai grandi temi della disuguaglianza, del lavoro, dei diritti delle persone: ecco, questo progetto non si è realizzato. Già questo ha creato un forte disagio a sinistra. Poi si sono verificati fatti che lo hanno acuito. Ne potrei citare centomila...". Risultato: "Abbiamo un governo che sopravvive, fa anche cose difendibili, ma che lentamente ha alimentato le tensioni e accresciuto le distanze dal popolo e dalle forze della sinistra".

Francamente non mi interessano le motivazioni reali che hanno indotto Bertinotti a questa sorta di "riposizionamento" strategico-politico, non voglio essere malpensante e malizioso, se non addirittura maligno. Comunque, una frase in particolare di Fausto Bertinotti riassume efficacemente il punto di arrivo a cui il mio lungo ragionamento intendeva approdare: le distanze dal popolo e dalle forze della sinistra, di cui anche il sottoscritto fa parte, benché non sia più iscritto da tempo al PRC. Nondimeno, credo che sia necessario sviluppare alcune considerazioni, anche a costo di tediarvi a morte (preferisco non essere letto che esserlo da persone troppo precipitose e superficiali), per cui faccio un lungo balzo a ritroso nel tempo, risalendo ad un periodo estremamente drammatico che non ha (apparentemente) nulla a che vedere con la vile e grottesca commedia esibita dalle attuali forze politiche italiane. Mi riferisco ai mesi che precedettero lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914, da cui scaturì, tre anni dopo, uno dei più grandi avvenimenti della storia universale: la Rivoluzione d'ottobre. Si riunì a Zimmerwald, in Svizzera, il Congresso della Seconda Internazionale (la Prima Internazionale dei lavoratori, fondata nel 1864, fu guidata da Marx fino allo scioglimento nel 1876: il culmine di tale associazione fu raggiunto in occasione della Comune di Parigi nel 1871, una straordinaria esperienza rivoluzionaria stroncata nel sangue) e, in nome dell'internazionalismo proletario, i vari partiti aderenti (i maggiori erano quelli dei paesi a capitalismo avanzato, in modo particolare la socialdemocrazia tedesca) giurarono di opporsi all'imminente macelleria sociale (carne da macello non sarebbero stati i "borghesi" che avrebbero scatenato il conflitto, bensì i lavoratori). Tra i canti dell'Internazionale socialista, le bandiere rosse, la retorica dei discorsi altisonanti, gli abbracci fraterni e calorosi, le lacrime (di coccodrillo) di coloro che affermavano con enfasi di rappresentare gli oppressi della Terra, si chiuse il Congresso elvetico della seconda Internazionale. Al rientro nelle rispettive "patrie", la stragrande maggioranza di questi ignobili rappresentanti di se stessi, votò a favore della concessione dei crediti di guerra voluti dai governi borghesi che avrebbero favorito l'accumulazione di ingenti profitti. Alcuni di questi "rappresentanti dei lavoratori" votarono a favore perché già da tempo venduti alle classi dominanti (in un celebre volantino redatto da Karl Liebknecht e destinato alle truppe sul fronte di guerra, era scritto: "Il nemico principale si trova nel proprio Paese"), altri perché anche nei periodi bellici non si interrompono i sontuosi guadagni dei parlamentari e delle altre cariche pubbliche elettive (a questo proposito si legga in particolare l'opuscolo di Lenin "Il fallimento della II Internazionale ed il rinnegato Kautsky"). Dunque, nel 1914, alla vigilia della Grande Guerra la maggioranza delle burocrazie socialdemocratiche nei vari Paesi (tranne rarissime eccezioni: ad esempio, in Germania soltanto Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, in seguito leaders della Lega spartachista, votarono contro la concessione dei crediti di guerra) capitolò e sostenne la propria borghesia imperialista. Gli ideali socialisti della lotta di classe e della rivoluzione proletaria vennero rimossi col pretesto dell'Unione Sacra della nazione. Come scriveva Rosa Luxemburg, lo slogan internazionalista"proletari di tutto il mondo, unitevi" è stato sostituito con il ben più lugubre e militarista "proletari di tutto il mondo, sgozzatevi". Pertanto, le socialdemocrazie, le (false) sinistre al potere, sono sempre state il covo dei peggiori rinnegati e traditori di ogni tempo e luogo. In effetti, la sinistra governativa è il più subdolo e pericoloso nemico dei lavoratori, proprio perché ha costantemente finto di "rappresentarli" e guidarli contro il "nemico di classe", mentre era formata da elementi stipendiati dal nemico stesso; si è sempre trattato di torvi e squallidi esecutori di infimo valore umano. Possibile che la semplice esperienza quotidiana, unita a quella storica, non abbia ancora insegnato a nessuno questa banale verità? La stragrande maggioranza del popolo privo di qualsiasi potere dovrebbe tenere continuamente puntato il fucile dietro la schiena dei suoi "rappresentanti", per incalzarli ed obbligarli a fare i suoi interessi, rinunciando ai lauti pagamenti concessi dagli oppressori. Veniamo ora all'avvilente farsa dei nostri giorni. Nessuna tragedia in vista (nel senso che non si intravede al momento nessun conflitto mondiale), solo la convenienza meschina di "tirare avanti la baracca". Anche in tale circostanza, benché la realtà odierna non sia quella tragica del 1914, solo per salvare il "proprio" governo (minacciato dal famelico Dini-iena-ridens), ovvero le proprie poltrone e i lauti emolumenti parlamentari, lo schema della (falsa) sinistra è sempre lo stesso: c'è chi si è rassegnato da tempo, seppellendo l'ascia di guerra, e chi ha affermato "questa è la (pen)ultima vigliaccata che mi fai: si faccia una verifica a gennaio!" Ma cosa volete verificare ancora: che siete dei ridicoli servi dei potentati, lo si è già verificato cento, mille volte! Per quanto mi riguarda, ho deciso di interrompere definitivamente ogni rapporto con una "gentaglia" del genere, in quanto non c'è assolutamente nulla di buono da sperare. Mi auguro che altri, come me, comprendano la reale natura e funzione storica della (falsa) sinistra quando è assorta al governo insieme alle forze della borghesia dominante. Io non ho la memoria corta, anzi! Non voglio più discutere con questi infami e pusillanimi rinnegati. A meno che non si verifichi una loro radicale e "miracolosa conversione", una sincera e clamorosa autocritica, in cui si dichiarino decisamente pentiti di aver favorito ed appoggiato finora i peggiori potentati capitalistico-finanziari italiani e i loro soci americani, e rompano finalmente, senza indugi né ambiguità, con il governo, per costituire una forza autenticamente rivoluzionaria. Deve essere un soggetto nuovo, che ripensi e metta in discussione (marxianamente) tutto, che rompa con ogni residuo dell'ignobile tradizione dell'opportunismo socialdemocratico, che si ponga in modo antagonista rispetto al capitalismo e all'imperialismo dominanti, opponendosi con forza e determinazione all'attuale establishment finanziario-industriale-militare italiano, che costituisce la parte più marcia del capitalismo. Questo è la condizione minima per poter riprendere a dialogare! Concludo ricordando che lor signori, i rinnegati e i traditori delle classi lavoratrici, oggi non si dicono più "socialdemocratici", ma si definiscono addirittura "comunisti". Come ammoniva Marx, la seconda volta la storia si ripete in farsa. Lo schema della storia si ripete e si ripresenta ciclicamente, impartendo i suoi amari ma preziosi avvertimenti. Nel frattempo si rinnovano i nomi, i termini lessicali e concettuali, le definizioni linguistiche. La lezione storica rimane sostanzialmente la stessa. Ma quando impareremo?

Lucio Garofalo <garofaloluc@tiscali.it>



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