scritto da Daniele Memola
La grande cerimonia dei media al Papa
La diretta televisiva della storia? La società si vede riflessa, talvolta rovesciata, nelle sue cerimonie, anche se mediali. La morte di Giovanni Paolo II è sicuramente un “media event” perfetto che ha creato un alone intorno a tv, giornali e radio di tutto il mondo. Milioni gli spettatori-lettori hanno interrotto le loro routines quotidiane per unirsi a quella che, da esperienza mediatica si è trasformata in vera e propria fruizione. Già, perché la morte del Papa si è intromessa nel normale flusso della programmazione (in effetti tutta la programmazione regolare è stata sospesa o quasi!) e la diretta ha catalizzato il grande pubblico. Gli stessi giornalisti, ammucchiati come in una bolgia sull’impalcatura all’inizio di via della Conciliazione, hanno per un attimo sospeso la loro posizione normalmente critica per assumerne un’altra più “sacerdotale”, di rispetto, quasi di timore reverenziale. Una “memoria collettiva” che avrà il suo apice venerdì quando saranno celebrati i funerali del “Grande” Pontefice. Con una via di mezzo tra documentario e fiction i mezzi di comunicazione ci hanno mostrato e ci mostreranno come sia facile in queste occasioni l’alternarsi tra l’essere lì e l’essere a casa; la vera magia infatti (che ho compreso dopo 12 ore di fila e una domanda rivolta un centinaio di volte [Perché sei qui?] soprattutto ai più giovani, da molti indicati come i principali protagonisti tra i milioni di persone venute per dare l’ultimo saluto al Papa) è stata la capacità dei media di creare pubblico. Il Santo Padre (pace alla sua anima), sarebbe morto prima o poi date le sue precarie condizioni di salute ma l’evento sicuramente, non si sarebbe potuto definirlo tale se non fosse stato “incorniciato” dai mezzi di comunicazione di massa. E proprio perché di incorniciatura si tratta, non ci dovremo stupire se dopo l’onda emozionale creata dalla scomparsa di Giovanni Paolo II, il nuovo messaggio mediale sarà: Il Papa è morto, ora dobbiamo camminare da soli; come a dire la società andrà avanti comunque. Giornali, tv e radio non dimentichiamolo, non solo attribuiscono ruoli ai protagonisti principali ed agli spettatori, ma contemporaneamente glossano e reinterpretano il fatto a loro piacimento. Un grande uomo come il Papa, in questi giorni di diretta, ha rivestito un ruolo rituale, troppo spesso rimpicciolito dallo scenario maestoso della Basilica di San Pietro o dalle immagini dell’immensa folla che gridava “Giovanni Paolo!” a ritmo del battito di mani. I mezzi di comunicazione possono sostituire l’esperienza di “essere lì”, possono dare e danno diversi modi di “partecipazione” alla scomparsa del Papa, ma non possono mai riprodurre completamente l’anonimato, l’intento comune delle masse o il dolore e la stanchezza fisica di chi, al di là della spettacolarizzazione, si mette silenziosamente in fila, magari sorseggiando dalla bottiglietta gentilmente offerta dalla Protezione civile per non perdere i sensi; aspettando un’intera giornata tra la calca delle transenne, quei dieci secondi che lo avvicineranno per l’ultima volta all’amato Giovanni Paolo e salutarlo.
Daniele Memola, giornalista freelance
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