Ma la fame del mondo non si batte col foie gras
Ciao,
questo articolo e' di qualche mese fa, ma non potevo non inviarvelo!
E' cosi' attuale...non aggiungo altri commenti
A presto
Cristina
Martedì 03 giugno 2008, 07:00
Ma la fame nel mondo non si batte col foie gras
di Mario Giordano Il Giornale
È da sessant'anni che c'è la Fao. È da sessant'anni che la Fao organizza i
vertici. E nel frattempo la fame nel mondo non solo non è stata sconfitta, ma
ci pende oggi sulla testa come una drammatica emergenza. E allora con tutto il
rispetto dei delegati, dei lavori, delle proposte, delle conferenze e dei piani
per il futuro, delle cene di gala e della doverosa ospitalità italiana, forse è
venuto il momento di chiederci seriamente se questi vertici servono a qualcosa.
Forse è venuto il momento di chiederci anche se la Fao serve a qualcosa. Oltre
che, naturalmente, a mantenere schiere di burocrati.
Su un bilancio di 784 milioni di dollari quelli che l'organizzazione
internazionale destina direttamente a sfamare gli affamati sono 90 milioni:
meno del 12 per cento. Il resto sono studi, viaggi, spese di funzionamento. Per
carità, magari è tutto importantissimo. Ma perché, allora, non è mai servito a
nulla? Diciamolo seriamente, per il rispetto che dobbiamo ai bambini che
muoiono di fame: dal 1948 a oggi, la Fao ha inciso sul problema
dell'alimentazione come uno starnuto incide sull'inclinazione dell'asse
terrestre.
Che cosa ha ottenuto? Risultati pochini. In compenso numerosi
meeting e tanti buffet. «Scusi delegato, ha visto la drammatica situazione del
Bangladesh?». «Ma sicuro, e lei ha assaggiato quella tartina al caviale?».
Parlare di fame nel mondo tra brasati al barolo e aragosta in vinaigrette,
dibattere di denutrizione con la pancia piena di risotto all'arancia e filetto
d'oca, annunciare nuove carestie subito dopo aver addentato kiwi e foie gras:
ma come si fa? Durante una delle ultime edizioni dei vertici, la delegazione
del Kenya venne intercettata a fare shopping di scarpe e vestiti in via
Condotti.
La delegazione cinese, invece, si era stanziata all'Hotel Parco dei
Principi. Il capo si era fatto riservare la stanza da 3500 euro a notte:
trecento metri quadrati, salotto, cucina autonoma, stoviglie d'argento, arazzi
pregiati, lampadari dorati, maxischermo Tv e grande bagno con vasca Jacuzzi.
Film e idromassaggio, si capisce: lo esige la lotta alla fame nel mondo.
Gli unici che hanno tratto beneficio dall'organizzazione, in questi anni sono
i suoi dipendenti.
Non sono pochi: 3500. Di questi 1.600 sono dirigenti. Ma voi
l'affidereste un incarico importante a una struttura che ha un dirigente ogni
due dipendenti? Nemmeno l'esercito della via Pal contava così pochi soldati
semplici. E dire che, a essere soldati semplici, non c'è molto da recriminare:
un nuovo assunto alla Fao guadagna come minimo 61mila euro l'anno, una
segretaria può arrivare a 73mila. E in più benefit di ogni genere, compresi i
corsi di yoga, il tai-chi, la danza del ventre e l'aromaterapia, tecnica
evidentemente molto utile per risolvere il problema dell'alimentazione
planetaria.
«Ma che state a Fao?», si chiedono ormai in molti. Il direttore
dell'organizzazione è in carica dal 1994. Anno dopo anno si ritrova ad
ammettere «abbiamo fallito», «la fame nel mondo non si riduce», «non abbiamo
scuse». Eppure resta lì, abbarbicato alla sua poltrona. Appena nominato aveva
lanciato la parola d'ordine: meno dipendenti. E i dipendenti sono subito
aumentati. Poi annunciò: basta funzionari negli uffici, voglio più gente sul
campo. E infatti il 70 per cento dei dipendenti sta ancora a Roma. L'unico vero
effetto delle sue riforme, raccontano, sono stati 500 meeting collettivi e 700
individuali organizzati dal medesimo Diouf per spiegare a tutti l'impatto del
decentramento. Che, per altro, non c'è mai stato.
Adesso Diouf ha anticipato al Financial Times le sue richieste: vuole più
soldi. D'accordo. Ma più soldi per fare che? Per finanziare gli stipendi di
altre pasciute segretarie? Per alimentare i vizi dei suoi paciosi funzionari?
Per permettere altri viaggi lussuosi alle delegazioni? Il problema della fame è
troppo serio, troppo urgente, troppo vero per essere sepolto sotto un mare di
parole, qualche carta e il solito via vai di camerieri che offrono aperitivi e
foie gras.
E allora, forse, il modo migliore per celebrare il grande
appuntamento internazionale è chiedersi se ha ancora un senso. Pare che il
documento base, che sarà presentato oggi alla conferenza, darà la colpa della
fame nel mondo al riscaldamento globale. Vi pare assurdo? Ma no. Ai vertici
della Fao c'è sempre stata molta attenzione alla temperatura. Soprattutto a
quella dello champagne.
Mario Giordano
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