Pagine

mercoledì 17 dicembre 2008

Giustizia, la riforma si incarta?

A poter inventare una classifica stile top ten delle parole più usate (e abusate) dalla più recente fase politica italiana, sicuramente sarebbero due gli “idiom” più in voga usati tra gli scanni del Transatlantico e nei palazzi del potere: “condivisione” e giustizia. Chi è del mestiere ma anche chiunque possegga a casa una televisione, una radio o sfogli pure distrattamente una pagina di un quotidiano, sicuramente si sarà accorto che, mai come ad oggi, lo scontro (o lo pseudo incontro) su un tema così rilevante come quello di una giustizia disastrata ha conquistato gli allori della cronaca. Fare un’analisi è un’impresa ardua, perché è tale la confusione che regna tra maggioranza ed opposizione, che tirare le fila diventa quantomeno ostico.

Allo stesso modo di pretendere di sbrogliare la matassa delle ancora imprecisate aperture che da entrambi gli schieramenti, un giorno ci sono, quello successivo scompaiono magicamente. Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano è da questa estate che chiede di dare più peso ad Equitalia Giustizia Spa per fare del recupero delle spese di giustizia anticipate dallo Stato una questione di non eterna sofferenza e di sbloccare i “conti dormienti”; di estendere il successo nella giustizia minorile della “messa alla prova” anche per gli adulti (per reati minori puniti fino a 2 anni); di costruire nuovi carceri o ampliare/recuperare le strutture esistenti anche con l’aiuto dei privati (visto che le Casse del ministero languono); di dare a processo civile e penale una versione più online e meno “faldoniana” ( a suon cioè di carte impolverate e di difficile gestione); di razionalizzare i tempi processuali dei processi amministrativi (qualcuno ogni tanto si ricorda del sogno ricorrente della giustizia in 5 anni?); di rivedere (distinguendole) le funzioni tra pm e giudici e di riformare lo stesso Csm; di fermare le guerre tra toghe e Procure (qualcuno qui ha dimenticato troppo in fretta il caso De Magistris).

In pratica, riformare un colosso Giustizia che perde pezzi da anni (15?), e continua a scardinarsi ad ogni scossone, senza che nessun muova un dito. Quasi come se fosse una “creatura” partorita male, imbruttitasi nel tempo e che fa troppa paura oggi per provare a dargli una sembianza “umana” (almeno negli intenti dei padri costituzionalisti e nei diritti che essa si propone di salvaguardare). La “Creatura” fa ribrezzo, si deve andare a tentoni per non scottarsi, ed è sicuramente più conveniente tenerla impantanata tra i dicktat che riportarla a nuova luce. Di appelli inascoltati per “salvarla” ne sono stati fatti a iosa negli anni; se ne continuano a fare ogni giorno a tutti i livelli istituzionali ma poi si ritorna nell’illusione di una riforma,che a parole, tutti vogliono.

A quel senso di frustrazione provocato da un sistema politico incapace di produrre vere riforme e restituire ai cittadini una giustizia seria ed efficiente, in grado di dare garanzie di corretto funzionamento. A Natale, con ogni probabilità, non arriveranno tutti quei grossi cambiamenti che tutti speravano, figuriamoci quelli costituzionali che qualcuno invoca.

Non è più un mistero, che la “Creatura” non piaccia a nessuno, di qualsiasi schieramento politico provenga o abbia militato. E non c’è nessuna commissione di Veltroniana memoria che possa segnare una svolta.

Nessuna apertura che non si dica stravolta autonomia e indipendenza della magistratura, nessun equilibrio tra i poteri dello Stato e nessuna certezza della pena. Per ora siamo alle solite scaramuccie tra i Poli. Ai “freni” che vengono da una parte e dall’altra, ai se ai tanti ma. A quello stancante, asfissiante e denigrante braccio di ferro che offende l’intelligenza di qualsiasi elettorato. La “Casta” ha solo una cosa di “condiviso” a quanto pare: lasciare che il mostro continui ad agonizzare, pregando però che non colassi più di tanto.


Daniele Memola

link:www.opinione.it

Nessun commento:

Posta un commento