Dismessa come biglietteria della prima ferrovia d'Italia su rotaie di ferro che collegava Napoli a Portici, inaugurata da re Ferdinando II di Borbone, il 3 ottobre del 1839, la stazioncina di Corso Garibaldi a Napoli, è ridotta in un cumulo di macerie con erbacce e rifiuti.
L'ingresso del capolinea e la strada ferrata furono occupati per lungo tempo da un cinema-teatro all'aperto di seconda categoria e, il 28 marzo del 1943, lo scoppio a bordo di una nave, la Caterina Costa, ancorata nel vicino porto, ne decretò il definitivo abbandono per i gravi danni riportati alle strutture.
Da tempo si parla di recuperare questo reperto, testimone del periodo d'oro di Napoli capitale del Regno delle due sicilie. La costanza e l'impegno del consigliere provinciale di An Luigi Rispoli, promotore di convegni e conferenze ha portato finalmente ad un primo risultato con lo stanziamento da parte del Ministero dei beni culturali di una trance di 700mila euro. Il progetto di restauro è stato redatto da due insigni urbanisti, l'architetto Aldo Loris Rossi e l'arch. Emilia Gentile. Le sale del capolinea della storica ferrovia, citata da guide turistiche, dovrebbe accogliere materiale inerente al trasporto su ferro, dove la Campania vanta grande tradizione.
Risale al 1881 la Società anonime des tramways provinciaux de naples, che trasformò prima con omnibus a cavallo e poi a vapore, profondamente modi e tempi del trasporto verso periferie e casali. Solo dal 1956 la società a capitale belga ha cambiato denominazione in Ctp. Il 20 settembre 1925 fu inaugurata a Napoli, la prima ferrovia metropolitana d'Italia. Peraltro, in alcune stazioni, come quella di Piazza Cavour, furono montate scale mobili. Quelle scale mobili sono le prime installate in Italia.
La convenzione del 1836 con Armando Giuseppe Bayard de la Vingrite, prevedeva la costruzione della linea ferrovia da Napoli a Nocera. Dopo tre anni fu consegnato il primo tratto, su unico binario, Napoli-Granatello. Poco più di sette chilometri, una locomotiva e sette vagoni, alla media di
La lungimiranza di Re Ferdinando che per incrementare il lavoro locale e non importare materiale dall'estero fece creare il Regio Opificio Pirotecnico e della locomotiva, che arrivò a contare fino a 700 dipendenti, oggi Museo di Pietrarsa, unico nel suo genere in Italia. Passato allo stato italiano nel 1860 lo stabilimento, comportò la riduzione di orario di lavoro e licenziamenti. Riuniti in assemblea le maestranze, nello scontro con la forza pubblica, morirono 9 operai e 32 furono feriti.
Per mercoledì 11 febbraio è fissato un incontro a Palazzo San Giacomo, per definire nei dettagli l'opera di recupero e l'utilizzo dell'ampia zona, ora occupata in parte dalla II Municipalità e da un campetto di calcio. L'unica nota romantica, la presenza di uno scrivano, intento a compilare certificati per analfabeti ed extracomunitari. Una targa, scolorita, sulla colonna attigua alla stazione ricorda: "Per questa via, il 7 settembre 1860, entrando solo e inerme Giuseppe Garibaldi congiunse Napoli all'Italia".
La costruzione si trova in una zona di grande interesse storico e turistico, la stazione centrale e quella della Circumvesuviana, a pochi passi dalla basilica del Carmine Maggiore nella Piazza Mercato che vide i moti di Masaniello, al quale è stato dedicato un importante premio su iniziativa del consigliere Rispoli, la Chiesa di Sant'Eligio e Porta Nolana con le due torri che recano il nome la Cara fè 1557, quella a Sud e la Speranza quella a nord, con la data MDLV.
Mario Carillo napoli-news.net
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