Responsabilità sociale dell’arte
Dagli anni Sessanta fino agli inizi del nuovo millennio l’arte ha subito un profondo processo di estetizzazione penetrando il reale a tal punto da identificarsi quasi con esso. Per tutti gli anni Novanta si è assistito ad una profusione di prodotti ed interventi che guardavano al mondo con un sottile spirito di no-sense che esaltava più le qualità formali della rappresentazione. Negli ultimi anni è avvenuto un significante cambio di rotta che ha indirizzato l’arte verso scenari sempre più penetrati nella realtà, vaporizzandola nella quotidianità e configurandola come un vero e proprio habitat. E’ fatto noto che l’arte ha da sempre incarnato lo Zeitgeist, ovvero lo spirito del tempo in cui agisce, gode quindi di una natura duttile, camaleontica, si forma sulle coordinate spaziotemporali dell’”oggi” e informa il presente. Fa parte della sua stessa essenza, dunque, essere informazione, comunicazione, messaggio, che nella contemporaneità, però, tende a diventare una comunicazione “turbata”, volta cioè, più o meno consapevolmente, a instillare negli animi un cortocircuito emotivo tale da indurre ad una riflessione più attenta sullo stato delle cose. Il legame stretto con i temi sociali è inevitabile: gli artisti guardano, osservano, prelevano questioni, argomenti, concetti e li traducono con il proprio linguaggio che si fa sempre più universale e meno elitario. In molta arte contemporanea, dalla nuova figurazione, al pop surrealism, alla newmedia-art fatti di cronaca, di politica, di attualità filtrano la soggettività dell’artista, una soggettività che si oggettivizza nella capacità di trasfigurare e trasmettere la realtà attraverso codici accessibili alla moltitudine. Se è vero che gli artisti sono gli animi più sensibili e, per dirla alla Pseudo Longino, sono degli “invasati”, hanno cioè il dono di ricevere e percepire i principi archetipici, di avvertire il Sublime, la totalità arcana dell’esistenza, costituiscono un “anello di congiunzione” indispensabile tra l’umanità e il proprio tempo. Effettivamente, allo stato attuale, più che di responsabilità, si potrebbe parlare di inevitabilità sociale dell’arte. La situazione socio-politica-culturale del presente è talmente fragile, precaria, ma anche intensa e impegnativa, che l’arte, senz’altra possibilità per la sua stessa natura, non ha altra scelta se non quella di essere il tramite con il mondo.
francesca de filippi
Nessun commento:
Posta un commento