Mentre il Nord dell' Italia viaggia economicamente nell'Oro, in termini di Occupazione, reddito pro capite,servizi,sanità,trasporti,viabilità stradale e ferroviaria ecco la proposta del Ministro delle Riforme Umberto Bossi che spara a zero sul sud dell'Italia proponendo le gabbie salariali che in parole povere rappresentano un modo di diversificare il paese e gli stipendi dei cittadini tradendo così un Sud povero e privo di una reale eguaglianza economica ed occupazionale. Attualmente infatti come indicato anche da uno studio del Cgia di Mestre le Gabbie salariali sono una realtà perchè al Nord il reddito da lavoro dipendente e' il 30,3% in piu' del Sud'. Lo studio in oggetto ha preso in esame l'imponibile Irpef medio degli artigiani del 2007 da dove risulta che la Lombardia,il Piemonte e l'Emilia Romagna si attestano intorno ad un reddito medio di circa 21.000 euro in contrapposizione alle Regioni del Sud dove ci si attesta intorno ai 16.000 euro. Ma allora perchè le Gabbie Salariali? Tutto nasce da uno studio della Banca d'Italia che parla di un divario del 17 per cento del costo della vita tra nord e sud. Su tale studio però si deve fare una considerazione che si basa sul fatto che il divario in realtà è sempre esistito e quindi la proposta della Lega di Bossi e solamente mirata ad accontentare i propri elettori senza fare nessun interesse nazionale. Continuando con gli esempi di Gabbie salariali già in essere ,troviamo il recente rinnovo del contratto di lavoro parte economica 2008-2009 della Sanità ,avvenuto in data 31 luglio, dove si denota che i lavoratori del Sud, facenti parte delle regioni povere hanno avuto una decurtazione in busta paga di 20.00 euro pro capite rispetto agli omonimi del nord. Dando un'occhio alla storia le "Gabbie salariali" dette anche "zone salariali" furono introdotte in Italia con l'accordo interconfederale del 6 dicembre 1945 dalla Cgil unitaria e dalla Confindustria queste erano valide per le sole province del Nord e si prevedeva la fissazione di 4 zone con una differenza di reddito tra la prima e la quarta del 14% e solo un anno dopo, il 23 maggio 1946 tale accordo veniva esteso al resto dell'Italia. Nel 1948, quando l'unione sindacale si ruppe creando la Cisl e la Uil, si arrivò ad un'intesa che portava le "zone" da 4 a 13, con un ulteriore allargamento della forbice delle differenze salariali fino al 30%.Nel 1961 un nuovo accordo sindacale ridusse le "gabbie" territoriali a 7, con una differenza salariale più ridotta, pari al 20%. Il nuovo sistema prevedeva un zona “0”che comprendeva le province di Genova, Milano, Torino, Roma con un indice pari a 100; e delle zone 1, 2 e 3 con indici rispettivamente di 97, 95 e 92 dove si trovavano in gran parte le province del Centro-Nord; le zone 4, 5, e 6 invece con indici pari a 89, 84,85 e 80 erano invece appannaggio delle province meridionali e insulari. Un'organizzazione che vedeva come principali vittime principalmente i lavoratori del Sud che dovettero accettare questo sistema salariale discriminatorio e ingiusto. Successivamente le lotte di popolo del 1968 e 1969 che videro scendere in piazza milioni di lavoratori appoggiati dai sindacati Cgil, Cisl e Uil che finalmente nel 1971 riuscirono a fare capitolare le grandi lobby industriali. L'abolizione delle gabbie salariali rappresentarono quindi una conquista nazionale che rafforzava l'unità economica e salariale in tutta l'Italia dando parità ai lavoratori ed al lavoro svolto, senza nessuna distinzione regionale in riferimento alla qualità ed alla residenza. A questo punto a tutela dei cittadini nessuno può permettersi di portare l'Italia indietro di 30 anni dividendola in un sistema a due velocità che nel tempo potrebbe portare alla secessione ,dovuta, di alcune regioni del sud che vorranno uscire da una povertà oggi latente in maniera forte ed a difesa delle loro popolazioni.
Maurizio Cirignotta
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