La relazione fra la sostenibilità ambientale e le città metropolitane è sempre di più al centro del dibattito scientifico. Abbiamo chiesto una breve analisi sul fenomeno delle cosidette "Green Metropolis" a Roberto Camagni, Professore di Economia Urbana al Politecnico di Milano e già consigliere scientifico per l'Unione Europea nell'ambito dello sviluppo urbano sostenibile.
Studi recenti, come Green Metropolis di David Owen e quello tedesco di Galina Churkina, ripreso anche dal National Geographic, hanno messo in luce una nuova concezione delle città metropolitane.
Il suo volume "I costi collettivi della città dispersa" è dedicato al tema della dispersione urbana, ai suoi costi ed alle possibili politiche per governarla, con particolare attenzione al tema della mobilità. E' proprio vero che le metropoli possono assorbire l'anidride carbonica nell'aria e che sono più efficienti dal punto di vista ambientale?
Certamente. Da tempo è noto che la città costituisce un modo di organizzazione della società non solo efficiente (grazie alle facili interazioni, rapporti faccia a faccia, sinergie e condivisione di codici comportamentali e cognitivi) ma anche vantaggioso da un punto di vista ambientale. Apparentemente questo fatto contrasta con una evidenza chiara: sono le città le fonti di inquinamento del pianeta, le concentrazioni di consumo energetico, le produttrici di rifiuti, i luoghi della povertà e della deprivazione. Ma queste evidenze riguardano il fatto che nelle città ormai vive oltre l'80% della popolazione dei paesi avanzati e oltre il 50% della popolazione mondiale! Il problema invece è: come far convivere tutte queste persone in modo da risparmiare risorse naturali ed energetiche? Ecco che allora il problema cambia aspetto, perché vivere in modo agglomerato riduce i costi e i tempi di trasporto, riduce i costi pro-capite del riscaldamento, riduce il consumo di suolo.
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