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venerdì 13 novembre 2009

Memoria Storica e Diritti Umani. Lager: piaga aperta del nuovo millennio



"Ad Auschwitz è successo qualcosa che noi tutti non siamo preparati a comprendere"

Hannah Arendt

 

Lager: piaga aperta del nuovo millennio

MEMORIA STORICA E DIRITTI UMANI

La Barbarie Civilizzata

 

di LAURA TUSSI


 

Ricordare Mauthausen e Auschwitz significa commemorare la Shoah, i forni crematori, la pianificazione di uno sterminio di massa in nome di una folle ideologia, della persecuzione di chiunque era considerato diverso per razza, religione, idee politiche, tendenze sessuali e il ricordare comporta la presa di coscienza che tutto ciò non sarebbe potuto accadere, se molti non fossero rimasti immobili e indifferenti a guardare.

La memoria e la storia sono le uniche forze che possono opporsi agli orrori e agli errori degli uomini per evitarne la ripetizione.

La Shoah diviene così il paradigma storico della violazione dei diritti umani nella contemporaneità. Sono trascorsi decenni dalla liberazione di Auschwitz, ma l'interesse nei confronti del più famigerato Lager nazista non accenna a diminuire.

I motivi sono l'elevatissimo numero di vittime, il numero enorme dei deportati di tutte le popolazioni europee, gli efferati crimini e l'indiscriminato sfruttamento cui furono sottoposti i prigionieri.

Auschwitz consiste in una barbarie civilizzata per la compresenza inestricabile, nel funzionamento del Lager, di perfetta efficienza burocratica e metodi moderni di sterminio accanto a procedure di eliminazione degne del più lontano medioevo barbarico. I motivi dell'attualità del Lager consistono proprio nel groviglio tra antico e moderno, tra razionalità produttivistica e barbarie ancestrale. Per questi motivi il Lager è ancora piaga aperta del nuovo millennio e simbolo degli orrori del Novecento, della guerra e dei genocidi.

[1]Un uso corretto della memoria non deve limitarsi al ricordo del passato, quanto incitare ad agire nel presente per una giusta causa.

Ricordare e commemorare le vittime del nazismo e del fascismo è un'azione socialmente condivisa e spesso gratificante.

Questa memoria deve stimolare ad occuparci delle ingiustizie quotidiane perpetuate intorno a noi. Occuparsi di memoria storica del nazismo significa considerare i soprusi, le ingiustizie, la condizione di chi si trova nel bisogno, nell'indigenza, di chi vive le difficoltà e le ingiustizie sociali. Attualmente occuparsi di memoria storica del nazismo significa tutelare i diritti umani degli oppressi, dei diversi, degli emarginati, degli umili, dei più deboli di cui tutti siamo parte nel tessuto sociale, comunitario e nel mondo, nel terribile deserto della sopraffazione e della violenza, dove tante voci chiedono giustizia per tutti quegli innocenti che ancora nascono solo per morire.

Le testimonianze non narrano per vendetta, ma per trasformare il dolore in forza, l'odio in compassione e amore, e per ribadire con decisione come, anche in condizioni estreme, l'uomo meriti sempre di rimanere lo scopo dell'uomo.

Il problema delle circostanze storiche, materiali, tecniche, giuridiche e burocratiche in cui è avvenuto lo sterminio può attualmente considerarsi sufficientemente chiarito, mentre diversa è la situazione per quanto riguarda il significato etico e politico della Shoah e la comprensione umana di quanto avvenuto, ovvero, la sua attualità.

A volte viene meno un tentativo di comprensione globale, ma anche il senso e le ragioni del comportamento dei carnefici e delle vittime e spesso le loro parole continuano ad apparire come un enigma. Occorre ascoltare la voce dei testimoni, ma anche la lacuna intestimoniabile, la presenza senza volto che ogni testimonianza necessariamente contiene, come afferma Primo Levi circa le testimonianze di coloro che hanno "toccato il fondo", dei "musulmani", ovvero, etimologicamente, i "sottomessi".

In questa prospettiva, il Lager non si presenta solo come il campo della morte, ma come luogo di un esperimento ancora impensato, in cui i confini tra l'umano e l'inumano si cancellano.

L'intera riflessione morale del nostro tempo, al cospetto del Lager, mostra la sua insufficienza, per lasciare apparire tra le rovine, il profilo incerto di una nuova esperienza etica come la testimonianza.

La memoria storica è importante quanto la sua testimonianza, dove il passaggio dal fatto attuale e fattuale, con testimoni viventi, a fatto storico raccontato dai documenti risulta purtroppo un aspetto inevitabile.

Per questo motivo il giorno della memoria può essere uno degli strumenti adatti per fare memoria, dove spesso l'Olocausto è considerato un fatto privato, accaduto solo ad una categoria di persone ben delimitata, di qualcuno che era diverso da altri.

Questo pensiero risulta preoccupante perché con il trascorrere del tempo potrebbe condurre all'oblio.

L'Olocausto invece è un evento storico che ha coinvolto tutto e tutti ed è ineliminabile dalle coscienze e dalle attenzioni collettive e comunitarie.

L'Olocausto è un'azione terribilmente efficace che alcuni uomini hanno compiuto ai danni di altri uomini, nell'indifferenza e persino nella tacita approvazione.

È necessario tenere ben presente la storia della Shoah per evitare che possa ripetersi, quale pericolo sempre incombente che non riguarda solo una categoria specifica di individui, sia essa religiosa, culturale, geografica e antropologica.

In latino esistono due parole per indicare il testimone.

[2]La prima, testis, che significa etimologicamente colui che si pone come terzo, in un processo o in una lite tra due contendenti.

La seconda, superstes, indica colui che ha vissuto qualcosa e ha attraversato un evento fino alla fine, potendo dunque renderne testimonianza.

Risulta evidente che Primo Levi non è un terzo, ma un superstite, perché non è il giudizio che gli importa e sembra che gli interessi soltanto ciò che rende il giudizio impossibile, la "zona grigia" dove le vittime diventano carnefici e i carnefici vittime, in quanto vittima e carnefice sono ugualmente ignobili, dove la lezione del Lager è la fraternità dell'abiezione.

La scoperta inaudita che Levi ha fatto ad Auschwitz è l'isolamento di un nuovo elemento etico che egli chiama la "zona grigia": lo spazio e il tempo in cui si snoda la lunga catena di congiunzione tra vittima e carnefice, dove l'oppresso diviene oppressore e il carnefice appare a sua volta come vittima.

Una grigia e incessante alchimia in cui il bene e il male e tutti gli elementi dell'etica tradizionale raggiungono il loro punto di fusione.

È una zona d'irresponsabilità che sta oltre il bene e il male, dove viene sillabata la lezione della "spaventosa indicibile e inimmaginabile banalità del male". (Arendt H.)

Il 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, è il giorno della memoria, la giornata che ogni anno ricorda le persecuzioni e lo sterminio del popolo ebraico, dei deportati militari e politici e delle minoranze etniche.

La giornata della memoria ricorda non solo lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, degli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, ma anche coloro che, anche in schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio totale e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

In occasione del giorno della memoria si alternano ogni anno cerimonie, iniziative, incontri e momenti di narrazione e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto, per mantenere viva la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia del nostro paese e dell'Europa, affinché simili accadimenti non si ripetano nel corso degli eventi. La tragedia dello sterminio di milioni di ebrei fu accompagnata dall'annientamento di zingari, omosessuali, malati di mente, oppositori politici, religiosi, e minoranze che in qualche modo disturbavano la pura razza ariana.

Così la vita di milioni di persone si è conclusa in terribili sofferenze e nell'oblio, per cui occorre porre al centro dell'attenzione commemorativa e storiografica questo lato oscuro della storia, affinché la violenza dell'intolleranza, dell'ignoranza, dell'ignominia, nel buio della civiltà non si ripetano. La memoria storica si ripropone e si ripresentifica nella lotta pacifista e non violenta, per non dimenticare, per estendere i diritti di giustizia, libertà e uguaglianza a chi non ne gode, al fine di proteggere, tutelare ed emancipare le persone più deboli e permettere ad ogni essere umano di raggiungere il diritto alla felicità.

 

Laura Tussi




[1] Springer E., L'eco del silenzio. La Shoah raccontata ai giovani, Marsilio, 2003

[2] Agamben G., Quel che resta di Auschwitz. L'archivio e il testimone, Bollati Boringhieri 1998, pag 15.




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