Una figura atipica nel mondo del cinema non solo francese, Eric Rohmer è morto lunedì a Parigi alla bella età di 89 anni. Schivo e appartato dai mass-media quanto Kubrick, era impossibile intervistarlo, difficile persino invitarlo a ricevere un premio.
E' stato uno dei padri fondatori della Nouvelle Vague francese degli anni '60, dei Cahiers du Cinema e quindi del cinema internazionale che è seguito, insieme a Truffaut, Chabrol, Godard, Resnais. Il suo stile era molto particolare, con profonde radici letterarie: proverbiali i dialoghi torrenziali e naturali, le riprese quasi documentaristiche, la descrizione della realtà colta sul momento.
Pur non essendo commerciale, anzi un percorso interiore che si sviluppava per cicli, spesso per tetralogie (racconti morali, le quattro stagioni, i proverbi, le quattro avventure) a volte la sua opera incrociava i favori del grande pubblico, come accadde con "Le notti della luna piena" e con "Il raggio verde," non il più bello dei suoi film, ma il più gettonato.
Un cinema fuori dal mondo, oggi più che mai in epoca di cinepattoni urlati e maleducati, ma anche ai suoi tempi, diverso anche dai suoi stessi colleghi della Nouvelle Vague, fin dal lontano debutto "Sotto il segno del leone".
Tra i suoi ultimi film, importanti "La nobildonna e il duca", sguardo insolito e lucido sulla Rivoluzione Francese e "Triple Agent", sempre contraddistinti da eccellenti prove di recitazione.
Andrea Daz
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