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giovedì 27 gennaio 2011

Cucina molecolare: cos’è e dove è nata

Da qualche anno si fa un gran parlare della cucina molecolare, ovvero una disciplina scientifica che si propone di analizzare le possibili manipolazioni e trasformazioni degli alimenti utilizzando tecniche e meccanismi basati su reazioni chimiche e quindi senza fare ricorso all’uso di sostanze chimiche additive. Gli obiettivi che la cucina molecolare si pone di raggiungere sono diversi; così se da un lato si mira alla creazione di ricette innovative, basate su principi diversi dalla gastronomia locale, dall’altra intende anche introdurre nei “piatti tradizionali” degli ingredienti nuovi al fine di studiarne le potenzialità e di arricchire il panorama culinario. Con la cucina o gastronomia molecolare, quindi, si cerca di studiare in maniera più approfondita le regole scientifiche che sottendono l’arte “dei fornelli”, così da sperimentare nuove tecniche di cottura sfruttando appunto le proprietà chimiche e fisiche degli alimenti.
I primi studi sulla cucina molecolare cominciano a svilupparsi negli anni ’80 in Francia, sebbene in un primo momento il termine “gastronomia molecolare” veniva utilizzato in senso umoristico, come una sorta di presa in giro della biologia molecolare. Bastarono però solo pochi anni a fare della cucina molecolare una scienza che, se da un lato ha suscitato molti entusiasmi per la sua forte “ventata di originalità”, dall’altra ha sollevato anche molte polemiche da parte dei protettori della cucina tradizionale. L’inventore della cucina molecolare è stato il Premio Nobel per la fisica, Jean Gilles De Gennes, che per primo si dedicò a questi studi, riunendo per la prima volta nel 1992 chimici, biologi e cuochi per dar vita alla cosiddetta teoria della pietanza, dalla quale nacque la gastronomia molecolare. Tale teoria fu tradotta su carta successivamente dal fisico e gastronomo Hervè This, che all’argomento ha dedicato numerosi volumi tra i quali vale la pena ricordare “La scienza in cucina”. In Italia la cucina molecolare è approdata nei primi anni Novanta, grazie ad un evento che da allora è divenuto un appuntamento fisso; “L’Atelier Internazionale di Gastronomia Molecolare” che si tiene con cadenza annuale in Sicilia. Come c’era da aspettarsi, nel paese natale della famosissima dieta mediterranea, la cucina molecolare ha trovato qualche difficoltà ne l reperire “sostenitori”, visto che solo nel 2003, grazie al fisico Davide Cassi e al cuoco Ettore Bocchia, si è vista la nascita del “Manifesto della Cucina Molecolare Italiana”, un documento ufficiale con il quale si è cercato di spiegare cos’è e cosa fa la cucina molecolare. Nel manifesto si metteva in evidenza come la cucina molecolare sia una scienza in continua evoluzione, basata su tecniche nuove che prevedono l’applicazione in cucina di conoscenza scientifiche, in linea di massima estranee al concetto tradizionale di cibo. Una delle caratteristiche più evidenti della gastronomia molecolare è quella di prevedere molteplici applicazioni che possono andare dal congelamento tramite azoto liquido all’utilizzo nel tabacco tra i fornelli, passando per la frittura nello zucchero o per la cottura dell’uovo senza fiamma. Un altro punto cardine della cucina molecolare è infatti la revisione dei classici metodi di cottura, così da creare dei nuovi sapori migliorando contemporaneamente la qualità dei piatti sia da un punto di vista nutrizionale che gastronomico. Nella cucina molecolare la cottura è spesso senza fiamma, così le uova sono cotte “al freddo”, mentre i gelati vengono preparati in azoto liquido, oppure si può scoprire che l’alcol ha il potere di coagulare le proteine dell’uovo senza alterarne il sapore o ancora che è possibile cuocere il pesce in una miscela di zuccheri. Ma la gastronomia molecolare non ha introdotto novità solo sul fronte della preparazione, ma anche su quello dell’abbinamento e della presentazione dei cibi.
Tutto rose e fiori quindi?
Non proprio, visto che come qualsiasi nuova “scienza” anche la cucina molecolare ha dovuto guadagnarsi una sua credibilità, soprattutto perché va ad interessarsi di un settore così delicato come quello dell’alimentazione dove lo scetticismo verso le nuove “proposte” è sempre molto forte, soprattutto se alla parola cibo si associa quella di chimica. Ma al di là della difficoltà di attecchire nei cuori dei consumatori, la cucina molecolare ha avuto delle derive estremistiche che probabilmente ne hanno compromesso lo sviluppo, per questo sono pochi i ristoranti nei quali si può gustare un menù molecolare, mentre sono moltissimi i cuochi che utilizzano le tecniche molecolari per piatti tradizionali. Così, a differenza della gastronomia molecolare “pura” che predica l’inusualità a discapito del gusto, oggi si preferisce usare alcune tecniche scientifiche mutuate dalla cucina molecolare per arricchire, soprattutto dal punto di vista nutrizionale, le preparazioni tradizionali.

Ufficio Stampa

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