Per avviare il piano di investimenti da 12 miliardi per i prossimi 30 anni e fare di Fiumicino un aeroporto di livello europeo, l’unica possibilità è quella di veder approvata entro l’estate la convenzione che determinerà regole e tariffe certe per i servizi offerti da Adr Aeroporti di Roma, presieduta da Fabrizio Palenzona.
La parola magica è contratto di programma. La differenza tra quello che potrebbe essere l’anno della svolta e la candidatura a un altro anno di sofferenza per Gemina è tutta qui. Per avviare il piano di investimenti da 12 miliardi per i prossimi 30 anni e fare di Fiumicino un aeroporto di livello europeo, l’unica possibilità è quella di veder approvata entro l’estate la convenzione che determinerà regole e tariffe certe per i servizi offerti da Adr Aeroporti di Roma. Di fatto, l’unico asset rimasto all’interno della holding di partecipazioni che un tempo era uno dei salotti buoni della finanza italiana.
Detto in altri termini, solo con le nuove tariffe che le compagnie aree dovranno pagare per i servizi offerti, potrà partire il piano di investimenti e garantire che Fiumicino possa essere all’altezza di ospitare fino a 100 milioni di passeggeri l’anno, contro gli attuali 32 milioni. Un dato che può sorprendere, ma che è contenuto in tutte le tabelle di previsione per l’aeroporto della capitale, visto che Roma è considerata una delle mete per lo sviluppo turistico mondiale da qui al 2040.
Del resto, tutto ciò è scritto chiaramente nei documenti ufficiali di Gemina: «Una rapida conclusione dell’iter per approvare il Contratto di programma costituisce il presupposto indispensabile per l’implementazione di un piano di sviluppo infrastrutturale che consenta un adeguamento progressivo della capacità, del servizio e della qualità del nostro aeroporto, nonché per favorire il rifinanziamento del debito».
Il rinnovo della concessione, infatti, non è l’unica scadenza a breve cui deve far fronte Gemina, da due anni finita nell’orbita della famiglia Benetton. In queste settimane dovrebbe avviarsi alla conclusione la trattativa per il rifinanziamento di una parte consistente del debito. Su una posizione finanziaria netta che al 30 settembre era pari a 1,26 miliardi (in leggero miglioramento rispetto all’1,38 miliardi di un anno prima), l’amministratore delegato di Gemina Carlo Bertazzo sta ricontrattando i termini per il bond da 500 milioni con Unicredit, Barclays e Mediobanca, in scadenza a inizio 2013. Le altre tranche scadono a febbraio 2015 e febbraio 2023, ma non è detto che non sia questa l’occasione per una rinegoziazione complessiva.
Nel quartiere generale di Gemina si mostra sicurezza e c’è ottimismo che un accordo con le banche si troverà. Una convinzione che potrebbe rafforzarsi, ovviamente, se dovesse chiudersi l’altro fronte. Con un nuovo contratto di programma sarebbe più facile rassicurare non solo i creditori diretti, ma anche tutti gli investitori internazionali.
Nella stessa situazione si trova la Sea, la società che gestisce gli scali di Milano e che ha altrettanta necessità di vedersi approvato dal governo il contratto di programma per il rilancio di Malpensa. Anzi: siccome l’iter autorizzativo in favore di Sea è più avanti, un eventuale via libera sarebbe una ottima notizia anche per Gemina. La sensazione è che lo scorso governo non avesse mai dato il via libera alle nuove tariffe per non frenare il rilancio di Alitalia. Ma allo stesso tempo, l’ex compagnia di bandiera e il suo eventuale successo commerciale potrebbero essere un ulteriore motore allo sviluppo di Fiumicino. Non solo: l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti avrebbe ritardato l’iter autorizzativo anche in conflitto con il gruppo Benetton, per frenare la loro espansione sulle società concessionarie dello Stato (sono un player di primo piano nella gestione delle autostrade e delle stazioni Fs).
Il governo Monti non sembra avere di queste preoccupazioni. L’unico ostacolo potrebbe essere la presenza di Corrado Passera al ministero delle Infrastrutture, lui che da banchiere è stato il regista dell’operazione Alitalia. Ma il rilancio di Fiumicino e i 200mila posti di lavoro che si potrebbero creare con l’indotto dell’aeroporto, di questi tempi, potrebbero essere un argomento molto più convincente.
FONTE: Repubblica.it
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