Il rilancio del Sud? Una via c’è, gli investimenti infrastrutturali grazie ai fondi Ue. Ma occorre far presto perché oggi nel Meridione la crisi è più forte che altrove. Di questo ed altro si è parlato in Confindustria al convegno "Mezzogiorno 2014-2020.
Gli investimenti infrastrutturali nella nuova politica di coesione". Come riporta il “Corriere del Mezzogiorno” Alessandro Laterza, vice presidente dell’associazione degli industriali per il Mezzogiorno, non ha mostrato dubbi su quelle che dovrebbero essere le ricette vincenti: “In uno scenario di costante riduzione delle risorse pubbliche per gli investimenti (la spesa pubblica in conto capitale si è ridotta da circa 22 miliardi del 2007 a poco più di 15 nel 2011), i fondi strutturali europei rappresentano la fonte finanziaria decisiva, forse l'unica tangibile al momento. Tra il 2007 e il 2012 sono stati persi 330mila posti di lavoro in gran parte nel settore delle costruzioni”.
Ma la crisi da sola non basta a spiegare la situazione, c’è anche la mancanza di progettualità e di chiarezza a frenare lo sviluppo. Un esempio su tutti. “Quando si deve realizzare una rete ferroviaria o un elettrodotto – dice Laterza - ci si scontra sempre con lo stop delle comunità locali, ossessionate dalla questione del risarcimento. E’ il caso delle reti energetiche bloccate dalle comunità locali? Esattamente: il tema non può essere confinato ad una gestione locale, se ne deve adottare una di interesse comunitaria”. Come a dire che l’interesse di pochi frena l’interesse di molti.
E’ importante poi che il capitale privato entri in azione, ma soprattutto che si attui anche una vera e propria “politica infrastrutturale” perché “il Mezzogiorno ha in sé le potenzialità per farcela, come dimostrano i dati sull'export, per questo, non servono ricette miracolistiche. Non serve l'assistenzialismo, non servono i grandi annunci e le promesse”. Del resto stiamo parlando di una zona dell’Italia dove sono aperti tuttora “50 tavoli di crisi aziendali” e dove se non si interviene rapidamente sulla produttività e sulla crescita si rischia una “desertificazione industriale”.
Ma la crisi da sola non basta a spiegare la situazione, c’è anche la mancanza di progettualità e di chiarezza a frenare lo sviluppo. Un esempio su tutti. “Quando si deve realizzare una rete ferroviaria o un elettrodotto – dice Laterza - ci si scontra sempre con lo stop delle comunità locali, ossessionate dalla questione del risarcimento. E’ il caso delle reti energetiche bloccate dalle comunità locali? Esattamente: il tema non può essere confinato ad una gestione locale, se ne deve adottare una di interesse comunitaria”. Come a dire che l’interesse di pochi frena l’interesse di molti.
E’ importante poi che il capitale privato entri in azione, ma soprattutto che si attui anche una vera e propria “politica infrastrutturale” perché “il Mezzogiorno ha in sé le potenzialità per farcela, come dimostrano i dati sull'export, per questo, non servono ricette miracolistiche. Non serve l'assistenzialismo, non servono i grandi annunci e le promesse”. Del resto stiamo parlando di una zona dell’Italia dove sono aperti tuttora “50 tavoli di crisi aziendali” e dove se non si interviene rapidamente sulla produttività e sulla crescita si rischia una “desertificazione industriale”.
FONTE: Terna
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