L'equity swap, ha sostenuto Michele Briamonte
legale di Grande Stevens, era un contratto finanziario standard, che
all'epoca dei fatti non aveva obblighi di comunicazione al mercato.
Briamonte è inoltre tornato sulla questione costituzionale del ''ne bis
in idem'', ovvero dell'impossibilità di essere giudicati due volte per
gli stessi fatti.
Testo integrale dell’articolo apparso su Asca il 15 febbraio 2013.
Non
fu nascosta la verità al mercato. La difesa degli imputati Franzo
Grande Stevens e Gianluigi Gabetti, attualmente presidente d'onore di
Exor, lo ha ribadito oggi nella seconda udienza del processo d'appello
per aggiotaggio informativo sulla vicenda dell'equity swap che nel
settembre 2005 consentì al gruppo Agnelli di mantenere il controllo
della Fiat senza ricorrere a un'opa.
In particolare il processo si
concentra sul comunicato che il 24 agosto del 2005, in risposta a un
quesito della Consob, affermò che non erano state intraprese nè studiate
iniziative per mantenere il controllo della Fiat. Non ci fu
''mimetizzazione o nascondimento'', dell'operazione al mercato e alla
Consob, che è parte civile nel processo, ha sottolineato la difesa.
L'equity swap, ha sostenuto Michele Briamonte
legale di Grande Stevens era un contratto finanziario standard, che
all'epoca dei fatti non aveva obblighi di comunicazione al mercato.
Anzi, hanno ricordato i legali della difesa, il comunicato fu comunque
chiaro nel sottolineare che Ifil era intenzionata a mantenere la
posizione di azionista di riferimento di Fiat.
Briamonte ha poi
indicato una serie di mail e di fax che avvalorano il ruolo di
consulente giuridico di Grande Stevens nella stesura del comunicato e
non di autore, come invece sostenuto dal pm in udienza Giancarlo Avenati
Bassi. Per Briamonte infatti le mail intercorse quel 24 agosto 2005 tra
l'Ifil e Grande Stevens chiariscono in modo inequivocabile che il
comunicato fu redatto in Ifil. Che ebbe prima una circolazione interna
alla holding finanziaria alle 12.17 e poi arrivò per fax, alle 12.39,
solo venti minuti più tardi quindi, a Grande Stevens che ''per la prima
volta prende atto di questo comunicato stampa''. Dopo aver ricevuto il
documento, ha ricostruito Briamonte, Grande Stevens si consultò in
Consob, e fece le sue osservazioni, così che alle 15,54 il comunicato fu
diffuso. Briamonte è poi tornato sulla questione costituzionale del
''ne bis in idem'', ovvero dell'impossibilità di essere giudicati due
volte per gli stessi fatti in quanto sia Gabetti che Grande Stevens
hanno subito per la stessa vicenda una sanzione amministrativa
'afflittiva' e pecuniaria.
Quanto a Gabetti, allora presidente
Ifil, il suo legale Marco Ferrero ha ricordato che quando venne diffuso
il comunicato ''non era certo che l'operazione con Merrill Lynch'', che
con l'equity swap consentì il recupero delle azioni sufficienti a
mantenere il controllo del Lingotto, sarebbe andata a buon fine: ''si
anticipò uno scenario possibile, dicendo il massimo che si poteva
comunicare a quella data''. Il 24 agosto infatti ''non vi era neanche un
cenno ad obblighi contrattuali'' tra le parti. Di diverso avviso invece
la Consob, il cui legale Manuela Di Lazzaro ha affermato che l'equity
swap ''fu preordinato per evitare l'effetto diluitivo'' di Ifil in Fiat,
e l'avvocato della famiglia Agnelli, Franzo Grande Stevens, ''ebbe un
ruolo opaco'', istituendo ''attività di depistaggio'' nei confronti
dell'attività di vigilanza della Consob. ''Se il mercato avesse saputo
che le azioni Fiat, tramite Merrill Lynch, erano nella disponibilità di
Ifil, il titolo del Lingotto non avrebbe registrato un -4 per cento in
Borsa, ma -8, come poi successe a metà settembre quando fu comunicata
l'operazione. Quindi il comunicato ha prodotto una stabilizzazione
artificiosa del titolo Fiat'' ha concluso Di Lazzaro, chiedendo che i
danni subiti, anche in termini di costi di istruttoria, molto più
complicata di un'inchiesta standard, vengano liquidati direttamente
dalla Corte d'Appello di Torino.
Prossima udienza con la prosecuzione delle arringhe difensive il prossimo 19 febbraio. Il 21 è attesa la sentenza.
FONTE: Asca
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