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domenica 30 giugno 2013

"Noi non siamo come James Bond" - recensione


“Noi non siamo come James Bond” più che un film si potrebbe definire un documentario autobiografico, improntato appunto sulla vita dei due registi, che hanno deciso di descrivere la propria esistenza attraverso l’esperienza dell’amicizia e della malattia che ha segnato entrambi. Mario Balsamo e Guido Gabrielli sono due 50enni che si definiscono in smoking e a piedi scalzi, si presentano come l’antitesi del famoso personaggio di James Bond: vincente, brillante, positivo, insuperabile, donnaiolo, quasi un supereroe, che nonostante tutto continuano incessantemente a cercare. Infatti nel film Mario Balsamo prova a chiamare continuamente l’attore Sean Connery, che aveva impersonato anni addietro proprio James Bond, però  alla fine questi non riesce neanche ad avere un colloquio telefonico con l’attore. Sicuramente un film documentario innovativo per quanto riguarda il soggetto che è costituito dalle vite degli stessi registi, legati da un’amicizia storica quasi fraterna, inseparabili, che hanno raccontato con umanità le proprie esperienze di vita e soprattutto quella dolorosa della malattia, il cancro. Viene descritto il percorso vissuto dai due protagonisti nell’affrontare la malattia, dalla scoperta di essa fino al raggiungimento di una guarigione, anche se i segni della malattia permangono sul corpo e nell’anima di ognuno dei due personaggi. Infatti  Mario Balsamo non ha potuto più correre a causa della perdita dell’uso di una parte muscolare della coscia e anche Guido Gabrielli ha avuto dei danni a livello motorio. Il film viene avvertito come piuttosto lento nel procedere dell’azione, ha i tratti tipici del documentario, nonostante Paolo Sorrentino lo abbia definito un film a tutti gli effetti, inoltre  non ha stimolato particolarmente l’interesse e l’attenzione del pubblico, fino ad apparire quasi noioso. Essendo un documentario ,poi,  esso non muove forti emozioni, non causa commozione negli spettatori quale invece dovrebbe essere il fine e l’intento della tematica che è drammatica. Né tantomeno porta ad una profonda riflessione interna ma mostra la concreta esperienza di uomini nell’affrontare la malattia, il carattere forte dei protagonisti che non si sono scoraggiati e depressi a causa di essa ma che l’hanno vissuta e poi superata con forza e coraggio. Quindi questo film documentario presenta una forte concretezza, filmando quella che è la vita reale dei due protagonisti-registi, potrebbe assumere quasi i connotati di un reality, infatti nel film c’è un forte dibattito tra i due protagonisti in quanto Mario Balsamo dice che il loro più che un film è soprattutto vita mentre Guido Gabrielli afferma che si tratta di finzione, di un film e che la vita è ben altro. Nel documentario, appunto, si vede che una parte delle scene è stata girata senza la consapevolezza di Guido Gabrielli, quasi di nascosto da parte del suo collega, il quale voleva mostrare la reazione drammatica dell’amico relativa ad un incidente automobilistico da esso subito. Quindi il film ha mostrato anche le incomprensioni, le litigate e le diverse prospettive dei due registi che però nel finale si mostrano pacificati e rafforzati da questa loro esperienza artistica, che è in parte improntata sul reale e in parte può definirsi di finzione. Un film che non appassiona, che non prende, che non suscita particolari emozioni ma che descrive due storie e due cammini di vita simili e che si incrociano.  (Angela Striani)

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