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domenica 22 settembre 2013

SalinaDocFest: il festival del documentario premia memoria, intimità e emozione

Salina, 22 settembre - La VII edizione del SalinaDocFest, dedicata al bene comune, si chiude con l'assegnazione del Premio Tasca d'Almerita per il miglior documentario in concorso al film Il Muro e la bambina di Silvia Staderoli.

Menzione speciale a Summer 82 - When Zappa come to Sicily di Salvo Cuccia e a Mirage a l'italienne di Alessandra Celesia.
Così si è espressa, dopo una lunga e articolata discussione, la giuria popolare presieduta da Emma Dante e composta da un gruppo di appassionati selezionati fra i tanti eoliani che in questi sette anni hanno seguito e sostenuto il festival: Emanuele Bottari (autore teatrale e escursionista), Luca Del Molin (designer), Riccardo Fiore (pittore e scultore), Francesco D'Ambra detto "Figliodoro" (pescatore e 'ricercatore di se stesso'), Marco Lodolina (concierge informatico), Susan Lord (biologa foodie).


IL MURO E LA BAMBINA

Italia/Francia 2013, 55'

di Silvia Staderoli

con Riccardo Staderoli, Miriam Costa e Jetti Salvini

fotografia Bruno Fundarò

suono Gianluca Costamagna

montaggio Ilaria Fraioli

montaggio del suono e mix Mikaël Barre

direttori di produzione Marco Serrecchia e Benedetta Marchesi

prodotto da Vivo film (IT) e Picofilms (FR) in coproduzione con ZDF in collaborazione con ARTE con la partecipazione di Centre national du cinéma et de l'image animée - contribution financière con il supporto di Mediateca Regionale Ligure e Genova-Liguria Film Commission con il contributo di Archivio Storico Oto Melara e Archivi Multimediali "Sergio Fregoso" sviluppato con il sostegno di Fondazione Libero BizzarriSilvia Staderoli parte per un viaggio alla (ri)scoperta di quei territori comuni alla sua memoria e a quella della sua città natale, La Spezia. Lei, che ha smarrito la sua identità quando era ancora bambina, durante gli anni del divorzio dei suoi genitori e quando suo padre si ammalò di schizofrenia. Durante quest'infanzia, anche La Spezia ha perso la sua identità, smarrendo la sua chimera, quella di essere la città militare più importante in Italia. Silvia Staderoli racconta queste due storie di perdita identitaria attraverso un film in cui la sfera intima e quella storica interagiscono, si sfiorano, si compenetrano. In cui il suo spazio privato entra in connessione con il territorio della città, alla ricerca d'interferenze, legami e corrispondenze possibili tra La Spezia e la sua infanzia, tra gli spazi privati dei suoi genitori e le zone militari, quegli spazi tabù rimasti per anni inviolabili. Corrispondenze che fanno dell'una la cassa di risonanza dell'altra. "Della mia infanzia a La Spezia mi restano pochi ricordi, qualche foto, un giocattolo e una domanda: la schizofrenia che ha colpito mio padre dopo il divorzio con mia madre è l'effetto di un problema congenito, o di un avvenimento di cui non sono al corrente? Il dubbio che la sua malattia sia legata in qualche modo al divorzio mi ha accompagnato per tutta l'adolescenza, e la paura che si tratti d'un disturbo ereditario mi ha terrorizzata per anni. Ma a questa domanda i miei genitori non hanno mai voluto dare risposta. Oggi ho quindi deciso d'intraprendere un viaggio nel passato, e di condividerlo con la mia città di allora, come fosse una sorella. Perché mentre io vivevo il mio dramma familiare in un appartamento della sua periferia, La Spezia stava perdendo, come me, la sua identità, quella di città militare più importante in Italia. Quando sono nata, la mia città rappresentava l'orgoglio della marina italiana. Concepita come una città-caserma ha dovuto sottomettersi totalmente alla presenza dei militari sul suo territorio : tutti lavoravano nelle fabbriche di carri armati e nei cantieri navali, e i marinai erano parte integrante della sua economia. Ma dopo la caduta del muro di Berlino, La Spezia ha perso la sua importanza strategica nel Mediterraneo e si è trasformata lentamente in una grande caserma vuota. Oggi conserva nella sua geografia le tracce d'una vera e propria ferita: un lungo muraglione, quello dell'Arsenale militare, che impedisce l'accesso al mare, molti territori abbandonati e inutilizzati, l'impossibilità d'affrancarsi dal suo passato militare. Ho deciso quindi di riconquistare queste due memorie lacerate ricongiungendole, come se condividessero lo stesso destino, e di raccontare queste due storie cronologicamente parallele, attraverso un film in cui la sfera intima e quella storica interagiscono, si sfiorano, si compenetrano. In cui il mio spazio privato entra in connessione con il territorio della città, alla ricerca di corrispondenze possibili" (Silvia Staderoli).

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