La Cia commenta i dati Istat: il nostro Paese resta leader indiscusso in Europa per numero di certificazioni, allungando la distanza da Francia (207) e Spagna (162). Ma si può fare molto di più per sviluppare il segmento: bisogna investire a sostegno dei prodotti certificati meno conosciuti e intensificare la lotta alla contraffazione.
L'Italia resta salda al comando della classifica europea delle produzioni certificate, che crescono a un ritmo sostenuto che non ha pari in nessun altro Paese Ue. Con il riconoscimento dell'Igp alla Pescabivona agrigentina pochi giorni fa, i marchi Dop e Igp italiani sono volati a quota 264. Francia e Spagna provano a seguirci, ma a notevole distanza: Parigi si ferma a 207 riconoscimenti e la Spagna a 162. Ancora più dietro la Germania, con solo 99 prodotti a denominazione, e il Regno Unito con 45 tra Dop e Igp. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati Istat diffusi oggi sui prodotti agroalimentari di qualità in Italia.
E' un primato che conferma ancora una volta l'eccellenza dell'agroalimentare "made in Italy" rispetto ai nostri competitor più agguerriti -spiega la Cia- e dimostra quanto sia importante, soprattutto con la crisi economica, investire e sostenere il segmento delle Dop e Igp. Già ora i prodotti italiani certificati hanno un fatturato al consumo che si avvicina ai 13 miliardi di euro l'anno, di cui il 35 per cento legato all'export. Ma questo giro d'affari potrebbe crescere molto di più: basterebbe da una parte potenziare gli strumenti di promozione e marketing a sostegno delle nostre Dop e Igp ancora sconosciute e dall'altra intensificare la lotta alla contraffazione.
Oggi, infatti, il 97 per cento del fatturato complessivo del paniere Dop e Igp italiano è legato esclusivamente a una ventina di prodotti: Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Aceto Balsamico di Modena, Mela Alto Adige, Prosciutto di Parma, Pecorino Romano, Gorgonzola, Mozzarella di Bufala Campana, Speck Alto Adige, Prosciutto San Daniele, Mela Val di Non, Toscano, Mortadella Bologna, Bresaola della Valtellina Igp e Taleggio. Ecco perché -osserva la Cia- adesso occorre sviluppare le tante certificazioni meno conosciute ma suscettibili di forte crescita, non solo aggregando le filiere e incrementando Consorzi partecipati da tutte le componenti produttive, ma soprattutto rafforzando la politica di promozione in primis sulle vetrine internazionali.
Ancora più importante, poi, bisogna proseguire con la "tolleranza zero" verso chi imita i prodotti d'eccellenza "made in Italy", facendo concorrenza sleale alle nostre imprese e compromettendo il prestigio di tutto il sistema agroalimentare dentro e fuori i confini nazionali -sottolinea la Cia-. Solo in Italia la contraffazione alimentare fattura più di un miliardo di euro, senza contare i danni provocati dall'italian sounding nel mondo che "vale" 60 miliardi l'anno.
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