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venerdì 19 settembre 2014

ISTRUZIONE – Anief dice sì all’autovalutazione delle scuole, ma l’esito va slegato dall’assegnazione dei fondi





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Marcello Pacifico: cosa accadrebbe negli istituti collocati in zone con un livello culturale depresso o un tessuto economico limitato, come tante aree del Sud ma anche alle isole o alle zone montane?

 

L'autovalutazione delle scuole, introdotta con la direttiva n. 11 firmata nelle ultime ore dal Ministro dell'Istruzione, può rappresentare una buona opportunità per il miglioramento dei livelli di apprendimento e per rafforzare le competenze degli studenti. Oltre che una chance per stimolare la crescita organizzativa degli istituti scolastici. A patto, però, che l'esito che ne deriverà non vada ad incidere sulla quantità dei fondi da assegnare alle singole scuole.

 

"Siamo d'accordo con il Ministro Giannini quando dice che la valutazione degli istituti servirà, al termine dei tre anni, 'a verificare quali siano i punti di forza e di debolezza' delle strutture scolastiche – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir -, però sia ben chiaro che le scuole non possono essere penalizzate dagli esiti di tali rilevazioni: stiamo parlando di istituti dove un docente 'funzione strumentale', per assolvere impegnativi compiti di durata annuale, percepisce meno di 200 euro netti. È facile prevedere cosa accadrebbe in questi istituti qualora fossero penalizzati da performance non brillanti sul fronte dell'autovalutazione: verrebbero affossati e per molti si andrebbe verso la chiusura".

 

"Legare la valutazione degli istituti ai finanziamenti statali – sottolinea Pacifico - significherebbe condannare tutte le strutture educative che devono convivere con livello culturale depresso o un tessuto economico limitato. Pensiamo a tante aree del Sud, ma anche alle isole o alle zone montane. L'assegnazione dei fondi, oltre che degli organici, dovrebbe invece avvenire, piuttosto, oltre che sulla base degli attuali parametri nazionali, andando ad esaminare le esigenze del territorio. Come i livelli di disoccupazione, di dispersione scolastica, la presenza di alloglotti e di flussi migratori".

 

Anief approva, quindi, l'introduzione di criteri nazionale, nei cui confronti tutti gli istituti scolastici debbono confrontarsi e rapportarsi. Si tratta di un'opportunità che va colta come un cambio di passo sicuramente importante. "Detto questo – conclude il sindacalista Anief-Confedir -  non dobbiamo dimenticare che la scuola italiana nell'ultimo ventennio è stata tutta impostata sul curricolo dello studente. È a quello che deve continuare a tenere fede. Rinnovandosi, di certo. Ma senza rinnegarlo, per far valere la logica della competitività. In tal caso si toglierebbero risorse alle scuole più svantaggiate, quindi agli alunni meno fortunati. E non può essere questa – conclude Pacifico - la strada da seguire per chi sostiene di voler realizzare la 'Buona Scuola'".

 

19 settembre 2014                   

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