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giovedì 23 luglio 2015

La donna africana e il colonialismo italiano. Il saggio di Boddi indaga il mito della "Venere nera" nei romanzi coloniali pubblicati in epoca fascista.

Rileggere il colonialismo italiano immergendoci nell'atmosfera di una dozzina di romanzi coloniali pubblicati tra il 1922 e il 1935, scelti con cura e di cui si propone ampi stralci alla riflessione. È "Letteratura dell'impero e romanzi coloniali" di Massimo Boddi, edito da Caramanica editore, ora distribuito anche in versione digitale da Aracne editrice.

Da Cipolla a Zammarano a Mitrani Sani e altri. Il volume analizza, nella rilettura degli scrittori coloniali del periodo, la condizione delle donne africane in Libia, Somalia, Eritrea, Etiopia e il loro rapporto di sudditanza con i militari e i coloni italiani di stanza nella regione. L'indagine, al di là degli aspetti storici, giuridici e antropologici, è centrata sulla rappresentazione letteraria della donna africana da parte del maschio italiano (per lo più militare-scrittore) aprendo nuove e interessanti prospettive nello straordinario sviluppo degli studi di genere nostrani.

I romanzi coloniali, dove abbondano le metafore sessuali dell'Africa-icona, offrono infatti una ricca casistica di rappresentazioni e comportamenti ripetitivi secondo il repertorio abituale dello stereotipato esotismo vecchia maniera: conquista-penetrazione, dominio culturale-possesso fisico. Con punte di grottesco nelle simulazioni ventriloque che rimarcano gesti, pensieri, desideri: "Io non voglio che nel tuo cuore ci sia posto anche per me, io non voglio nulla da te, tu considerami pure come una gàhaba (prostituta, ndr) - fa dire Guido Milanesi a Neschma, "La sperduta di Allah" - non calcolare il mio cuore e il mio pensiero, pensa solo al mio corpo e se ti piace fanne quel che vuoi". Insomma, si schematizza nella simulazione letteraria il leitmotiv della Venere nera "calda e appassionata, amante tutta istinto e devozione animalesca".

Si delinea così una tipologia di figure femminili indigene (vergine, prostituta, danzatrice) marchiate dall'elemento comune della disponibilità sessuale. "Queste donne che scorrono sotto gli occhi come una galleria di immagini - si legge nel saggio di Boddi - sono modelli imposti dall'imperialismo accademico. Rappresentazioni mirate a creare il desiderio sessuale in un universo misterioso, fantasticamente lievitato dalla volontà di rompere con i tabù sociali. Lo stesso desiderio di liberazione che, attraverso la letteratura, adotta l'eros e si sublima nel sadismo etnosessuale giocando un ruolo decisivo: la sessualità, nell'immaginario letterario, fornisce infatti l'allettamento aggiuntivo all'esperienza coloniale. Ha cioè la funzione di forza motivante, prepara o anticipa, per così dire, la vera e propria attività sessuale sul campo, secondo i codici del machismo e del razzismo".

Così fu, almeno, sino alla razzializzazione fascista nell'Impero dell'Africa Orientale, con la nuova legislazione sul meticciato e la conseguente severa regolamentazione dei rapporti italiani/africane. Quando, inaugurando la politica di apharteid, si dirà che "la colonia è per gli ammogliati", pena il rimpatrio.

L'autore. Massimo Boddi lavora nel campo della comunicazione. Ha collaborato con riviste e tv in qualità di redattore e telereporter. Ultimamente, ha prodotto e realizzato, in collaborazione con la Fondazione UniVerde, la trasmissione "Madre Terra" per la prima parte della stagione 2015. Condotta da Alfonso Pecoraro Scanio, già Ministro dell'Agricoltura e dell'Ambiente, "Madre Terra" è andata in onda su Teleambiente, Europa7 e Teleregione Toscana.


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