Solo il 3% degli italiani è d'accordo che anche in Italia si possa consumare carne e latte proveniente da animali clonati.
E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti/Ipr marketing divulgata nell'anniversario dei 20 anni dalla nascita della pecora Dolly. La commercializzazione di carne, latte e formaggi proveniente da animali clonati – sottolinea la Coldiretti - è un rischio che gli italiani non vogliono correre, non accettabile dai consumatori, che pone insormontabili problemi anche di natura etica.
La prima clonazione animale annunciata risale alla pecora Dolly nata il 5 luglio 1996 ma da allora si è intensificato lo sfruttamento commerciale di tale tecnica in molti Paesi ed oggi - rileva la Coldiretti - è possibile clonare un animale con una spesa attorno i diecimila euro e la tecnica riguarda già molti animali da allevamento dalle pecore ai maiali, dai tori ai cavalli.
L'atteggiamento degli italiani è anche - secondo la Coldiretti - un segnale chiaro nei confronti delle trattative sugli accordi di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti dove la pratica della clonazione animale si è rapidamente diffusa, al pari di Brasile e Argentina.
"L'Unione Europea non può rinunciare agli elevati standard di qualità raggiunti nell'agroalimentare ma, al contrario, bisogna guardare alle domande che vengono dal mercato, sia in Europa che in Usa, ed innalzare il livello di sicurezza dei prodotti perché se è vero che per i nostri consumatori sono inaccettabili la carne trattata agli ormoni, il pollo varecchinato, piuttosto che la carne clonata, è altrettanto vero che anche negli Usa cresce solo la domanda di prodotti italiani legati al territorio con forte natura identitaria. Prodotti che vanno dunque tutelati rispetto al fenomeno dell'agropirateria che sul falso Made in Italy fattura 20 miliardi di euro negli Stati Uniti", ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
--
www.CorrieredelWeb.it
Nessun commento:
Posta un commento