Questa mattina alle ore 11.00 probabilmente in Campidoglio
si porrà fine alla telenovela, sempre più ricca di colpi di scena, del
fantomatico stadio della Roma.
I tifosi romanisti stanno lanciando la mobilitazione
generale del popolo giallorosso, ma qui non si tratta di ammazzare il sogno di
migliaia di tifosi di una squadra di calcio piuttosto che un'altra.
Significa dire no a investimenti per centinaia di milioni di
euro in un progetto di pubblica utilità finanziato da privati e volto alla
riqualificazione urbana e naturalistica di un'area inutile e abbandonata.
Un progetto che vedrebbe la realizzazione del secondo
"polmone verde" più grande di Roma dopo Villa Borghese.
Un progetto che darebbe lavoro a migliaia e migliaia di
persone, per la costruzione dell’intera opera e poi per la successiva gestione
delle strutture realizzate.
Un progetto che è stato da tempo pubblicato ed è
consultabile da tutti, ma di cui tutti ne parlano senza cognizione.
La famosa speculazione edilizia coinvolge meno del 15% di
tutta l'area interessata.
Il che non significa che le cubature di cemento proposte non
possano essere comunque eccessive, poiché sono sviluppate in verticale.
Non sono un urbanista, non lo so. Ma il buonsenso mi dice
che si possano mettere paletti, regole e limiti.
Tutto il resto sarebbe costituito da opere d’interesse
pubblico, lo stadio, il parco naturale immenso, le infrastrutture, la
viabilità.
Con buona pace delle obiezioni di vasta parte del movimento
ambientalista, da cui io stesso provengo, che a mia opinione in questo caso si
stanno rivelando intrise di ottusità tipica dei pensieri integralisti.
Quando non di palese malafede, come per la trovata di mettere
sotto vincolo paesaggistico il fatiscente ippodromo, un ecomostro di cemento
costruito negli anni Sessanta quando non esisteva ancora la cultura ecologista
dei nostri tempi e che oggi mai ne avrebbe applaudito la costruzione.
Ma ora sembra che sia diventato un patrimonio monumentale di
Roma.
Del resto è noto quanto la Città Eterna di monumenti da valorizzare ne abbia
pochini!
Infatti, se non era per i Della Valle, gli imprenditori fiorentini,
oggi non avremmo il Colosseo restaurato.
Un esempio di come le risorse private possano essere
utilizzate con beneficio sia pubblico che privato.
Ma proseguiamo. Ora si parla di rischio idrogeologico. Anche
se dai tempi di Romolo e Remo lì non c'è mai stata un'esondazione.
Bene, se è così (io non sono un geologo), se c'è un
potenziale rischio, non vuol dire che quella sia una zona in cui non si può
fare nulla.
Solo che bisogna fare le cose con specifica attenzione e
responsabilità.
Come dite?
Impossibile perché in
Italia non riusciamo neanche a fare ricostruzioni post terremoto che reggano a
scosse di terremoto del 5° grado della Scala Ritcher?
Allora non facciamo nulla.
Visto che in Italia qualsiasi
cosa si fa, poi viene fatta male...
Conclusioni qualunquiste e disfattiste che non fanno che
alimentare l’italica cultura che finisce col premiare sempre proprio i furbi e
i ladri che si vorrebbero combattere.
Cercare di far fare le cose per bene è di sicuro molto
difficile, ma rinunciarci a prescindere - come nel caso della candidatura alle
Olimpiadi - è una dimostrazione d’incapacità politica e amministrativa.
Oggi, salvo nuovi colpi di scena, tutto sarà mandato in
malora.
Cinque anni di lavoro, studi, carotaggi, progetti e decine di
milioni già spesi per l'area di Tor di Valle che – ricordiamolo - non è stata
scelta dagli "americani" ma dal Campidoglio che proprio in quell’area
aveva individuato il luogo ideale da risanare e valorizzare.
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