Da oltre trenta anni mi occupo
con orgoglio di comunicare una cultura sostenibile.
Oggi però, intorno al caso della costruzione dello stadio della Roma e relativo quartiere connesso (più o meno spropositato), una questione che va avanti da ormai cinque anni, io vengo sopraffatto da un totale disgusto verso tutta una certa e imperante retorica degna del peggior integralismo ambientalista, che a mio parere, è solo la parvenza dietro cui si nascondono ben altri interessi molto meno idealistici.
La Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma pone il vincolo sulla tettoia dell'ippodromo di Tor di Valle.
Qui è possibile leggere la lettera in questione.
Oggi però, intorno al caso della costruzione dello stadio della Roma e relativo quartiere connesso (più o meno spropositato), una questione che va avanti da ormai cinque anni, io vengo sopraffatto da un totale disgusto verso tutta una certa e imperante retorica degna del peggior integralismo ambientalista, che a mio parere, è solo la parvenza dietro cui si nascondono ben altri interessi molto meno idealistici.
La Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma pone il vincolo sulla tettoia dell'ippodromo di Tor di Valle.
Per onestà, premetto che sono un tifoso appassionato della AS Roma
ma non è questa la ragione per cui me la prendo: personalmente lo
stadio è un luogo che frequento per altri sport, non per il calcio,
visto di cosa sono capaci i tifosi di calcio (ma questo è un altro
argomento).
Quanto riporto di seguito, quindi, non vuole essere una critica alle posizioni di chi, come per esempio Legambiente, si è distinta da subito nella chiarezza delle proprie posizioni avverse alla portata dell'intero progetto costruttivo.
Io
sono arrabbiato per come si evolve tutta questa storia in modo
vergognoso da troppi anni, in cui spesso ci si maschera dietro posizioni
improntate da falso ecologismo ideologico, oltretutto cavalcati da
molti cui dello sviluppo sostenibile non importa un fico secco.
La vicenda riguardante Tor di Valle sta poi diventando aberrante e paradossale.
L'assurdo pronunciamento della Soprintendenza sulla
tettoia dell'ippodromo, che improvvisamente diventa un bene culturale
così prezioso da dover essere non solo tutelato dalla demolizione ma
anche preservato in tutta la sua area circostante dove sarà impossibile
costruire nulla, non è partito d'ufficio dal Ministero, ma è stato
specificatamente richiesto, a fine gennaio 2017, dall'associazione
Italia Nostra.
Qui è possibile leggere la lettera in questione.
Forse
Italia Nostra desidera onorare la ricorrenza che cade nel 2018 dei
dieci anni del conferimento del ruolo di socio onorario a Francesco Gaetano Caltagirone
(il noto costruttore edile romano), ha cercato in tutte le maniere di
ostacolare il progetto di trasformazione urbana di Tor di Valle.
Mi
sorprende, e molto, che il Ministero abbia dato seguito a questa
lettera (sarebbero bastati gli errori e i refusi per rimandarla al
mittente...), che l'abbia presa in considerazione, che abbia accettato
di muoversi d'urgenza, esattamente come richiesto da quest’associazione
(si sono mossi in dieci giorni, quando in Italia per dare un via libera
riguardante cose serie e vitali ci si mettono anni...) e che abbia
inviato una lettera contenenti conclusioni surreali sotto ogni punto di
vista.
Il livello di strumentalizzazione è fuori di misura.
Italia
Nostra ha chiesto con somma urgenza la tutela di un edificio di cui
avrebbe strenuamente combattuto la sia stessa realizzazione.
Italia Nostra nasce contro l'architettura contemporanea, negli anni Cinquanta.
Architetti
come Julio Lafuente sono stati combattuti da questi signori per
decenni, umiliati, vilipesi, considerati rozzi cementificatori.
Oggi
Julio Lafuente si trasforma in un genio, in una specie di Francesco
Borromini da tutelare in maniera urgente anche per quanto riguarda una
sua realizzazione diroccata, che sta crollando su se stessa e che
nessuno mai per nessun motivo al mondo manco andrà mai a visitare in un
tour storico culturale.
Tutto questo quando, tanto per restare all'architettura contemporanea, lo Stadio Flaminio, per e.s., non ha alcun vincolo.
Oppure mentre nessun abbia mai sollevato alcun dubbio sullo sbudellamento attuato alla Stazione Termini
(quella, sì, un capolavoro assoluto della storia mondiale
dell'architettura) per la realizzazione della Terrazza Termini e così
come per l'edificio della Esso alla Magliana: i tre ventagli sono, quella sì!, l'opera-capolavoro di Julio Lafuente a Roma.
Grazie
a restauri e piano casa negli ultimi anni si sono, invece, cambiati
connotati e volumetrie al palazzo, ma qui nessuna lettera d'urgenza è
stata inviata in Soprintendenza.
Ieri, dopo tre anni di misterioso silenzio e fuori tempo massimo rispetto a una Conferenza dei Servizi
che solo per le paturnie del fu Berdini è stata prorogata, la
Soprintendenza ha fatto sapere di aver intenzione di porre un vincolo
sulla tribuna dell'Ippodromo di Tor di Valle e anche su tutta la pista.
I
contrari allo stadio (e tutto il resto intorno) oggi se la ridono alla
grande benché loro per primi avrebbero fatto carte false per bloccare la
costruzione di un ippodromo ("di cementoohh") in un'area golenale del Tevere.
Purtroppo
o per fortuna nel 1959, quando venne inaugurato Tor di Valle, i finti
ambientalisti prezzolati che oggi affondano il coltello nel burro
dell'ignoranza e dell'analfabetismo funzionale diffuso, allora non
c'erano e la città si sviluppava senza paure, anche con progetti arditi
come la tribuna sospesa di Julio Lafuente per le corse di cavalli
previste durante la Grande Olimpiade di Roma 1960.
Già, proprio le Olimpiadi tanto avversate per il 2024 perché causa di incontrollabili e no regolamentabili "colate di cemento", oggi si scoprono meritevoli della tutela artistica dei loro manufatti.
Delle due l'una: le Olimpiadi possono essere utili a costruire capolavori o sono disastri urbanistici?
E se servono a realizzare capolavori - giacché grazie a un "capolavoro" si potrà dire addio al progetto dello Stadio - allora perché demonizzarle?
Oggi
quel manufatto, diroccato, pericolante e abbandonato, nell'ambito di
una folle esaltazione e tutela malata del rudere, viene considerato
intoccabile.
Benché la Soprintendenza sapesse
del progetto da tre anni e mai avesse ipotizzato alcun vincolo
(precisamente la Soprintendenza sa della demolizione dal mese di maggio
2014, poi in Conferenza dei Servizi Preliminare - ovvero luglio 2014 -
non diede alcuna prescrizione, il che ci lascia alquanto perplessi).
Oggi il Ministero guidato da Dario Franceschini (marito
di una consigliera comunale del Pd a Roma) decide che quell'area non
può essere trasformata, che deve essere congelata sotto un vincolo, che
tra l'altro è anche un vincolo indiretto dunque la pista dell'ippodromo è
talmente rilevante a livello artistico che non solo non può essere
toccata, ma non può avere nel suo intorno nessuna edificazione, bisogna
preservarne la visibilità. Di una misera pista per cavalli e della sua
tettoia...
Sostanzialmente la Soprintendenza
di Stato certifica che l'area di Tor di Valle non potrà avere nessuno
sviluppo e nessuna trasformazione né oggi né mai.
La
stazione rimarrà diroccata, il fosso di Vallerano continuerà a mettere a
rischio la vita di decine di migliaia di cittadini a ogni pioggia, la
ferrovia Roma Lido resterà ancora la peggiore d'Italia e i micidiali
sottovia della Magliana non potranno essere stappati.
A questo punto dovremmo anche rinunciare al progetto di Campidoglio 2
(comunque dimenticato dall'amministrazione capitolina, che
evidentemente preferisce pagare decine di milioni di fitti passivi)
poiché tutta l'area sta intorno ad un progetto altrettanto importante di
Julio Lafuente: l'ex Air Terminal, da alcuni anni trasformato in supermercato senza che la Soprintendenza abbia avuto nulla da dire.
Ma
ora siamo arrivando a mettere un vincolo indiretto su un rudere e su un
campo abbandonato pieno di mignotte (con tutto rispetto per il mestiere
più antico del mondo, che in Paesi più civili è regolamentato a miglior
tutela delle professioniste e dell'igiene e salute pubblica, mentre qui
tutto è abbandonato alla malavita e allo sfruttamento).
Tor di Valle è una sorta di "Far West malagrottiano" pieno di discariche abusive di amianto e sversamenti abusivi che affiorano ovunque.
Dopo
aver taciuto che da tre anni si parla di una necessaria bonifica,
qualunque essa sia, ma solo ora tutto è bloccato e vincolato (a cosa, io
mi domando, a cosa?!).
Regolamentare in modo
chiaro e univoco i modi (le famose cubature ecc) con cui considerare
accettabile il progetto degli investitori esteri sarebbe l'unico
atteggiamento responsabile e improntato verso un vero sviluppo
sostenibile.
Pensate agli investitori internazionali.
Che già l’Italia fatica ad attirare.
A
chi rischia in proprio, a chi investe, a chi porta i denaro che poi
permettono un indotto di cui beneficiano, non solo gli speculatori, i
palazzinari, ma anche tutti i lavoratori, dalla costruzione al
mantenimento delle strutture realizzate.
O pensate
che un investitore privato è semplicemente interessato al business
della costruzione di palazzi e quartieri inutili, indipendentemente se
poi le “Torri” o quanto per loro, troveranno un remunerativo impiego?
Il business sarebbe solo nella costruzione di ecomostri che resterebbero inutili cattedrali nel deserto?
Non sono un costruttore può darsi ma mi resta difficile crederlo.
Ma allora cosa pensano queste persone che stanno bloccando tutto?
Cosa vedono?
Vedono un grande progetto di sviluppo urbanistico, finalmente come se ne fanno in tutta Europa.
Un developer
che fa nel 2014 una Conferenza dei Servizi Preliminare, con tutti gli
attori, e tutti i protagonisti dànno sostanziali via libera o silenzi
assensi.
Dopo tre anni di progettazione
(pagata decine di milioni) uno di questi attori si alza e si accorge che
vuole mettere un vincolo totale sull'area: non si può toccare neppure
un filo d'erba.
Ma, quando aveva saputo, tre anni prima, che tutto sarebbe stato demolito e trasformato non aveva fatto una piega.
Ora chi altro verrà ad investire in nella Città Eterna?
Dovendo
anche masochisticamente scegliere di portare risorse private in Italia,
i grandi investitori sceglieranno Roma o Milano?
A
Roma sembra che i grandi investimenti non debbano arrivare, non debbano
affluire, non debbano neppure avvicinarsi: perché altrimenti
rischierebbero di oscurare il florido capitalismo locale.
Intanto la
situazione è diventata così invischiata in nauseanti interessi di
parti, che accostare la bocciatura del progetto stadio come se fosse un
motivo di soddisfazione per la tutela dell'ambiente e dell'urbanistica
della Città Eterna per me è una vittoria di Pirro, se non una totale
presa in giro.
Andrea Pietrarota
Direttore Responsabile
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