"Umberto Mariani et le Monocrome Italien" è la mostra che Opera Gallery di Parigi propone all'attenzione del mondo dal 17 marzo al 6 aprile 2017 per sottolineare come il lavoro di Mariani di questi ultimi 25 anni si inserisce perfettamente e con tutta la propria autorità nel panorama artistico italiano più qualificato.
La mostra, oltre alle quaranta opere di Mariani, tutte rigorosamente monocromatiche, presenta anche una piccola serie di lavori di Fontana, Bonalumi, Castellani, Simeti, Algardi etc, autori questi che hanno fatto, da sempre, del monocromo una specifica caratteristica del loro operare.
Questa mostra viene dopo la recente Antologica tenuta da Mariani (novembre 2016) alla Fondazione Mudima di Milano e che, anche, ha festeggiato l'ottantesimo genetliaco del maestro.
Tra le 40 opere esposte a Parigi vanno sottolineate le tre di grandi dimensioni provenienti dalla precedente mostra curata da Giuliano Serafini (febbraio -marzo 2016) ospitata a Firenze a Villa Bardini- Fondazione Roberto Capucci.
In questa mostra era stato sottolineato in maniera esemplare la vicinanza, se non addirittura la coincidenza, tra i clamorosi risultati proposti dal maestro dell'alta moda italiana e le altrettante ottime soluzioni formali di Mariani. Un incontro straordinario tra due eccellenze italiane.
Umberto Mariani
La formazione di Mariani nei lontani anni ’50 all’Accademia di Brera a Milano è avvenuta all’interno del clima neoclassico e di forte valenza tradizionale proprio della scuola di Achille Funi, fondatore e protagonista insieme a Sironi e Carrà del gruppo artistico del Novecento.
Alla metà degli anni ’60 Mariani trova la propria autonomia di linguaggio realizzando una serie di opere che lui chiama “oggetti allarmanti”, quadri che rappresentano strani umanoidi formati dall’assemblaggio di poltrone, cuscini, stivali, guanti, dipinti con la “sapienza del mestiere” assimilata in quella “bottega del Quattrocento” concepita e organizzata come una fucina classicheggiante dal suo maestro Funi.
Già in queste prime prove compaiono con insistenza particolari di quelle pieghe che in seguito diventeranno protagoniste assolute del suo lavoro, dal giorno in cui Mariani deciderà di indirizzare la sua attenzione in modo esclusivo verso il “panneggio”, ovvero il drappo, il tessuto, l’addobbo.
La piega, da dettaglio circoscritto, viene dall’artista ripetuta all’infinito acquisendo ben altro significato: diviene sudario, sipario, drappeggio, cioè un tema che è stato centrale nell’arte occidentale dagli antichi greci fino a tutto il XVIII secolo.
All’inizio e fino agli anni ’80 Mariani è pittore, e nelle sue opere la piega è dipinta. E’ però con i primi anni ’90 che l’artista scopre un materiale nuovo, il piombo, e con questo si affaccia al mondo della scultura. Con il piombo, che considera “un tessuto muto e pesante”, l’artista crea misteriose “sinfonie plissettate”. Si tratta di una lamina molto sottile e malleabile che consente all’artista di plasmare e modellare le forme più varie, spesso colorate con tinte monocrome. Nascono così opere sia in bassorilievo sia in altorilievo.
Invece delle “superfici estroflesse” di artisti quali Castellani e Bonalumi, Umberto Mariani crea piuttosto delle “superfici introflesse”, poiché la piega, per sua costituzione, è sì un elemento che invade lo spazio, ma in profondità. Per questa ragione per Mariani il riferimento costitutivo non va allo Spazialismo e a Lucio Fontana, ma a una ricerca che affonda le sue radici in forme archetipe e in modo particolare nelle pieghe geometrizzate e stilizzate desunte dalle icone e dai mosaici bizantini.
17 marzo – 6 aprile 2017
Opera Gallery
62 rue du faubourg Saint-Honoré
75008 Paris
T +33 (0)1 42 96 39 00
paris@operagallery.com
La pagina facebook di Umberto Mariani (@marianiartista)
Media Relations:
Fabrizio Pivari
fabrizio @ pivari.com
La mostra, oltre alle quaranta opere di Mariani, tutte rigorosamente monocromatiche, presenta anche una piccola serie di lavori di Fontana, Bonalumi, Castellani, Simeti, Algardi etc, autori questi che hanno fatto, da sempre, del monocromo una specifica caratteristica del loro operare.
Questa mostra viene dopo la recente Antologica tenuta da Mariani (novembre 2016) alla Fondazione Mudima di Milano e che, anche, ha festeggiato l'ottantesimo genetliaco del maestro.
Tra le 40 opere esposte a Parigi vanno sottolineate le tre di grandi dimensioni provenienti dalla precedente mostra curata da Giuliano Serafini (febbraio -marzo 2016) ospitata a Firenze a Villa Bardini- Fondazione Roberto Capucci.
In questa mostra era stato sottolineato in maniera esemplare la vicinanza, se non addirittura la coincidenza, tra i clamorosi risultati proposti dal maestro dell'alta moda italiana e le altrettante ottime soluzioni formali di Mariani. Un incontro straordinario tra due eccellenze italiane.
Umberto Mariani
La formazione di Mariani nei lontani anni ’50 all’Accademia di Brera a Milano è avvenuta all’interno del clima neoclassico e di forte valenza tradizionale proprio della scuola di Achille Funi, fondatore e protagonista insieme a Sironi e Carrà del gruppo artistico del Novecento.
Alla metà degli anni ’60 Mariani trova la propria autonomia di linguaggio realizzando una serie di opere che lui chiama “oggetti allarmanti”, quadri che rappresentano strani umanoidi formati dall’assemblaggio di poltrone, cuscini, stivali, guanti, dipinti con la “sapienza del mestiere” assimilata in quella “bottega del Quattrocento” concepita e organizzata come una fucina classicheggiante dal suo maestro Funi.
Già in queste prime prove compaiono con insistenza particolari di quelle pieghe che in seguito diventeranno protagoniste assolute del suo lavoro, dal giorno in cui Mariani deciderà di indirizzare la sua attenzione in modo esclusivo verso il “panneggio”, ovvero il drappo, il tessuto, l’addobbo.
La piega, da dettaglio circoscritto, viene dall’artista ripetuta all’infinito acquisendo ben altro significato: diviene sudario, sipario, drappeggio, cioè un tema che è stato centrale nell’arte occidentale dagli antichi greci fino a tutto il XVIII secolo.
All’inizio e fino agli anni ’80 Mariani è pittore, e nelle sue opere la piega è dipinta. E’ però con i primi anni ’90 che l’artista scopre un materiale nuovo, il piombo, e con questo si affaccia al mondo della scultura. Con il piombo, che considera “un tessuto muto e pesante”, l’artista crea misteriose “sinfonie plissettate”. Si tratta di una lamina molto sottile e malleabile che consente all’artista di plasmare e modellare le forme più varie, spesso colorate con tinte monocrome. Nascono così opere sia in bassorilievo sia in altorilievo.
Invece delle “superfici estroflesse” di artisti quali Castellani e Bonalumi, Umberto Mariani crea piuttosto delle “superfici introflesse”, poiché la piega, per sua costituzione, è sì un elemento che invade lo spazio, ma in profondità. Per questa ragione per Mariani il riferimento costitutivo non va allo Spazialismo e a Lucio Fontana, ma a una ricerca che affonda le sue radici in forme archetipe e in modo particolare nelle pieghe geometrizzate e stilizzate desunte dalle icone e dai mosaici bizantini.
17 marzo – 6 aprile 2017
Opera Gallery
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